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470 | don chisciotte |
del villano di cui si querela la buona matrona; nè importa che a me dimandi la permissione di sfidarlo; chè io glielo do già per isfidato, e prendo a carico mio di fargli sapere questo cimento, e di obbligarlo perchè lo accetti, e venga a rispondere personalmente in questo mio castello, dove darò ad entrambi campo sicuro, eseguendo le condizioni tutte che in tali atti sogliono e debbono osservarsi: guarentirò egualmente ad ognuno il giusto, come si trovano obbligati tutti i principi che danno campo franco a quelli che combattono nei termini della loro giurisdizione. — Ebbene, con questa certezza e con buona licenza della grandezza vostra, replicò don Chisciotte, dico in questo momento che rinunzio per questa sola volta alla mia nobiltà, ed umiliandomi mi rendo eguale alla bassezza del malfattore, mi fo suo pari, e lo abilito a potere venir meco a battaglia; e perciò, tuttochè assente, lo sfido e lo provoco per aver egli male operato nell’ingannare questa poveretta: egli dee mantenerle la parola una volta datale di essere suo legittimo sposo, o morire.„ E trattosi incontanente un guanto, lo gittò in mezzo della sala, di dove fu raccolto dal duca, il quale soggiunse che, come aveva detto, accettava la disfida in nome del suo vassallo, e segnava il termine dopo sei giorni e il campo nella piazza del suo castello, e le armi solite dei cavalieri, cioè lancia, scudo e armatura con tutte le altre arme, senza inganno e soverchieria o superstizione di sorte alcuna, e dietro esame da farsi dai giudici del campo. — È però necessario, continuò il duca, che questa buona matrona e questa cattiva donzella rimettano la ragione della loro giustizia in mano del signor don Chisciotte; chè diversamente non si farà nulla, nè lascerei che fosse in modo alcuno eseguita tal disfida. — Io la rimetto, rispose la matrona. — Ed io egualmente,„ aggiunse la figlia tutta in lagrime, vergognosa e di malavoglia.
Concesso pertanto questo appuntamento, mentre il duca andava pensando a ciò che dovesse fare in quel caso, se ne partirono le brune donne, ed ordinò la duchessa che quind’innanzi non fossero più trattate come sue serventi, ma come signore venturiere che venivano a dimandare giustizia dinanzi a lei. Fu subito assegnato loro un appartamento separato, e vennero trattate come forestiere, non senza apprensione delle altre donne di corte che non giungevano a intendere dove andasse a parare la follia e la cattiva condotta di donna Rodrighez e della male incamminata figliuola. Standosi in questo, e per rallegrare la festa e dare buon termine al desinare, ecco ch’entra in sala quel paggio che recò le lettere e i regali a Teresa Panza moglie del governatore Sancio Panza, del cui arrivo ebbero i duchi gran contento, siccome desiderosi di sa-