Don Chisciotte della Mancia Vol. 2/Capitolo LII
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Traduzione dallo spagnolo di Bartolommeo Gamba (1818)
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CAPITOLO LII.
Raccontasi l'avventura della seconda matrona Dolorida, o Angustiata,
chiamata con altro nome donna Rodrighez.
A queste parole don Chisciotte rispose con molta gravità e prosopopea. — Temperate, buona matrona, le vostre lagrime, o a meglio dire rasciugatele e risparmiate i vostri sospiri, chè prendo sopra di me il risarcimento dovuto alla vostra figlia, cui però sarebbe stato assai più onorevole di non abbandonarsi così alla cieca alle promesse degli innamorati, le quali d’ordinario sono facili ad essere fatte, e difficili troppo ad essere mantenute. Io pertanto, con licenza del duca mio signore, mi recherò sull’istante in traccia dello sciaurato giovane senza cuore; lo troverò, lo sfiderò, e lo ammazzerò se negherà di mantenere la promessa fede. Il principale assunto della mia professione è, come sapete, di perdonare agli umili e di castigare i superbi; ch’è quanto dire di sostenere i miseri e di punire gli arroganti. — Non occorre, disse allora il duca, che la signoria vostra si dia il fastidio di andare in traccia del villano di cui si querela la buona matrona; nè importa che a me dimandi la permissione di sfidarlo; chè io glielo do già per isfidato, e prendo a carico mio di fargli sapere questo cimento, e di obbligarlo perchè lo accetti, e venga a rispondere personalmente in questo mio castello, dove darò ad entrambi campo sicuro, eseguendo le condizioni tutte che in tali atti sogliono e debbono osservarsi: guarentirò egualmente ad ognuno il giusto, come si trovano obbligati tutti i principi che danno campo franco a quelli che combattono nei termini della loro giurisdizione. — Ebbene, con questa certezza e con buona licenza della grandezza vostra, replicò don Chisciotte, dico in questo momento che rinunzio per questa sola volta alla mia nobiltà, ed umiliandomi mi rendo eguale alla bassezza del malfattore, mi fo suo pari, e lo abilito a potere venir meco a battaglia; e perciò, tuttochè assente, lo sfido e lo provoco per aver egli male operato nell’ingannare questa poveretta: egli dee mantenerle la parola una volta datale di essere suo legittimo sposo, o morire.„ E trattosi incontanente un guanto, lo gittò in mezzo della sala, di dove fu raccolto dal duca, il quale soggiunse che, come aveva detto, accettava la disfida in nome del suo vassallo, e segnava il termine dopo sei giorni e il campo nella piazza del suo castello, e le armi solite dei cavalieri, cioè lancia, scudo e armatura con tutte le altre arme, senza inganno e soverchieria o superstizione di sorte alcuna, e dietro esame da farsi dai giudici del campo. — È però necessario, continuò il duca, che questa buona matrona e questa cattiva donzella rimettano la ragione della loro giustizia in mano del signor don Chisciotte; chè diversamente non si farà nulla, nè lascerei che fosse in modo alcuno eseguita tal disfida. — Io la rimetto, rispose la matrona. — Ed io egualmente,„ aggiunse la figlia tutta in lagrime, vergognosa e di malavoglia.
Concesso pertanto questo appuntamento, mentre il duca andava pensando a ciò che dovesse fare in quel caso, se ne partirono le brune donne, ed ordinò la duchessa che quind’innanzi non fossero più trattate come sue serventi, ma come signore venturiere che venivano a dimandare giustizia dinanzi a lei. Fu subito assegnato loro un appartamento separato, e vennero trattate come forestiere, non senza apprensione delle altre donne di corte che non giungevano a intendere dove andasse a parare la follia e la cattiva condotta di donna Rodrighez e della male incamminata figliuola. Standosi in questo, e per rallegrare la festa e dare buon termine al desinare, ecco ch’entra in sala quel paggio che recò le lettere e i regali a Teresa Panza moglie del governatore Sancio Panza, del cui arrivo ebbero i duchi gran contento, siccome desiderosi di sapere ciò che gli fosse successo nel viaggio. Si affrettavano a interrogarlo; ma egli disse che non avrebbe potuto rispondere così in pubblico nè con brevi parole; e perciò che piacesse alle loro eccellenze di riserbarsi a privato colloquio, soddisfacendosi frattanto con quelle lettere. Due ne cavò fuori e le mise in mano alla duchessa. Aveva l’una questa soprascritta: “Lettera per la mia signora duchessa tale di non so dove;„ e l’altra: “A mio marito Sancio Panza governatore dell’isola Barattaria, che Dio prosperi più anni di me„. La duchessa non poteva stare alle mosse, come suol dirsi, per la impazienza di leggere la lettera a lei diretta, ed apertala, e gittatovi lo sguardo, e conosciuto che poteva leggerla ad alta voce perchè il duca e i circostanti la udissero, lo fece tosto. Ascoltiamola:
teresa panza alla duchessa di non so dove.
“Quella che tiene desiderio più grande di vedere V. S. che di scriverle
“Sua servitora |
Gran piacere ebbero tutti, e specialmente i duchi, nell’udire questa lettera; e la duchessa chiese consiglio a don Chisciotte se fosse ben fatto aprir l’altra diretta al governatore chè s’immaginava dovesse essere singolare. Disse don Chisciotte che l’aprirebbe egli per loro soddisfazione; e, ciò fatto, si trovò ch’era così concepita.
teresa panza a sancio panza suo marito.
“Il curato, il barbiere, il baccelliere ed anco il sagrestano non possono credere che tu sia governatore; e vanno spargendo che tutto questo è imbroglio o cose d’incantesimo, come sono tutte quelle che risguardano il signor don Chisciotte tuo padrone. Sansone Carrasco dice che vuol venire a trovarti per cavare a te il governo dal capo, e la pazzia dal cervello di don Chisciotte. Io rido di tutto questo, e sto guardando il mio vezzo di coralli, e vo pensando come si possa fare a nostra figliuola un vestito di quello che mi hai mandato. Ho inviato alcune poche ghiande alla mia signora duchessa, le quali avrei voluto che fossero d’oro. Mandami tu qualche filza di perle se si usano in cotesta tua isola.
“Ti dirò anche le nuove che corrono in questo paese. La Berrucca maritò sua figliuola con un cattivo pittore, il quale è venuto in questo paese a dipingere con cinque dita. Gli fu ordinato dal Consiglio di colorire le armi di sua maestà sopra le porte del comune, ed egli ne chiese due ducati, li ebbe anticipatamente e lavorò otto giorni, in capo dei quali trovossi che non aveva dipinto niente, e disse che non sapeva risolversi a por mano al pennello per queste inezie. Restituì il danaro, e con tutto questo si maritò per la fama che aveva di buon pittore: verità è che ha già abbandonato il pennello, e che ha dato di piglio alla zappa, e va al campo come un gentiluomo. Il figliuolo di Pietro Lupo ha pigliato gli Ordini minori con intenzione di farsi prete. Venne a saperlo Menicuccia, la nipote di Menico Silvano, e lo accusò di averle dato parola di torla per moglie, e le male lingue dicono qualche cosa di più; ma il giovine a tutta gola protesta che dicono il falso. Siamo senza ulive in quest’anno, nè si trova in tutto questo paese goccia di aceto. Passò di qua una compagnia di soldati, i quali menarono via tre ragazze del paese. Non voglio dirti chi sono perchè forse torneranno, e non mancherà chi le pigli per moglie come saranno. Sancetta fa merletti da reticelle; guadagna ogni dì otto maravedis, e li va mettendo in un ghiandaruolo pel suo corredo: ma adesso ch’è figliuola di un governatore, avrà da te la dote senza tanti stenti. La fontana della piazza si è seccata. Una saetta è caduta sopra la berlina, che così s’inceneriscano tutte. Attendo risposta alla presente, e la tua risoluzione sul mio venire alla corte. Dio con questo ti guardi più anni di me, o quanti sarò io per vivere, perchè non vorrei lasciarti senza la mia compagnia in questo mondo.
“Tua moglie |
Queste lettere furono festeggiate, derise, stimate, e soggetto di generale stupore; e per dare compimento all’opera giunse anche il corriere che recava la lettera di Sancio a don Chisciotte che pure fu letta pubblicamente, e fu cagione che dovessero tutti dubitare se veramente fosse così semplice come pareva. Si appartò la duchessa per essere informata dal paggio dell’avvenutogli nel paese di Sancio; ed egli fece il più minuto racconto senza ommettere niuna circostanza. Consegnò le ghiande e di più una forma di cacio che Teresa gli aveva dato buono assai, e da giudicarsi migliore del marzolino e del parmigiano. La duchessa lo ricevette con grandissimo contento, in cui la lasceremo per raccontare il fine ch’ebbe il governo del gran Sancio Panza, fiore e specchio di tutti gl’isolani governatori.