Capitolo XI

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Bram Stoker - Dracula (1897)
Traduzione dall'inglese di Angelo Nessi (1922)
Capitolo XI
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CAPITOLO XI.


Giornale del dottor Seward.


13 settembre.

Stamattina, verso le otto, visita a miss Lucy. Tempo radioso; l’autunno è splendido davvero quest’anno.

Ci accolse la signora Westenra:

— Lucy dorme ancora — disse — non ho voluto svegliarla.

— Ah! ah! — fece il maestro soddisfatto — la mia diagnosi era giusta poichè la cura comincia già ad operare.

— Credo che vi vantiate, dottore, e che mia figlia dovrà a me la sua guarigione.

— In qual modo, signora?

— Stanotte ero un po’ inquieta; mi alzai per andare a vedere la mia bambina. Dormiva sodo, ma nella stanza c’era un’atmosfera soffocante; non c’è da stupirsene con tutti quei fiori! Ho [p. 91 modifica]pensato che il loro odore avrebbe dato noia alla bimba; allora li portai via e socchiusi la finestra. Spero troverete che sta bene.

Osservai il viso del mio amico, aveva orribilmente impallidito. Si contenne, però.

— Sta bene, signora, andiamo a vedere.

E afferrandomi il braccio mi trascinò nella stanza di Lucy.

Sollevai la tenda mentr’egli si accostava al letto.

— Me l’aspettavo — mormorò.

Stavolta la povera piccina mi parve in condizioni disperate.

Egli chiuse a chiave la porta e preparò gli strumenti per l’operazione. Tesi il mio braccio.

Un’ora dopo, egli supplicava la signora Westenra di non togliere i fiori dalla stanza di sua figlia. — Fanno parte — disse — della cura e sono necessari alla guarigione.

Che cosa significa? Comincio a chiedermi se, vivendo tutto il giorno con i pazzi, non divento anch’io per caso un po’ tocco.


Giornale di Lucy.


17 settembre, notte.

Muoio di debolezza ma faccio uno sforzo per scrivere queste ultime righe. Mi sono coricata come al solito, dopo essermi accertata che i fiori fossero al posto come il dottore desidera. Mi sono addormentata subito.

Fui svegliata nel mezzo della notte da un bussare ai vetri; questo bussare s’è ripetuto ogni notte dopo quella in cui Mina mi trovò nel [p. 92 modifica]cimitero. Non ebbi paura ma avrei preferito sapere il dottor Seward nella stanza vicina. Feci uno sforzo per riaddormentarmi. Poi la paura a poco a poco s’impadronì di me. Apersi la porta e chiamai una delle domestiche. Nessuno rispose. Allora rinchiusi la porta per non svegliare la mamma. Udii un abbaiar di cane acuto e prolungato; mi accostai alla finestra e vidi attraverso i vetri un grosso pipistrello; senza dubbio era esso che batteva all’imposta. Mi ricoricai, decisa a non dormire. La porta si aprì a un tratto e mia madre entrò.

— Come stai, mia cara? — mi disse.

— Un po’ d’insonnia; ma prenderai freddo, vieni nel mio letto.

Si stese accanto a me e quasi subito i colpi alla finestra ricominciarono. Ella sussultò:

— Che cos’è?

La rassicurai e in breve s’assopì ma il suo povero cuore batteva con violenza. L’abbaiare ricominciò e in pari tempo un rumore di vetri spezzati: la lastra volò in pezzi e scorgemmo dall’apertura la testa d’un gran lupo giallo. Mia madre si rizzò con un grido di terrore e s’aggrappò a me con tanta violenza da strapparmi la ghirlanda di fiori. I suoi occhi si dilatarono con orrore inesprimibile e con un gemito ricadde all’indietro. Il lupo era scomparso. Impossibile muovere nè braccia nè gambe: ero come paralizzata: accanto a me la mia povera mamma si raffreddava: il suo cuore aveva cessato di battere. Io caddi in deliquio.

Quando rinvenni, una campana suonava, dei cani abbaiavano e un usignuolo cantava. Ero annientata dal dolore e dalla debolezza. Le [p. 93 modifica]donne erano accorse alla mia chiamata. Emisero dei gemiti vedendo mia madre inanimata.

Mi sono alzata e le ho aiutate a stendere il corpo sul letto; l’abbiamo ricoperto d’un lenzuolo. Ho sparso i fiori su di lei.

E adesso sono sola e piango. Spero di non sopravvivere a questa notte atroce.


Lettera di Mina Harker a Lucy Westenra.

17 settembre.

Mia cara Lucy, è molto tempo che non mi scrivi ma ti perdono. Scuserai anche il mio silenzio quando saprai quel che m’avvenne.

Abbiamo fatto buon viaggio. A Exeter, il buon mister Hawkins ci aspettava alla stazione malgrado un attacco di gotta. Ci aveva preparato nella sua stessa casa due stanze comode. Un eccellente pranzo ci aspettava. Alle frutta, disse:

— Miei cari ragazzi, bevo alla vostra salute. Vi ho visti crescere e vi amo come figli miei. Poichè il cielo non mi ha accordato eredi, la mia sostanza sarà vostra, se vorrete con la vostra cara presenza raddolcire gli ultimi giorni del vostro vecchio amico.

Ho pianto d’emozione. Mio marito non potè che stringere silenziosamente la mano del nostro benefattore.

Eccoci dunque insediati in questa bella vecchia casa. Dalla mia stanza, scorgo le torri della cattedrale: la vista è magnifica. Il mio compito di padrona di casa mi assorbe molto. Mister Hawkins ha associato mio marito a’ suoi lavori e si scarica su di lui della maggior parte de’ suoi affari. [p. 94 modifica]

Come sta la tua cara mamma? Vorrei venire da te per un paio di giorni, ma non oso in questi momenti tanto più che Jonathan abbisogna ancora delle mie cure. Comincia a riprendere le forze ma è ancora molto nervoso.

Ho parlato abbastanza di noi. Quando ti sposi, mia cara, e dove?

Jonathan t’invia il suo migliore ricordo ed io t’abbraccio di tutto cuore.


Mister Patrick Hennesey, medico,
a Mister John Seward.

20 settembre.

Signore, secondo l’accordo preso, vi invio le osservazioni concernenti i malati dei quali m’avete affidato il compito.

Il nominato Renfield ebbe una nuova crisi che avrebbe potuto avere spiacevoli risultati.

Nel pomeriggio d’oggi, una carretta guidata da due uomini, passò davanti la casa, diretta al maniero vicino. Gli uomini si fermarono davanti alla nostra porta per informarsi sulla strada che dovevano fare, poichè non conoscevano il paese. Stavo appunto con i gomiti appoggiati al davanzale fumando una sigaretta; Renfield anche lui li vide dalla sua cella poichè li caricò d’ingiurie grossolane. Feci segno agli uomini di non tenerne conto.

— Ah! bene bene — esclamò uno di essi; — non mi piacerebbe proprio vivere in una casa di pazzi!

L’altro mi chiese cortesemente la strada ed io [p. 95 modifica]ne l’informai mentre il pazzo non cessava d’ingiuriarli.

Andai a vedere Renfield per placarlo ma egli mi accolse con una calma imperturbabile e quando gli parlai dell’incidente finse di non capire. Una mezz’ora dopo, saltava dalla finestra, fuggendo lungo il viale. Mi slanciai con due guardiani e lo potemmo raggiungere davanti alla porta del contiguo possedimento. I carrettieri avevano finito di scaricare delle casse pesanti e s’asciugavano la fronte madida di sudore. Renfield si buttò addosso a uno di quegli uomini, massacrandolo di pugni; siamo riusciti in tre a padroneggiarlo.

— Sventerò i loro piani — urlava il pazzo; — non sarò defraudato in tal modo! Non voglio morire a fuoco lento! Combatterò per il mio Signore e Padrone!

I carrettieri malcontenti ci minacciarono ma due bicchierini d’acquavite e un marengo vinsero la loro indignazione. Rilevai il loro nome, che ci può servire: Jack Smollet e Tommaso Snelling. Lavorano per conto di Harris e Figlio, Compagnia marittima di Soho Londra.

Vi terrò al corrente se si produrranno altri incidenti.

Vostro Patrick Hennessey.


Mina Harker a Lucy Westenra.

18 settembre.

Mia cara Lucy, devo annunziarti una notizia tristissima: Mister Hawkins è morto [p. 96 modifica]all’improvviso. Molta gente stimerà che non siam troppo da compiangere: ma non per questo siamo meno afflitti: amavamo il caro uomo come un padre.

Jonathan è assai demoralizzato; il senso della sua responsabilità l’opprime sempre più; dubita di sè stesso. Temo che risenta per lungo tempo questa scossa nervosa.

La settimana prossima andrò a Londra per i funerali. Jonathan regolerà il servizio funebre; dopo, cercherò di scappar via un momento per venire ad abbracciarti.

La tua amica Mina.


Giornale del Dottor Seward.

20 settembre.

Lucy si rimetterà anche stavolta; ma l’ha sfuggita bella! Van Helsing, Arturo ed io la vegliamo volta a volta. Stanotte veglierò io. Prima di adagiarmi, ho guardato dalla finestra: il giardino è inondato dalla luna: un grosso pipistrello s’avvicina di quando in quando alla casa, attirato certo dalla luce. Lucy quando dorme scarta i fiori dal collo ma quando si sveglia li stringe invece contro di sè.

21 settembre.

Alle sei del mattino Van Helsing è venuto a sostituirmi. Gettò un grido.

— Presto, togliete la benda — ordinò.

Scoperse il collo della giovinetta. [p. 97 modifica]

— Ah! Dio mio! — gridò.

I due punti rossi erano scomparsi.

— Sta per morire — disse con gravità il maestro — chiamate il suo fidanzato.

Corsi a cercare Arturo che dormiva nella sala da pranzo e lo preparai con precauzione.

Il povero ragazzo mi ha fatto pena.

Vedendolo entrare nella stanza, Lucy ha mormorato:

— Arturo, amor mio, sono felice di vedervi.

Si curvò per baciarla ma Van Helsing l’ha respinto:

— Non ancora, prendetele soltanto la mano.

Arturo s’inginocchiò davanti al letto. Lucy chiuse gli occhi e s’assopì. Il suo respiro placido dapprima si fece ansante. Le sue labbra si socchiusero, scoprendo le gengive pallide; i canini mi parvero più lunghi. Aperse gli occhi e lo sguardo era fisso e duro. Con voce rauca che non le conoscevo, mormorò:

— Arturo, baciatemi.

Arturo si chinò, ma Van Helsing si gettò bruscamente su di lui e, scostandolo dal letto, lo spinse verso la porta con una energia di cui non l’avrei creduto capace.

— Perdio, non la toccate! Andatevene!

Arturo rimase come inebetito. Non toglievo gli occhi dalla giovinetta, un’espressione di rabbia contrasse il suo viso. Poi chiuse gli occhi; quando li riaperse, tese la mano a Van Helsing.

— Amico mio, mio solo amico — disse — vegliate bene su di lui.

— Ve lo prometto — egli rispose. — Venite, ragazzo mio — disse ad Arturo — potete baciarla sulla fronte. [p. 98 modifica]

Pochi secondi dopo, Lucy rantolava. Poi avvenne un gran silenzio.

— Tutto è finito — disse Van Helsing — ella non è più!

Presi Arturo fra le braccia e lo trascinai nella stanza vicina; egli si coperse il viso con le mani e singhiozzò. Mi allontanai discretamente.

Van Helsing era curvo sul corpo della giovinetta.

— Povera ragazza! — ho detto io — ha finalmente trovato il riposo.

Egli ha replicato con accento solenne:

— Ahimè, no! non è che il principio.