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Un documento del 1560 Nota delle gioje

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Il costume sfarzoso dei vestimenti, dei banchetti e dei funerali dominò a tempi più antichi in Cremona, e fu più volte represso dai Magistrati Comunali, perchè non tornasse a detrimento della cosa pubblica. L’antico Statuto cremonese lamenta il lussureggiante vestire de’ gentiluomini e degli artigiani, le acconciature sfoggiate delle donne, le molte ed intollerabili spese negli abiti, nei regali alle spose, nei banchetti mortuari, che superavano le esigenze della dignità, e facoltà di ciascuno. Ordina perciò (Rub. 465 ) che nessuna domina, mulier, domicella vel puella di qualunque stato e condizione osi portare fregi d’oro, d’argento, di perle, di seta, vairos, cappucci, veluti, sindone o cendal, scarlatti o drappi di seta oltre il valore di 5 lire imperiali sotto pena di 10 fiorini d’oro per volta.

I Sapienti della Gabella magna di Cremona dopo d’aver stabilito una riformagione super Coronis infrixaturis ed altri ornamenti altra ne pubblicarono nel 1297 sulle vesti e gli ornamenti degli uomini e delle donne della città e del distretto, e la posero nel Volume degli Statuti del popolo, Concedevasi di portare 50 bottoni d’argento o d’altro metallo, o di corallo ad gimelas, idem et ad zupas, ma non ad altre vesti o giubbe, purchè fossero del peso d’un’oncia e mezzo e non più, e non avessero maggior valore dello stesso peso d’argento. Permettevasi di portare ad guaranaziam (guarnizione?) due lazolos o lutonos d’argento o d’altro metallo, purchè non valesse oltre unum venetum per ciascuno, di portare al mantello o pellicia (pellem) una cordicina o nestola di seta del valore di 12 danari e non più. La pena era di 25 lire imperiali ai trasgressori.

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Ma limitandoci ai documenti del secolo XVI riferiremo il sunto d’una Pragmatica, ossia Ordini sopra il vestire, et banchettare fatti per la città et distretto di Cremona, dal Magnifico Consiglio Comunale, e confermati dall’Eccellentissimo Senato di Milano e da Carlo V nel 1547 in causa delle pompe et eccessive spese; Ordini che furono ristampali nel 1572 (l’una e l’altra edizione sono di tanta rarità, che se ne negò l’esistenza) coll’aggiunta et funerali quali si hanno da servare nella magnifica città et distretto di Cremona et approbati etc.


Del vestire degli uomini e delle donne.


Gli uomini di qualsiasi grado et stato non potranno portare nè collane, nè collari, nè brazzaletti, nè pontagli o altra cosa d’oro o battuto o filato o tessuto o puro o misto, nè coralli, perle o gioje di qualunque sorta sopra la persona, veste et habito. Potranno portar una medaglia, o altro ornamento d’oro alla beretta del valore sino di 12 scuti d’oro et non più, et un anello in dito. Sopra la lor veste et habiti non osino portare ricamo alcuno di seta, nè d’altra materia, nè habito alcuno tagliato, salve le calze et giupponi; i lor calzoni non eccederanno le 5 braccia di drappo. Né potranno avere alle lor cavalcature fornimenti et selle lavorate con oro et arzento, o ricami o intagli d’alcuna sorta, nè indorature e intagliature, eccetto che le borchie si possano indorare.

Alle donne maritate si ordina di non portar vesti o habiti d’oro o d’argento ove sia, né drentro nè sopra d’essi; nè ricami, ternette, trine, intagli, cordoncini et ornamenti di qualunque sorta o materia, salvo che si possono listare delle vesti di drappo di seta pura e senz’ornamento o incanestratura, purchè non si ecceda brazza 4 di drappo per ciascuna vesta, ovvero di pomelata o terzola di seta pura, ma non più di tre liste, e che dette vesti non si possano stratagliare, salvo li busti et maniche. Né osino portare più de tre veste di seta, le quali siano accompagnate da tre sottane della stessa sorte di seta della veste o diversa, purchè non possano havere più d’una [p. 11 modifica]veste et una sottana de cremesino, nè osino portare le code delle vesti longhe più di mezzo braccio. Non presumino parimente portare nè perle, nè zoje, nè oro, nè arzento puro o misto, nè in testa, nè alle cinture, nè altrove, salvo che possino portare doi anelli d’oro in dito cum le sue pietre del prezzo de scuti 30 d’oro per ciascuno, et una collana al collo del valore de scuti 25 et non più, et pendenti agli orecchi del valore di scuti tre per ciascuno, et al ventaglio un altra catena d’oro de scuti 15 al più et senza smalto e gioie, et le cuffie in testa d’oro o arzento tirato o filato senza però le altre cose proibite. Non osino ancora portare guanti ricamati, o gibellini, o berette o capelli d’alcuna sorta in pubblico o in privato, salvo al tempo della notte o della pioggia o dei viaggi senza gli altri ornamenti proibiti; si permettono li ventagli senza manighi ed altri ornamenti. Possono però portare rubboni, ma quelli di seta si computano nel numero delle 6 veste concesse, et fodrarli, purchè il valore non ecceda i 12 scuti. Cosi non possono havere ai lor carretti e coggi (cocchi?) alcuni ornamenti d’oro o d’arzento, indoratura o argentatura; però le balle di essi possono essere indorate o argentate modestamente; nè possono coprirli di seta o velluto d’alcuna sorte, o d’altra materia di ricami, intagli, tratagli od altri ornamenti prohibiti, nè ancora ai cavalli o cavalle, eccetto però che le coperte si possino ornare con liste di drappi non eccedendo le brazza 6, come degli addobbamenti dentro le carozze o coggi. Finalmente non possano portare alcun profumo d’ambra o muschio.

Le giovani non maritate di qualunque età, stato e grado non osino portare veste o habito di seta, nè collane d’oro, perle o zoje nè in testa, nè alle orecchie, nè altrove. Si concede però una sola veste di cremesino, un filo de’ coralli o granate al collo con ornamenti d’oro del valore di scuti 4 e non più, et pendenti agli orecchi del valore di scuti 2 d’oro, et sopra gli abiti o le vesti liste di drappo di seta, purchè non eccedino brazza 4, ma senz’alcun ornamento o incanestratura o cosa proibita.

Agli uomini et alle donne de diversi artigiani et operaj maritate o nubili non è permesso portare quanto sopra, ma si permette alle sole maritate di listare le loro vesti (non di seta o di velluto concesso alle altre donne) con 4 braza di seta per vesta, e di portare una collana d’oro del valore di scuti 10 e gli anelli; alle [p. 12 modifica]non maritate si permette un filo di coralli senz’oro. Essendo in Cremona insorto l’abuso o licentia grande di far feste e balli dalle giovani da marito, cosa che non è solita usarsi nelle altre città d’Italia, si vieta ad esse d’andar in alcun tempo ove si balla, eccetto i tre ultimi giorni di carnovale.


Dè conviti o banchetti,
degli sponsali, battesimi, et funerali.


Si ordina che alcuna persona della città et distretto, come sopra, non presuma dar nei conviti anche di nozze od altra causa in modo alcuno nè pavoni, nè fasani, che si dichiarano prohibiti; di dare più d’una o due sorti di salvatico, e dandone una non possa dare quattro sorte de rosti domestici, e così più di tre sorte di lessi domestici, nè dar mangiar bianco, nè salsa reale, nè pasticci, nè lavori di pasta di sorta alcuna. Nei banchetti di carne si vietano vivande di pesce, d’ostreghe et altre cose di mare; in quelli di magro più d’una sorte di pesce de mare o de lago, lo storione ma non le ostreghe et pesci di mare, et anchora a dar più de quattro sorti di pesce d’aqua dolce a rosto e tre a lesso. Non si possi dare anchora più di due sorte de torta et una sola sorte dando tartara, nè più d’una sorta de confetti da principio, cioè marzapane o pignocata, ed alfine più di due sorta de confetti de zuccaro, non comprese la codognata, il torrone o la copetta prohibendo sempre ogni sorta de canditi. Nei conviti d’ogni sorta le vivande se diano semplici, cioè senz’ornamenti, come pitture, intagliature, bandirole et altre frascherie ritrovate dai Schalchi.

Si vieta ai sonatori d’andar a mattinare alle spose, se non invitati dalli sposi, et questi non possano invitarne più di tre capi per coppia e per sposo. Alli battezzi non si possa donare cosa alcuna per li compatri e le commatri; alla lor colazione non si dia più de due sorte do confetti de zuccaro proibendo i canditi e le paste de zuccaro. Infine non si possa fare, nè avere scuti, insegne, bandiere, pitture, nè attaccar arme de sorta nelle chiese [p. 13 modifica]alli morti de qualsiasi sorte e qualità, nè si possi far convito o desinare grande o piccolo ne’ loro ufficj, nè catafalchi in tutte le chiese, nè molti tocchi del campanone del Duomo, salvo pei nobili, nè le molte torcie nelle chiese, ma non più de 8 tocchi se nobili e con grado, nè più de 4 gli altri; né i panni neri alle case nelle esequie, nè le gramaglie ed i mantelli ai parenti, ai domestici et servitori; nè le settime o le trigesime; ma ognuno deve misurare le sue forze et non far più di quello che conviene al decoro et alla qualità dello stato e della sua facoltà.

Ad ognuno dei contrafattori di questi e dei precedenti ordini era inflitta la pena di 50 scudi d’oro per volta, la perdita dei vestimenti e delle cose proibite, di 25 ai sarti, di 10 ai cuochi o scalchi o sonatori, ovvero a questi ultimi due o tre tratti di corda.

Sottoscritti nel 1547;

Visconti, Cauzzi, Ponzoni, Galerati, Stanga, Ferrari, Brumani, Sommi.