Di alcune monete della zecca di Verona

Giorgio Ciani

1895 Indice:Rivista italiana di numismatica 1895.djvu Rivista italiana di numismatica 1895 Di alcune monete della zecca di Verona Intestazione 27 marzo 2018 75% Da definire

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DI ALCUNE MONETE


DELLA ZECCA DI VERONA




Nel volume IV della Nuova raccolta delle monete e zecche d’Italia Guid’Antonio Zanetti pubblicava le dissertazioni del Dionisi sulla zecca di Verona, coll’aggiunta di frequenti note a schiarimento, o rettifica di qualche giudizio espresso dall’erudito veronese.

D’allora in poi poche furono le monete di questa zecca, che sfuggite alle pazienti ricerche di quell’espertissimo numografo, vennero in luce e rese di pubblica ragione. Ricorderò, fra quelle di cui si hanno i disegni, il denaro di Berengario II, ed il quattrino di Antonio della Scala1, il grosso tirolino dell’epoca degli Scaligeri2 ed il grosso per Verona del conte di Virtù3.

A queste ne aggiungerò qui qualche altra, che non mi occorse di vedere per anco pubblicata.

Una fra le più interessanti sembrami quella, di cui dò il disegno al n. 1 della tavola, proveniente dalla collezione numismatica di Mons. Zanella, passata nel 1881 in proprietà del comune di Trento.

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ANONIMA.

(Fine del Sec. IX, o principio del X).


1. — Arg., Peso millgr. 910.

D/ — + HIXPINOMIN • Є (In Christi nomine). HI in luogo di IN. Punto fra N ed Є. In cerchio: Croce.
R/ — VERO, scritto verticalmente dall’alto in basso, a sinistra N a destra A, e quattro punti disposti simmetricamente nel campo; il tutto in un cerchio. (Concava)
Museo di Trento. Tav. II, n. 1.

Essendo corrosa dall’ossido, tanto che in alcun punti è trapassata da piccoli fori, si può ritenere che originariamente il suo peso dovesse essere maggiore e raggiungesse forse i millgr. 1200.

È dunque un denaro anonimo battuto a Verona che nel diritto ricorda a primo aspetto quelli di Lodovico il Pio (814-840) e di Lotario I (840-855), usciti dalle zecche di Treviso, Venezia, Pavia, Milano e Lucca. Le lettere HI al principio della leggenda vi sembrerebbero messe forse non a caso, ma probabilmente per simulare l’HL del HLOTARIVS e HLODOVICVS che leggesi sugli accennati denari. Nel rovescio poi è uguale ad altro denaro di Verona4, che lo Zanetti attribuì, e parmi giustamente, a Lotario II (947-950).

Giudicando però dall’aspetto generale della moneta crederei di non errare di molto ritenendo che sia stata battuta in sullo scorcio del IX, o in sul principiare del X secolo, essendo che la forma delle lettere, meno dettagliate di quelle che riscontransi sui menzionati denari di Lotario e Lodovico, [p. 79 modifica]accennerebbe ad un’epoca più tarda, e ci avvicinerebbe invece a quella dei denari coniati da Berengario I (888-924) nelle zecche di Milano e di Pavia.

La leggenda: In Christi nomine che ci richiama alla memoria l’invocazione Nel nome di Dio che portano le monete dei Califfi fin dall’VIII e IX secolo, e che qui parrebbe esser stata posta ad antitesi di quella, potrebbe altresì far pensare a un tentativo da parte dei cittadini di Verona per sottrarsi dalla dipendenza dell’impero ad imitazione di quanto sembra aver fatto, benchè in condizioni diverse, Venezia, che battè quel suo denaro col Christe salva Venecias, che dal Papadopoli è ritenuto della seconda metà del secolo IX (855-880)5.

Non avrei argomenti sufficenti per indicare l’avvenimento che può aver dato occasione alla città di Verona per emettere questa moneta, che le notizie a noi giunte di que’ tempi parlano troppo frequentemente di sommosse di popolo, di discordie de’ grandi, e di lotte lunghe e spesso sanguinose fra i pretendenti alla corona d’Italia, delle quali fu campo la città stessa di Verona, dove Berengario I cadde miseramente sotto il pugnale dei congiurati.

Comunque sia, scopo principale di queste note si è quello di segnalare l’esistenza di una moneta fin’ora, a quanto credo, sconosciuta, onde possa formare oggetto di studio per chi si accingerà a scrivere la storia della zecca di quella illustre città.

Oltre il denaro di Lotario II, si conoscono i denari dalle due croci di Berengario II6, e di Ottone I7 per Verona, dei quali ultimi si hanno numerose varietà di conio.

[p. 80 modifica]Seguono quindi quelli che il Kunz, ben a ragione, chiama i malagevoli denari dell’epoca degli Enrici, dei quali qui in seguito riporto una breve serie. Alcuni di questi provengono da un ripostiglio venuto in luce nel 1885 a Vadena, nella valle dell’Adige non lungi da Bolzano, il quale componevasi quasi esclusivamente di tali monete, che dicesi fossero in numero di quattro mila, e che a quanto credo, andò in parte disperso8.


CORRADO II.

(1026-1039).


2. — Arg. Peso mill. 450.

D — 9RA iMPERATOR - 9R in nesso. — In cerchio: Croce.
R — + VEAORN scritto da destra a sinistra. — In cerchio: Croce.
Museo di Trento. Tav. II, n. 2.


Questo denaro, mancante di un pezzetto presso all’orlo e alquanto consunto, dovea pesare in origine da 500 a 600 milligr.

I segni che precedono l’INPERATOR, potrebbero lasciare qualche dubbio sulla loro sicura interpretazione. Devo osservare però che la forma della R, quale si scorge in nesso coll’appendice dell’O, si incontra sovente sui denari veronesi di quell’epoca, come si vede chiaramente sui denari figurati ai nn. 8 [p. 81 modifica]e II della tavola. Del resto il rovescio è simile a quello del denaro che il Zanetti attribuì ad Enrico II (I) (1002-1024)9 ed è piano come quello, mentre i denari della zecca di Verona che appartengono verosimilmente ad Enrico III, IV e V sono caucci come le monete dei loro successori fino alla metà circa del XIII secolo, e diversi da questi, di Enrico II e di Corrado II, per la differente disposizione delle lettere del rovescio.

L'assegnerei perciò a Corrado II (1026-1039), del quale, per quanto m'è noto, non si conosceva moneta battuta a Verona.


ENRICO III (1039-1056), ENRICO IV (1056-1106), ENRICO V (1106-1125).


3. — Arg., Peso mill. 550.

D/ — ENR INPERATO — NR e NP in nesso. In cerchio : Croce.
R/ — + VERONA — In cerchio : Croce.
Museo di Trento. Tav. II, n. 3.


4. — Arg., Peso mill. 450.

D/ — HENRICVSRE — Scritto da destra a sinistra - HE in nesso. In cerchio : Croce.
R/ — + VERONA — In cerchio: Croce. (Ripostiglio di Vadena).
Museo di Trento. Tav. II, n. 4.


5. — Arg., Peso mill. 580.

D/ — HENRICVS — In cerchio : Croce.
R/ – + VERONA - c. s.
Museo di Trento. Tav. II, n. 5.

[p. 82 modifica]6. — Arg., Peso mill. 630.

D/ — HENRICVS — Sopra il V un punto. In cerchio: Croce.
R/ – + VERONA - c. s.
Museo di Trento. Tav. II, n. 6.

7. — Arg., Peso mlil. 500.

D/ — HЄNRCVS — Dopo l’R segno arcuato. In cerchio: Croce.
R/ — + VЄRONA — c. s. due segni sopra il V (Ripostiglio di Vadena).
Museo di Trento. Tav. II, n. 7.


8. — Arg., Peso mill. 450.

D/ — HENRICVS — Scritto da destra a sinistra — HE in nesso. In cerchio: Croce.
R/ — + VERONAI — Scritto da destra a sinistra — c. s.
Museo di Trento. Tav. II, n. 8.

9. — Arg., Peso mill. 400.

D/ — HЄNRICVS — Sopra il V un punto. In cerchio: Croce.
R/ — + VЄRONA - c. s. (Ripostiglio di Vadena).
Museo di Trento. Tav. II, n. 9.

10. — Arg., Peso mill. 460.

D/ — HENRICVSHE in nesso. In cerchio: Croce.
R/ — + VERONA — Scritto da destra a sinistra.
Museo di Trento. Tav. II, n. 10.

Tutti questi denari dal n. 3 a 10, sono concavi al rovescio, e rispettivamente convessi nel diritto. Il peso di un denaro di Enrico II (I) del Museo Comunale di Trento è di mill. 630, mentre cento denari simili a quelli riprodotti alla tav. II ai nn. 8, 9 e 10 pesarono in media mill. 456,70. All’assaggio questi ultimi diedero 263 millesimi di fino.

Escluso dunque il II Enrico, sembra che questi informi denari devano appartenere al III, IV, o V imperatore di egual nome.

Verosimilmente i due primi (nn. 3 e 4), dei quali rinvenni un unico esemplare, sono più antichi di [p. 83 modifica]quelli segnati soltanto con HENRICVS, che trovai frequenti, ma troppo spesso sì barbaramente coniati da poterli a stento riconoscere. Non avendo alcun dato per assegnarli piuttosto ad uno che ad altro di quei regnanti, non saprei dare a queste monete una più precisa attribuzione.


FEDERICO I.

(1152-1191).



11. — Arg., Peso min. 410.

D/ — FRIDRICVS — Scritto da destra a sinistra. — Il D formato da un I e . In cerchio: Croce.
R/ — + VERONA - Sotto la crocetta un punto. In cerchio: Croce.
Museo di Trento. Tav. III, n. 11.

È il solo, fra molti denari che ebbi ad esaminare, che rinvenni al nome di un Federico. Essendo esso simile ai denari veronesi degli Enrici e diverso affatto da quelli notoriamente battuti nel secolo XIII, lo assegno senz’altro a Federico Barbarossa.


ENRICO VI (?)

(1191-1197).



12. — Arg., Peso mill. 28.

D/ — HENRICVS (?) – In cerchio: Croce.
R/ — + VERONA (?) – c. s.
Museo di Trento. Tav. II, n. 12.

A complemento della tavola ho voluto dare il disegno di questa monetina, della quale si conserva nel Musco Comunale di Trento un secondo esemplare, di mediocre conservazione e del peso di mill. 330, [p. 84 modifica]alquanto diverso per qualche segno, o lettera premessa a qualche altra.

Nel diritto sembra che porti il nome di un’Enrico; nell’insieme è simile ai denari di Venezia dei dogi Sebastiano Ziani (1172-1178), Orio Malipiero (1178-1192), ed Enrico Dandolo (1192-1205).

Sembra che appartenga a Verona per una certa somiglianza coi denari precedenti degli Enrici, ma io trovo assai oscura, per non dire indecifrabile, la scritta del rovescio. Potrebbe darsi che chi la coniò non si prendesse molta cura per far apparire distintamente il nome della città dove questa monetina veniva battuta. Quei segni del resto potrebbero essere parti di lettera, per errore, o ad arte, trasposte, il che non parmi del tutto inverosimile.

Esaminando difatti i denari veronesi degli Enrici si avverte tosto la singolare varietà di forma della lettera R, qualche volta degenerata in un O con due appendici triangolari, tal’altra in un I con un tratto orizzontale all’estremità superiore ripiegato ad angolo, oppure indicata semplicemente con due linee orizzontali. Nei denari coll’HENRlCVS la R è frequentemente rappresentata da tre segni ben distinti, il primo un’asta verticale, il secondo un C rovescio, o meglio una mezzaluna, il terzo un segno di forma triangolare.

Questa pratica di rappresentare le lettere divise in più parti sembrami sia stata impiegata altresì nel denaro che precedentemente ho attribuito con molta riserva ad Enrico VI, e pare siasi continuata anche per i piccoli e grossi della prima metà del XIII secolo. Queste monete notissime ai raccoglitori portano una scritta che il Dionisi, lo Sperges, il Verci, il Giovanelli ed altri ritenevano doversi [p. 85 modifica]leggere: CI•VI CI•VE o CI•VI CI•EV, e che tentarono di spiegare con molti eruditi ragionamenti10).

Se si esamina però attentamente quelle monete, si vede che esse portano distintamente un F e non già un E, e che il segno di forma triangolare non è certamente un V, e per accertarsene basta fare il confronto col V e coll’E del VERONA della moneta stessa; il C rovescio poi mancante dell’appendice superiore, dopo quanto ho notato a proposito della R sui denari precedenti, parmi che sia la parte curva della R.

Que’ segni, o parti di lettera, furono disposti variamente dallo zecchiere in modo però da ottenere sempre nei quattro spazii fra le braccia della croce una disposizione simmetrica; riuniti e riordinati formano un FR IR, che interpreterei per FREDERICVS IMPERATOR, il nome infine di un imperatore Federico che non può essere che il II.

Che Verona dal 1212-1250 segnasse sulla sua moneta il nome dell’imperatore regnante, come avea praticato in passato, sembrami afiatto conforme all’uso ed al diritto di quei tempi.

Si potrebbe domandare per qual motivo il nome dell’imperatore non sia stato espresso chiaramente su queste monete nel modo stesso usato per il VERONA del rovescio. Alla quale domanda non potrei rispondere se non entrando nel campo troppo incerto delle supposizioni.

Osserverò tuttavia che l’uso di que’ segni, certamente poco noti ai più, era invalso nella zecca di [p. 86 modifica]Verona fino dal secolo precedente per segnare sulle monete il nome dell’imperatore, e ne sono prova le difficili e barbare iscrizioni che si riscontrano sui denari degli Enrici, dei quali diedi qualche esempio.

Sono pur noti i grossi che dalla scala messa in fine alla scritta nìostrano essere stati battuti allorché Verona era soggetta alla signoria degli Scaligeri. Su questi vedesi distintamente, in luogo della F, un E a dinotare l’imperatore Enrico VII (1310-1314), il quale nel 1311 avea conferito a Can Grande (1304-1329) il titolo e l’autorità di Vicario imperiale, e con tale atto avea accresciuta la potenza degli Scaligeri in Verona.

Esistono pure i così detti mediatini, e certi altri piccoli di Verona i quali portano effettivamente CI•VE•CI•VI o CI•VI CI•VI; ma sia perchè il C è chiuso (CI ), come per altri indizi, si avverte tosto esser stati battuti alla fine del XIII, o nel XIV secolo ad imitazione dell’antica moneta veronese, che era ben accetta, ed assai diffusa anche oltre i confini del territorio di Verona, e spettano forse allo stesso Can Grande, che nel 1312 era stato altresì insignito della autorità di Vicario imperiale di Vicenza.

MASSIMILIANO imperatore.

(1509-1516).



13. — Mistura, Peso mill. 720.

D/ — MAXIMILIANVS CAESAR — Busto corazzato e coronato dell’imperatore, volto a sinistra. [p. 87 modifica]
R/ — • S • ZENO • PROTEC • VERONAE — Il santo mitrato, seduto a destra, benedicente, col pastorale e la canna da pescatore col pesce all’amo.
Museo di Trento.

Non ricordo di aver veduta pubblicata fin’ora questa monetina, che è forse un sesino, di cui non fa cenno il Zanetti. Sembra che il conio di questo grazioso nummolo sia lavoro di quel valente artista del quale abbiamo alcune belle monete col busto dello stesso imperatore, battute a Verona nel 1515 e 1516, oggi divenute assai rare.

Nel chiudere questi appunti mi sia lecito rinnovare il voto, altre volte espresso dal Kunz, che qualche erudito rifaccia la storia dell’antica zecca veronese, le cui origini, fin’ora incerte, si vuole risalgano all’epoca dei Longobardi.

Trento, Novembre 1894.

Giorgio Ciani.          


Note

  1. Kunz, in Periodico di Numismatica e Sfragistica. Anno II, fasc. II. Firenze, 1869.
  2. Luschin, in Numism. Zeitschrift. Tav. VIII, n. 10. Vienna, 1869.
  3. Gavazzi, in Rivista di Numism. Italiana. Anno V., fasc. I, 1892.
  4. Zanetti, Op. cit. Tomo IV, tav. IV, n. 15.
  5. Papadopoli, Le monete di Venezia, pag. 22. Venezia, 1893.
  6. Kunz, Loc. cit.
  7. Zanetti, Op. cit. T. IV, tav. IV, n. 16.
  8. " A Vadena nell’autunno del 1885 un lavoratore scavando rinvenne presso un gran sasso un tesoretto composto di circa quattromila denari veronesi, e di due monete spettanti ad un vescovo anonimo della Baviera. Un secondo ripostiglio di 200 simili denari di Verona fu scoperto nel 1887 a Salorno „. Cosi cortesemente mi scrive da Rovereto il Sig. Quintilio Perini.
  9. Zanetti, Op. cit. T. IV, n. 17.
  10. Il Dionisi spiegava quei segni con: Civitas Euganea Civitas Iuris, e Civitas Versa Civitas Victa; il barone Sperges con Civitas Verona, il Verci con Cives Veronenses Civili Victoria (Zanetti Op. cit.); il Conte Giovanelli con Civitatis Veronae Cives Vicani, oppure Civitas Veronae Civitas Vicentiae (Intorno all’antica zecca trentina, pag. 28).
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RIVISTA ITALIANA DI NUMISMATICA

Anno VIII. Tav. II.


GIORGIO CIANI. – Di alcune monete della zecca di Verona.