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— No, dopo aver riflettuto, mi sono accontentato di scrivergli poche parole che non lo inquietassero troppo. Ho preferito aspettarvi per diagnosticare.

— Avete ragione, mio giovine amico. Inutile inquietarlo, è meglio che sappia il più tardi possibile.

Gli ho descritto i sintomi e si è oscurato.

La signora Westenra ci ha ricevuti: pareva meno inquieta di quel che credevo. La povera donna è ella stessa tanto malata da non rendersi conto dello stato di sua figlia. Ci hanno fatto entrare nella stanza di Lucy. La sua vista stavolta mi ha colmato di terrore. Era d’un pallore terreo; aveva labbra e gengive scolorate e respirava a fatica. Van Helsing aggrottò le ciglia, la contemplò per qualche momento, le tastò il polso e mi fece segno di seguirlo fuor della stanza.

— Non c’è un secondo da perdere — disse; — il cuore funziona a malapena, non ha più sangue nelle vene. Bisogna trasfondergliene immediatamente. Chi sarà di noi due?

— Sono più giovane e più forte, Maestro, sarò io.

— Preparatevi, allora, vado a cercare il mio astuccio.

Lo seguii nel corridoio; un colpo di martello scuoteva la porta; la cameriera introdusse Arturo.

— John, muoio d’inquietudine; la vostra lettera mi ha fatto perdere la testa. Babbo stava un po’ meglio e ho preso il primo treno. Non è il dottor Helsing al quale già devo tanta riconoscenza?