Discorso elettorale pronunciato nel Teatro Verdi il 14 febbraio 1908
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D.r CESARE BATTISTI
Discorso elettorale |
pronunciato |
nel Teatro Verdi |
il 14 Febbraio 1908. |
D.r CESARE BATTISTI
Discorso Elettorale
pronunciato nel Teatro Verdi
il 14 Febbraio 1908.
TRENTO
Società Tipografica Editrice Trentina
1908
Agli elettori di Trento.
Il lavoro e la posizione dei varii partiti
nelle presenti elezioni.
Le presenti elezioni dietali avvengono in modo veramente triste. I partiti borghesi, ai quali spetta esclusivamente il privilegio del voto, mostrano di disinteressarsi completamente della lotta. Vanno, è vero, alla caccia delle procure, si industriano con ogni mezzo a raggranellar voti, ma non sentono il dovere di affermare in pubblico i loro principii, e di cooperare all’educazione politica del paese.
Tutto si riduce per essi alla conquista dei seggio; il programma lo si fa tanto per corrispondere all’uso, ma non si pensa nè a divulgarlo, nè a commentarlo.
Tale apatia è ben deplorevole, se si rammenta come in altri tempi le elezioni dietali abbiano avuto significato di lotta veramente seria per la autonomia del Trentino.
Il partito socialista, fra i cui aderenti ben pochi sono quelli che hanno il diritto di voto, ha creduto di dover battere una via affatto opposta a quella della borghesia trentina.
Esso ha deliberato di scendere in lotta in quattro collegi; ha scelto, fra i collegi dei comuni rurali e delle borgate, quelli ove maggior essendo il predominio clericale, più difficile è la lotta, ma anche più necessaria; ed ha aggiunto ad essi il collegio di Trento, perchè l’affermazione del proletariato in difesa della civiltà nuova, potesse eccheggiare nella capitale del Trentino, quale monito non ad un solo, ma a tutti i partiti della borghesia trentina.
Nel proclamare le proprie candidature il partito socialista non si è proposto di dar la caccia a qualche seggio; l'esito della lotta è per noi secondario; quel che ci importa sopratutto (ed abbiam la coscienza di averlo già dimostrato nel limite delle nostre forze), è la proclamazione dei nostri principii, onde scuotere le masse o asservite al dominio clericale o addormentate dal liberalismo.
Valgano queste dichiarazioni a darvi ragione, o cittadini, della mia candidatura nel collegio di Trento.
Il programma socialista e il programma liberale del ’48.
Ho avuto la tentazione di venir qui a leggervi come mio programma, il programma dei liberali del 1848. Dalla riforma elettorale all’autonomia, dalla abolizione delle tasse indirette ai provvedimenti di indole economica e sociale, c’è nel programma dei liberali d’allora — quei liberali si chiamavano Gazzoletti, Esterle, Marsilli — tutto quello che noi oggi chiediamo. E non sono io a far la figura del codino se devo attenermi ad un programma vecchio di sessanta anni e di un partito che è conservatore di fronte al socialismo; la colpa è della borghesia nostra, che molta parte di quel programma ha trascurato e dimenticato. Ma ciò che non si potè conseguire in passato, deve pur esser raggiunto nell’avvenire. La vita politica di un popolo non può procedere a sbalzi; e quelle rivendicazioni, che non furono ottenute o da una classe o da una generazione, devono esser conquistate dalle successive.
I sessanta anni trascorsi, ad altro non hanno giovato che ad accumular nuovi fatti a documentazione di questo: che noi viviamo in una delle più retrograde provincie d’Europa, ove non c’è ombra di giustizia nè sociale nè nazionale.
Di ciò potremo convincerci esaminando, senza abbandonarci a voli retorici, i capitoli più importanti dei bilanci della provincia. La critica ad essi, varrà a metter in rilievo il programma nostro e ci darà modo di assurgere dalle considerazioni d’indole economica-finanziaria a quelle di carattere sociale e morale.
I cespiti d’entrata della Provincia.
Convien premettere che l’amministrazione della provincia è una delle più arruffate. Essa è tenuta con criterii di contabilità, in cui non risplendono mai nè l’evidenza, nè la chiarezza. Non tutte le entrate della provincia figurano in un’unica partita; oltre il fondo generale delle entrate vi è un fondo particolare e ove il primo non arriva a coprire i suoi incombenti, vi si supplisce cogli avanzi del secondo. Il che origina confusione non piccola e difficoltà di interpretazione.
I cespiti principali d’entrata della provincia — astrazion fatta dai proventi sia dei vari patrimoni che degli istituti, nonché dalle tasse scolastiche — possono raggrupparsi in tre categorie: le addizionali provinciali e l’assegno dello stato dal reddito dell’imposta sulla rendita personale equivalenti — secondo il consuntivo del 1905 — a due milioni, 362 mila corone; l’assegno dello stato dal reddito dell’imposta sui liquidi distillati e il provento dell’imposta sul vino e sulla birra corrispondenti ad un milione e trecento mila corone; il reddito della tassa sul grano di un milione e duecentosessantaduemila nonchè gli interessi del fondo cosidetto d’approvvigionamento, il cui patrimonio è di quattro milioni.
L’ingiustizia nazionale e sociale della tassa sul grano.
La tassa sul grano, triste privilegio della provincia del Tirolo, equivale a più della quarta parte delle rendite complessive.
Questa tassa, per le sue origini, può dirsi una tassa tranello.
Essa fu introdotta nell’anno 1824 con lo scopo di raccogliere un fondo, onde provvedere le popolazioni di grano nei tempi di carestia.
Dal 1824 ad oggi la carestia ha bussato ben più d’una volta alle case del povero contadino e dell’operaio; in certe vallate povere la carestia fu ed è permanente, ma mai, dal 1824 ad oggi, si è speso un solo centesimo a tale scopo.
Il gettito di questo dazio aumentò in modo notevole finchè si venne alla decisione di spendere almeno parte delle entrate annue in cose affatto estranee ai sussidi di carestia.
E qui esaminando come questi denari furono spesi, giova notare che questa tassa sullo stomaco fu pagata dagli italiani (circa 350,000) nelle proporzioni del 55 - 60 per cento, dai tedeschi (circa 450,000) in quelle del 40-45 per cento!
E’ cosa a tutti nota: al di là di Salorno sia per condizioni inerenti alla coltura del suolo, sia perchè maggiore è il benessere economico, si fa un uso più limitato delle farine che non da noi, ove la polenta è purtroppo il cibo esclusivo della popolazione povera.
La distribuzione del fondo fu fatta con criterii affatto opposti alla raccolta.
Si eresse con esso, a Schwaz, la casa di correzione per discoli, in cui gli italiani hanno al massimo figurato col 20 per cento; si pagarono le spese di guerra per transito dei soldati durante le guerre napoleoniche, e per altre guerre, non desiderate nè votate dal Trentino; si indenizzarono i nobili per l’abolizione dei diritti di decime loro spettanti, spendendo in tale occasione due milioni pel Trentino e quattro milioni e duecentomila pel Tirolo; si pagò il debito di quattro milioni per la regolazione dei torrenti, del quale noi trentini godemmo in proporzione del 42 per cento, i tirolesi del 58 per cento; si fondò a Linz un magazzino provinciale che al Trentino non giova affatto e che costò mezzo milione di corone.
La ingiustizia nazionale di questo dazio è evidente; l’ingiustizia sociale altrettanto poichè esso è a tutto danno di una classe e ad esclusivo beneficio dell’altra.
Perchè non fu abolito?
In questo riguardo mostrarono ben poca attività tanto i liberali che i clericali trentini. Eppure se il milione e 200 mila corone fosse da ricavarsi con imposte dirette, è dimostrato che quasi la terza parte di esso spetterebbe alla città più ricca della provincia, ad Innsbruck, ove hanno sede e sono passibili di tasse molti istituti di credito, società capitalistiche come le ferrovie, ecc. Una tassa possibile nel Tirolo sarebbe quella sulle grosse eredità, ma anche questa non è mai piaciuta ai borghesi sia tedeschi che italiani, liberali o clericali. Però questi signori, che hanno voluto mantenere il dazio e hanno così dato incremento alla pellagra, hanno poi regalato ai pellagrosi il pellagrosario! Bel sistema codesto di imprevidenza sociale! Obbligare il povero a cibarsi — in causa del dazio sul grano — di grani avariati, scadenti, coltivati là ove non maturano; sviluppare in esso i germi della pellagra; spingerlo in braccio ad una malattia, che ha spesso per epilogo la demenza, deteriorare per generazioni e generazioni la razza e poi.... aprire ai colpiti dalla sventura un asilo.
Inutile ora che io vi soggiunga che il partito socialista è per la totale abolizione di questo balzello.
Sperperi per la burocrazia e spese militari.
A tener in piedi codesto bel sistema di amministrazione provinciale, che io stò descrivendovi, la provincia del Tirolo non ha parsimonie per la burocrazia. Senza tener conto delle spese amministrative occorrenti per la maggior parte degli istituti provinciali (istituti agrari e manicomi) le sole spese ordinarie d’amministrazione superano le 600 mila cor., vale a dire corrispondono al 12 per cento, mentre altrove esse ammontano al 7 per cento, come ad es. nella Stiria, o al 4 per cento come nella Carinzia e nella Carniola. Soltanto per le indennità ai membri di giunta si spendono 48.000 Corone.
La burocrazia è ovunque buona sorella del militarismo.
Mentre tutte le provincie austriache hanno cercato liberarsi dall’onere degli acquartieramenti militari, la nobiltà del Tirolo, paese di confine, dove tali oneri sono maggiori, ha voluto tenerseli per mostrare la sua fedeltà; e paga coi soldi del proletariato tirolese e trentino ben 120 mila corone all’anno di spese di tal genere, oltre a quelle pel tiro a bersaglio. Tanto che nella provincia si ha una spesa di soldi 6 per testa, mentre altrove la media è di soldi 2 o al massimo di soldi tre. Tutti ricordano poi l’aumento del contingente di leva dei bersaglieri.
La provincia del Tirolo ha il privilegio di stabilire essa il contingente dei bersaglieri provinciali; ed è noto a questo riguardo, come nella passata legislatura sia stato aumentato di circa 500 il numero dei bersaglieri con la speciale approvazione di quel Don Chini di Arco, che dando il suo voto si augurava che le sofferenze inerenti al militarismo avessero a giovare al popolo per la conquista della felicità nel regno dei cieli!!!
Per l’anima nostra.
Di preoccupazioni per il benessere spirituale degli amministrati non sono mai stati avari i dirigenti del sacro e fedele Tirolo.
Oltre alla chiesa del palazzo dietale ove i deputati si raccolgono a invocare il lume dello spirito santo prima delle adunanze, la provincia mantiene la chiesa di Mariahilf ed un proprio cimitero in Innsbruck, con un’annua spesa di 18 mila Corone. A che cosa possa giovare nel paese dei conventi e delle chiese una parrocchia provinciale io non so; credo non ce ne sia bisogno neppur pei tedeschi; per gli italiani è certo superflua.
Forse i nazionalisti tedeschi, mantenendo un cimitero provinciale ad Innsbruck vorranno in cuor loro destinarlo pei nostri, pel caso l’odio di razza, così fomentato, potesse far scoppiare aggressioni o massacri.
In tutta l’Austria non c’è che un’altra sola provincia, ove esistano spese analoghe rilevanti ed è la più feudale delle provincie, la Galizia, che assegna annualmente 3000 Corone alle missioni cattoliche.
Carichi provinciali e carichi comunali - Spese di beneficenza
Il «maso chiuso» tirolese.
Ma torniamo a discorrer degli interessi del mondo di qua. L’amministrazione tirolese si distingue pel suo criterio gretto di addossare tutti i servizi pubblici ai comuni, esonerando sè stessa. Essa spende pochissimo pei servigi sanitari, cioè solo 14 soldi per cittadino, mentre la Stiria spende 44 soldi, la Carinzia 49, la Carniola 44, ecc. In molte provincie le mammane sono stipendiate dai fondi provinciali, e tutto il necessario delle spese sanitarie, in quanto superi il 2 per cento delle addizionali comunali, resta a carico della provincia. I medici del nostro paese invece sono a carico esclusivo dei comuni allorchè sono in servizio attivo; quando invece sono vecchi e impotenti, nessuno pensa a loro, mentre sarebbe obbligo di un’amministrazione provinciale moderna il garantire una tranquilla vecchiezza a questi benemeriti aiutatori dell’umanità.
Un altro capitolo dell’amministrazione provinciale, che rileva insufficienza di aiuto per le classi non abbienti e vergognose ingiustizie nazionali, è quello degli istituti umanitari.
Non v’è traccia, nei Tirolo, di istituti provinciali pei bimbi poveri, di case di ricovero pei vecchi, di asili pei ciechi, ecc. come si ha in altre provincie. E’ sempre e solo il comune, che anche in questo campo deve mantenere queste istituzioni, che nei paesi più civili spettano all’amministrazione provinciale.
Le spese ordinarie per gli istituti umanitari e la beneficenza non arrivano nel Tirolo a Corone una per testa, mentre nel Salisburghese sono di cor. 3, nell’Alta Austria di Corone 2.80, nella Stiria e nella Carinzia di Corone 2.60.
Per quello che riguarda l’ingiustizia nazionale nei riguardi della beneficenza, citerò due casi tipici: quello dell’istituto delle partorienti e quello degli istituti pei sordomuti.
A Trento, alle Laste, esisteva fin dal 1833 un istituto delle partorienti, con un triplice scopo: era asilo pei trovatelli, scuola per le levatrici, ospitale per le partorienti. Nel 1877 si disse che non era più ammissibile la esistenza in Trento di un istituto autonomo, che era secondario in confronto di quello creato ad Innsbruck pei bisogni della clinica, e si stabilì di sopprimerlo per creare al suo posto una filiale dell’istituto di Innsbruck. A questa seconda parte del conchiuso non seguì l’adempimento. Venne il 1880 e alla dieta si discusse sull’opportunità di erigere la filiale, abolendo però quella parte dell’istituto che riguardava i trovatelli.
I deputati trentini di fronte alla categorica promessa di una filiale da erigersi «ex novo», accettarono l’abrogazione dell’istituto trovatelli. E l’abrogazione di quest’ultimo venne fulminea, mentre la costruzione della filiale si faceva aspettare. Si lagnarono di ciò i deputati dietali nel 1883 ed allora, per tutta risposta, si rimise la questione ai voti e i deputati tirolesi, forti della forza numerica, decretarono addirittura la soppressione dell’intero istituto delle partorienti senza più far parola della filiale. E così le nostre povere donne, se han bisogno di un asilo, di un ricovero per dare alla luce i loro figli, devono sobbarcarsi a 8-10 ore di viaggio e portarsi ad Innsbruck! Quest’ingiustizia fu sanzionata col pretesto che la clinica d’Innsbruck avea bisogno pel suo sviluppo di tutto «il materiale» della provincia.
Intanto esiste un istituto, pagato dagli italiani e dai tedeschi,ma che giova, in grandissima prevalenza, ai tedeschi. In grandissima prevalenza, anche pel fatto che gli illegittimi sono assai più numerosi nel Tirolo, che nel Trentino, data la barbara legge, vigente nella parte tedesca della provincia, del «maso chiuso tirolese».
Essa stabilisce L’eredità solo pel maggiorasco ed obbliga a diventar monache, frati, preti o per lo meno restar celibi i fratelli minori, assai spesso ricchi di prole illegittima.
Altro esempio di ingiustizia. La provincia dispone annualmente di un forte reddito pei sordomuti di tutto il paese. E con esso mantiene l’istituto tedesco di Mils, spendendo più di 27,000 corone, mentre all’istituto privato dei sordomuti in Trento dà un sussidio di Cor. 1500 circa.
Scuole e maestri.
La questione magistrale costituisce il punto più nero della vita provinciale tirolese.
Per trattare a fondo di essa, ci vorrebbe una conferenza speciale. Mi limiterò a rilevare come dal punto di vista economico, l’ultima legge magistrale abbia lasciato molti maestri in pessime condizioni.
Citerò alcuni esempi: un maestro abilitato fra il 1.o e il 5.o anno di servizio riceve nel Tirolo corone 800, nel Salisburghese Cor. 1200; fra il 16.o e il 20.o nel Tirolo Cor. 1350, nella Carinzia 2400, fra il 30.o e il 40.o nel Tirolo 2000, nel Salisburghese 2680, nella Carinzia 3400.
Rilevo la grettezza della provincia, che mantiene scuole con 80 e più ragazzi; che obbliga i bimbi di frazioni distanti dal centro a ore di viaggio per arrivare alla scuola; ricordo la mancanza di edifici scolastici, la scarsezza dei sussidi dati ai comuni che ne costruiscono; ricordo infine la tassa scolastica di Cor. 6 per ogni ragazzo che non dimostri d’esser figlio di poverissimi genitori; ricordo la non piccola parte di oneri lasciati ancora al comune, mentre vi sono in Austria parechie provincie, che provvedono del loro tutti i requisiti scolastici in quei comuni, nei quali l’addizionale supera il venti per cento. Nel Trentino quasi tutti i comuni hanno addizionali superiori al 200 per cento!
Ma accanto alla questione economica va presa in considerazione quella morale.
Il modo con cui il consiglio scolastico provinciale è costituito, dà la maggioranza incontrastata ad elementi tedeschi ed a clericali; da ciò frequenti alti di ostilità alle scuole italiane, da ciò regolamenti scolastici ad uso e consumo, del dominio clericale. Il maestro è ridotto a fare il sagrestano; e si arriva al punto da ritenere pedagogisti modelli uomini, che han potuto, in un’antologia scolastica, camuffare sacrilegamenite «L’Inno a Satana», di Carducci sotto il titolo di «Inno alla Ferrovia» mutilandone correlativamente il contenuto.
Contro i maestri di idee liberali, la persecuzione è continua, implacabile, il che spiega come annualmente si contino a decine gli insegnanti nostri (e assai spesso sono i migliori) che vanno a cercarsi assieme al pane, un po’ di libertà nelle regioni adriatiche.
Il programma scolastico di un candidato socialista non può che rappresentare il rovescio di quanto s’è fatto sino ad ora e si fa al presente.
Istituzioni autonome e non autonome nell’agricoltura.
L’unica branca dell’amministrazione provinciale che funzioni bene, è quella dell’agricoltura, perchè qui abbiamo un principio d’autonomia nel Consiglio provinciale d’Agricoltura di Trento e gli interessi agricoli del Trentino sono separati nettamente da quelli dei circoli di Bolzano ed Innsbruck.
Però tutto quello che dipende ancora dalla parte tedesca della provincia, come ad esempio l’Istituto di S. Michele, funziona male.
Quell’istituto è un covo di pangermanismo, di bigottismo e di filossera! I famosi commissari filosserici, colà, stanziatisi, per prevenire il male e prontamente isolarlo ove scoppiasse, non s’accorsero per ben sei anni che le viti circondanti le stanze da loro abitate, erano infette da filossera. E la infezione si fa strada e minaccia di distrugger tutti i vigneti del paese, impreparatissimo a difendersi e a poter su vasta scala rifare i vigneti.
D’altra parte mi affretto a dire che se il Consiglio provinciale d’agricoltura di Trento funziona egregiamente, per merito precipuo della sua autonomia, non è con ciò detto che l’agricoltura sia dalla provincia sufficientemente sovvenuta. Altre provincie fanno assai più; e qui da noi molte iniziative ritenute indispensabili non hanno potuto aver sviluppo per mancanza di mezzi. Cito un caso. E’ opinione dei competenti in materia, che il Trentino potrebbe mantenere ben venti mila bovini di più di quelli che ora si mantengono (— e che sono meno di quelli, che si aveano cinquanta anni or sono — ); che potrebbe sostituire con bestiame proprio quello che temporaneamente viene introdotto sulle «malghe» trentine dal vicino regno, con evidente utile delle nostre popolazioni alpestri, ma tuttociò sarà possibile solo con un lavoro intenso sopratutto a curare le malghe del Trentino, migliorandone il suolo, riattandone i caseggiati, provvedendole di acqua, ecc.
Ebbene, sapete, che cosa ha dato per il miglioramento di seicento malghe, la amministrazione provinciale?
Mille corone!
L’autorità provinciale ha poi sanzionata la vendita, che molti comuni fecero dei loro prati comunali sul Bondone, vendita destinata a immiserire quelle popolazioni e a decimare le armente per l’effimero guadagno momentaneo di pochi soldi.
Eppure noi crediamo di poter affermare che solo con costante opera di miglioramento del suolo alpestre — costituente ovunque una proprietà collettiva — , potranno esser tolte le cause della crisi economica nella zona montagnosa del Trentino.
Problemi ferroviari e stradali.
La mancanza di ferrovie e la scarsezza di strade sono mali troppo evidenti perchè ci sia bisogno di insistere a lungo su tale argomento e dimostrare quanto poco abbia fatto pel Trentino l’amministrazione provinciale.
Nel Trentino si hanno due chilometri di ferrovia per chilometro quadrato, nel Tirolo nove!
E se oggi ci si limita a chiedere con urgenza la tramvia delle Giudicarie, la congiunzione normale fra Riva e Rovereto, e la tramvia di Fiemme, non è certo perchè non si veda fin d’ora la necessità d’altri allacciamenti sia con tramvie, come con funicolari. Si chiede quello che è urgente e che già da decenni dovrebbe esser stato concesso.
Del problema stradale ricorderò, per non dilungarmi di troppo, come le più importanti arterie di comunicazione sian state fatte dai comuni che sborsarono del proprio oltre 5 milioni di fiorini, di fronte ad un contributo della provincia e dello stato di poche decine di migliaia; ricorderò come anche recentemente i denari messi dalla provincia a disposizione per crear nuove vie furono adoperati prevalentemente per la parte tedesca.
Trento attende la congiunzione con l’altopiano di Folgaria, la costruzione di una buona strada nella Val di Pinè, l’effettuazione della Mezzolombardo-Molveno-Arche-Riva e della Lavis-Cembra-Moline, per non dire dei progetti meno maturi quali quelli della Trento-Aldeno-Villa Lagarina e quello dell’allacciamento di Lavis con Martignano, Ponte Alto, Povo, Villazzano.
Ma chi rappresenta Trento non può non affermare che ogni arteria nuova, ideata pel Trentino, sia pure alla sua estrema periferia, è sempre di giovamento per la capitale, che solo dal rifiorire delle valli, avrà alla sua volta ragione di progresso.
Altrettanto vasto e del pari importante come il programma stradale, è quello riflettente la regolazione dei torrenti.
La vita comunale.
Ho avuto occasione di accennare prima ai gravi oneri che la provincia addossa ai comuni; ed è questa una delle ragioni della loro miseria, dell’alto livello delle addizionali; per cui ben di rado i comuni sono in grado di ben retribuire i segretari e gli impiegati comunali, cui la provincia ha costantemente rifiutato di assicurare la pensione.
Ne risulta che pochi si sentono attratti ad una carriera così mal compensata, e in molti luoghi si hanno forze deficienti. Le amministrazioni per tal modo sono assai spesso tenute in disordino e rendono facile l’accesso ai disonesti, tanto più che in tempi passati fu nulla e tuttora è deficiente la sorveglianza dei comuni italiani, da parte di una giunta provinciale in prevalenza tedesca.
Non rammenterò qui la dolorosa storia di Levico, perchè troppo nota e ormai vecchia di fronte a tanti altri panamini: quello di Trambilleno, ove la segreteria comunale fu un bel giorno preda delle fiamme, quel di Lardaro, ove l’amministratore provinciale mandato a rimediare ad una cattiva amministrazione, vi piantò per suo conto un deficit di 50.000 corone, pagato poi dalla provincia; quello di Ampezzo, nei cui granai i topi (secondo le giustificazioni degli amministratori) mangiarono per 80.000 fiorini di grano, quello di Moena, ove ci volle un giubileo per indurre il pentimento e la confessione in un cassiere che avea defraudato dall’erario comunale una grossa somma; quello di un comune della Val Lagarina, ove si facea periodicamente l’amnistia pei consiglieri comunali, che non aveano pagate le tasse comunali; quelli di Marco e di Vigolo Vattaro, noti per le loro....... irregolarità.
E tali sgoverni sono sempre stati tollerati. E bastò ai camorristi, trovati con le mani nel sacco, gridare: Viva l’Austria, viva il Tirolo, per garantirsi da ogni persecuzione.
Il purificatore migliore dei comuni, sarà il suffragio universale. Finché pochi privilegiati del primo e del secondo corpo elettorale, sono arbitri assoluti di due terzi della rappresentanza comunale, le camorre non si sradicheranno così facilmente.
Anche col suffragio universale potranno andare al potere cattive amministrazioni, ma queste, conosciute alla prova dei fatti, saranno anche spazzate via.
Fino ad ora di riforma elettorale nei comuni non s’è voluto sentir parlare dai nobili e dai privilegiati che dirigono la provincia, e i due municipi di Trento e di Rovereto, che, sotto la pressione dei socialisti, votarono delle riforme ai loro statuti, si guardano bene dal premere sui poteri provinciali, per ottenere la necessaria sanzione.
Eppure un deputato di Trento dovrebbe ritenere come massimo onore quello di conseguire che la propria città, (ove oggi è diventata una pena esser eletti dal primo corpo elettorale!) per la prima inauguri un sistema elettorale civile, che sia d’esempio a tutta la regione.
Gli effetti di una nefasta triplice.
Non tutte le questioni che hanno rapporto con la amministrazione provinciale, io ho potuto toccare; tuttavia conviene ch’io — per non abusare della vostra pazienza — sollecitamente concluda.
Uno sguardo generale alla vita economica del nostro paese, non farà che confermarci nelle risultanze emerse dall’esame di singole branche. Sessanta e più anni di sgoverno hanno portato il Trentino al massimo grado di pauperismo. Emigrazione, pellagra e debiti. Ecco quel che oggi abbiamo. I debiti comunali e consorziali del Trentino, sommano in cifra tonda a 24 milioni di corone, di fronte a 14 milioni del Tirolo.
Esaminati anno per anno i bilanci ordinari, si rileva come ogni anno il Trentino paghi parecchie decine di migliaia di corone di più di quel che riceve. A questo proposito fece un esauriente studio il defunto don Salvadori, per gli anni 1897-98-99; ed io, esaminando i bilanci posteriori, sono venuto alle stesse conclusioni. Ma differenze non di decine di miliaia, bensì di centinaia di migliaia si riscontrano nelle spese straordinarie.
Il caso più tipico ci fu offerto nel 1882, allorquando si trattò di dividere i sussidi assegnati pei danneggiamenti delle inondazioni. In allora si stanziarono pel Trentino un milione di fiorini, pel Tirolo 4 milioni e mezzo! Lo stesso governo centrale si oppose a questa divisione leonina!
Questi gli effetti di uno sgoverno, dovuto alla combinazione della nefasta triplice dell’odio di razza, alleato allo spirito settario dei gesuiti e alla boria prepotente dei nobili.
L’autonomia e la riforma elettorale.
Tutto questo mostruoso organismo, deve crollare. Tanta infamia non può più durare. Occorre l’autonomia del Trentino e l’abrogazione di ogni privilegio dei nobili, di clero, di grossi possidenti.
L’autonomia, aspirazione dei padri nostri, deve essere raggiunta, per togliere tutti quei mali economici che io ho cercato descrivervi, per impedire ogni sopraffazione di razza a danno della nostra civiltà, della nostra lingua.
Ma non basta proclamare a parole quest’autonomia; bisogna volerla a fatti; farne sentire la necessità alle masse popolari; combattere per essa senza transazioni, senza tentennamenti. Bisogna volere non l’autonomia pei privilegiati, ma l’autonomia per il popolo tutto. E più facile ne sarà la conquista, se nell’aula dietale di Innsbruck si troveranno di fronte non già i rappresentanti dell’alto clero, dei nobili, della ricchezza, ma quelli del popolo.
La giustizia non potrà venirci dai prelati e dai nobili, da coloro che, concedendo oggi a noi il nostro santo diritto, proclamerebbero la propria condanna. Non potranno essi tollerare che alla loro piramide si tolga una pietra. Altre cento sarebbero destinate a ruinare. Con animo più sereno potranno volere la completa divisione i rappresentanti del popolo; solo ad essi sarà possibile, senza inciampi di pregiudizi di classe o di interesse personale, il proclamare: Pensino gli italiani ai loro interessi, nelle terre italiane; noi vogliamo solo attendere ai nostri nella regione tedesca.
Il compito del deputato socialista.
Autonomia e suffragio universale, devono diventare la parola d’ordine del nostro popolo, a dispetto di coloro, che da questo popolo si tengono lontani e in questi giorni di elezioni ben si guardano dall’illuminarlo.
Questo, o cittadini, è il programma che io con ogni forza vorrò svolgere alla dieta, se sarò eletto. Programma di distruzione prima, di azione poi. Un deputato socialista non può se non fare la funzione della spola di dinamite in mezzo a tanto vecchiume. Dopo si potrà ricostruire e la ricostruzione vorrà dire: «Governo nostro a Trento, in nome del popolo e pel popolo».
Ma comunque abbiano a svolgersi le sorti della lotta elettorale, anche soccombenti, noi socialisti, non ci fiaccheremo, nè cesseremo per questo dalla lotta.
Già vi dissi che non siamo scesi in campo alla caccia dei seggi. Non importa se altri sarà vincitore, ed avrà l’ambizione di vantare una carica, a noi resterà la coscienza di aver adempiuto, con questa campagna elettorale, al dovere civile della franca e libera difesa delle idee nostre.
Io per mio conto, se eletto, vorrò rappresentare gli interessi non soltanto di coloro che, conoscendo il mio programma, mi hanno eletto, ma anche e sopratutto di quelli, che non mi hanno potuto eleggere, perchè privi del diritto di voto.
Trento, 20 febbraio 1908
Questo libro è stato pubblicato in rete dalla Biblioteca Comunale di Trento |