Grosso inedito di Gian Galeazzo Visconti per Verona
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GROSSO INEDITO
di
GIAN GALEAZZO VISCONTI PER VERONA
Non ricordo bene donde questo pezzo mi sia venuto. È certamente uno dei primi acquisti della mia collezione. Nemmeno mi consta sia stato pubblicato finora1.
Dal metallo che, assaggiato, sembra essere argento puro, e dal peso di due grammi e ventitrè centigrammi lo giudico un grosso.
Salve le varianti indispensabili a qualificare altra città è lo stessissimo di quello descritto nelle Monete di Milano (Gian Galeazzo Visconti, n. 5, tav. VIII, n. 4) che pure possiedo2. Ebbi quindi tutto l’agio di raffrontare i due esemplari. Per meglio spiegarmi riproduco qui le due monete, segnando con n. 1 il grosso veronese, col n. 2 il milanese.
In diritto è la stessa biscia accostata da G Z incorniciata da quattro archetti disposti in croce entro un cordone circolare. In rovescio la medesima figura sedata di vescovo mitrato, nimbato, ammantato, col pastorale nella mano sinistra; solo che lo staffilo, che è nella destra di Sant’Ambrogio, manca (come di ragione) a San Zenone. Nell’una e nell’altra la leggenda consta di venticinque lettere di caratteri identici:
Per Verona + • COMES • VIRTVTVM • D • MLI • VERONE &. C •
Per Milano + • COMES • VIRTVTVM • D • MEDIOLANI • &. C •
Come si vede, soltanto nove lettere vennero scambiate: MLI • VERONE del n. 1 sostituito a MEDIOLANI del n. 2. Nei due rovesci le iscrizioni variano in relazione al soggetto, Milano ha S • AMBROSIV\ MEDIOLAN, e Verona: S • ZENVS (sic) • • VERONA. Essendo questa di dodici lettere e quella di sedici ripartite ia giusta metà ai lati dei Santi, convenne compiere gli spazi con borchie intercalate fra le parole. E lo zecchiere, che non sarà stato un latinista, ed al quale forse il nome di S. Zenone riesciva nuovo pensò bene dargli la desinenza us come per AMBROSIVS. Se l’ortografia ne scapitava, la simmetria e l’uniformità ci avrebbero guadagnato. Probabilmente per ciò, in luogo di DE VERONA, come in tutte le altre monete veronesi dopo il nome del Santo, l’incisore, preoccupato, come pare, della simmetria, pensò bene sopprimere la particella de per far riescire sei lettere por lato di San Zenone, come sono otto per Sant’Ambrogio. O più probabilmente ancora, siccome nelle monete milanesi è scritto sempre MEDIOLANI o MEDIOLANVM e mai DE MEDIOLANO, fu seguito in questa circostanza l’uso milanese anche per Verona.
Ora, sovrapponendo per così dire, diritto a diritto rovescio a rovescio dei due grossi rappresentati nella tavola, vediamo una tale coincidenza in tutti i loro dettagli e specialmente nelle pieghe dei paludamenti pontificali da fare ragionevolmente supporre che gli stessi punzoni abbiano servito per tutt’e due. Nel conio del veronese però il pugno chiuso di S. Ambrogio fu visibilmente ritoccato per farne una palma semiaperta per San Zenone.
La sorprendente rassomiglianza dei due grossi che abbiamo riscontrato, la dicitura insolita per Verona e l’ortografia scorretta del nome di S. Zenone mi inducono a pensare semmai il veronese non sia stato coniato, o fors’anco addirittura battuto in Milano.
Che Giangaleazzo Visconti intendesse uniformare la monetazione pei suoi differenti domini, alla milanese, ne abbiamo altri esempi nei denari di Padova o di Verona fatti sul preciso modello di Milano, e nel soldo descritto nelle Monete di Milano (Gian Galeazzo Visconti n. 10 e 11), simile in tutto ad altro per Verona, nel quale pure le figure dei due Santi diversificano in nulla, nemmeno nelle pieghe dell’abbigliamento; tranne lo staffile in mano di S. Ambrogio e mancante a San Zeno. Dev’essere quindi il medesimo punzone riformato nel conio. — Il Sesino di Milano ha pur esatto riscontro con altro di Verona. Produrrò infine il pegione milanese con croce in diritto e Sant’Ambrogio in rovescio (Gnecchi, 6 7) similissimo al veronese, che come quello ha due varianti: la croce e la biscia precedenti le iscrizioni del diritto. Chi desidera convincersene non ha che consultare il Litta alla famiglia Visconti o il bell’articolo di Adriano de Longpérier apparso nella Revue Numismatique di Parigi anno 1859, sulle monete del conte di Virtù.
Tutto ciò dimostrerebbe la corrispondenza della monetazione del nostro Visconti per Milano e per Verona nel grosso, nel pegione e nei loro spezzati, come è pure di Padova pel denaro. Forse anche, se non tutte, parte delle monete delle città soggette a lui (Siena eccettuata) sarebbero state coniate in luogo con punzoni milanesi, seppure non sono semplicemente un prodotto della zecca di Milano. Ed in questa opinione mi conferma la mancanza di moneta pavese di Giangaleazzo.
Sarebbe però desiderabile trovare qualche documento in appoggio del mio supposto, documento che altri più addentro in queste cose forse conosceranno, e che, se così fosse, farebbero bene rendere di pubblica ragione.
Giuseppe Gavazzi.