Delle strade ferrate italiane e del miglior ordinamento di esse/Discorso Quarto/Capitolo III

Capitolo III

../Capitolo II/ ../Capitolo IV IncludiIntestazione 16 marzo 2012 25% Da definire

Discorso Quarto - Capitolo II Discorso Quarto - Capitolo IV

[p. 405 modifica] [p. 406 modifica]1.° Le spese di costruzione e d’esercizio delle vie ferrate italiane debbono in generale riuscire in ogni parte della Penisola all’incirca uguali, tranne qualche speciale eccezione, neppure da notarsi nell’interesse dell’universale.1

2.° Per questo motivo sarebbe conveniente adottare in tutte le vie ferrate da ordinarsi fra noi una tariffa uniforme, ragguagliata ad una determinata somma per persona, per capo di bestiame, e per peso di merce trasportati lungo esse vie, e ad ogni kilometro percorso,.

3.° Al più ne’ luoghi più difficili, come al passo de’ tunnel e de’ piani inelinati, potrebbe fissarsi una giunta proporzionale di pedaggio, onde compensare la maggiore spesa di cui quelle opere sarebbero state causa.

4.° Certo che sarebbe un grandissimo beneficio per la patria comune l’adottare in ogni provincia o Stato di essi misure, pesi e monete al tutto conformi, e la generale tendenza che notasi a quelli decimali sarebbe certamente occasione molto opportuna d’introdurre siffatto miglioramento. Però, quand’anche la cosa non fosse per ora in ogni Stato praticabile, la desiderata uniformità di tariffa non verrebbe perciò impedita; perocché, sarebbe facilissimo d’applicarla egualmente, mediante ragguaglio di misure, di pesi e di monete d’ogni Stato.

5.° Codesto provvedimento delle tariffe ugnali singolarmente [p. 407 modifica]faciliterebbe i rispettivi cómputi da farsi tra Stato e Stato, e fra strada e strada, de’ quali s′è parlato nel precedente capitolo I.°; ed ai viandanti risulterebbe di gran comodo dover corrispondere sur ogni strada un ugual prezzo.

6.° Questo dovrebbe stabilirsi molto tenue; la sperienza già fatta delle varie tariffe avendo dimostrato che le più discrete son quelle che fruttano prodotti maggiori; perchè chiamano una più grande copia d’avventori.

7.° Una tale avvertenza è tanto più opportuna fra noi, dove ancora pur troppo così poco si pregia l’economia del tempo, e dove cosi’ searse sono le facoltà del maggior numero, che se non si offerisse al volgo un evidente e positivo profitto a servirsi delle nuove vie, esso continuerebbe sicuramente a preferire le antiche, benché lentissime, coi tardi veicoli loro, quando non preferisse ancora percorrerle a piedi.

8.° Nell’ordinare le tariffe importa avvertire di fissare od almeno dichiarare distinti il prezzo del trasporto e quello del pedaggio. Il primo debbe rappresentare il compenso dovuto per la spesa del trasporto medesimo; il secondo il frutto del capitale impiegato nella costruzione; ambo, in oltre, debbono comprendere un discreto profitto da attribuirsi all’impresa nel più, de’ casi. Cotesta divisione del dritto di trasporto da quello di pedaggio è indispensabile per sistemare i rispettivi conti da tenersi fra le varie amministrazioni delle diverse linee, come si è detto al precedènte capitolo 1.°, quando reciprocamente l’una all’altra serve d’aiuto e di concorso. Perocché non é difficile comprendere come in certi casi solo sia dovuto dall’una all’altra linea il rimborso del dritto di trasporto, o quello di pedaggio, od anche amendue: la quale diversa applicazione del rispettivo debito e credito non potrebbe farsi se i due dritti non fossero dapprima interanetite distinti, od almeno riuscirebbe assai più difficile e complicata.

9.° Per le già dette ragioni nessuno scalo italiano avendo vero interesse a far concorrenza pregiudicevole agli altri, tutti dovrebbero interdirsi straordinari ribassi diprezzo nelle rispettive tariffe, senza previo concerto fra le varie amministrazioni,lasciando così [p. 408 modifica]che le distanze diverse e le vane condizioni di luogo, come la rispettiva convenienza muovano gli avventori a preferire l’una o l’altra via.

10.° Si comprende che quest’avvertenza parrà dapprima ad alcune menti, guidate dalle solite grette tendenze di rivalità municipale o, di Stato, strana, per non dir peggio, e verrà perciò molto difficilmente accolta; ma noi, lo ripetiamo ancora, non iscriviamo per promuovere quelle tendenze, che intendiamo anzi combattere colla maggiore efficacia, perchè le crediamo sommamente pregiudicevoli al ben inteso nostro progresso, quindi alla vera nostra prosperità.2 [p. 409 modifica]11.° Crediamo pertanto, che se i governi e le società della Penisola avranno il coraggio di adottare in vece l’opposta liberale tendenza da noi suggerita, tutti vi troveranno, in fin di conto, il vero e durevole vantaggio loro; perocché, se perderanno in gualche caso, nel massimo numero d’essi avranno maggiori profitti, mercè del più naturale e più grande concorso che otterranno dell’universale.

12.° Ammettiamo però dover ciò essere tra’ varii Stati e società affatto reciproco; e quando non si riuscisse ad intendersi, allora soltanto, sebbene a malincuore, riconosciamo potersi in via provvisionale tenere l’altro sistema opposto della concorrente.

13.° Per accennare al sopra indicato da noi creduto utilissimo, scopo d’avere tariffe uguali in tutte le strade ferrate italiane, occorrerebbe un generale convegno de’ governi della Penisola, i quali concordassero tra di loro le tariffe suddette, e ne prescrivessero l’osservanza, sì ai propri agenti, dove le strade sono direttamente amministrate, che alle società, là dove a queste vennero concedute: comminando, in caso di trasgressione, pene adequate contro coloro che contravenissero a siffatto precetto.

14.° Colle precedenti avvertenze riconosciamo di scostarci dalla dottrina della libera ed illimitata concorrenza predicata da molti anni ne’ nostri scritti; ma crediamo doverci a tal atto risolvere per causa d,utilità generale, che vediamo nel ben inteso interesse commune d’avviare alle loro strade più naturali i traffici rispettivi, onde conseguire quel vero vantaggio dell’universale [p. 410 modifica]che tanto preme di ordinare fra noi, al fine costante cui è diretto il nostro assunto di far dell’Italia intera una sola famiglia, quand’anche sia, com’è la Germania, in più Stati divisa.3

15.° Nè crediamo poi cosi difficili ad intendersi i reciproci accordi, purché i governi vogliano sinceramente pattuirli, diretti da liberali tendenze, adessi inspirate dal pieno convincimento della vera rispettiva convenienza che troveranno in fin di conto a cosi operare, onde giugnere a quella fusione d’opinioni e d’interessi italiani, cui ci pare debbano tutti accennare pel fine sopra indicato.

Fin qui dell’ordinamento delle tariffe.

Quanto all’ordinamento delle società intraprenditrici, là dove a queste venne conceduta la costruzione delle strade col successivo esercizio delle medesime, molte sono le regole sì generali che speciali già indicate durante questo nostro discorso; le quali regole si dovrebbero comprendere ne’ rispettivi capitoli d’appalto da stabilirsi.

A scanso d’inutili ripetizioni noi ci asterremo dal qui riepilogarle. [p. 411 modifica]Solo ci ristringeremo a notare, doversi nei detti capitoli prescrivere:4

1.° Aversi ad osservare nella costruzione delle strade, quanto alla direzione loro, forma e solidità delle opere, le norme divisate nel progetto particolareggiato, sì e come fu dall’autorità superiore approvato, nè potervisi fare alcuna benché menoma modificazione, se non precede il consenso dell’autorità suddetta:

2.° Il materiale dell’esercizio dover essere della qualità e nella quantità prescritta dal detto progetto:

3.° Non potersi la strada col predetto materiale usare, se non precede una regolare, esatta e minuta collaudazione d’ogni opera e provvista, previi gli opportuni sperimenti fatti, dagli uffiziali ingegneri a tal fine dal governo delegati.5 [p. 412 modifica]4.° Doversi applicare all’esercizio il numero di uffiziali, ministri ed agenti reputato necessario al sicuro, pronto e regolare corso de’ convogli, fissando le rispettive incumbenze, dritti e doveri di essi in apposito regolamento da approvarsi dall’autorità preallegata:

5.° Essere quegli agenti, ministri ed officiali tenuti osservare le varie cautele politiche, economiche, daziarie di sicusezza ed altre fissate pel sicuro e regolare esercizio dell’impresa, a pena di sottostare a quelle sanzioni che si crederà ovvio stabilire nel regolamento suddetto:

6.° Ancora; essere gli amministratori civilmente tenuti responsali pel fatto degli agenti predetti d’ogni danno derivato a viandanti, al bestiame od alle merci in caso di trascuranza, imprudenza o sopruso, salve inoltre le maggiori pene dalle leggi comminate ove ne sia il caso:

[p. 413 modifica]7.° Doversi fissare per ogni giorno il numero delle corse da farsi da’ convogli; — la velocità minima e massima che dovranno avere; — il tempo medio perciò che dovranno impiegare per ogni kilometro delle varie parti della via da percorrere; — il numero delle persone e del bestiame, come il peso delle merci da condursi con ogni vettura o carro; — - il numero ancora di quelle e di questi da assegnarsi ad ogni locomotiva;,— l’ordine in cui si debbono disporre nella fila del convoglio;— le regole da osservarsi per l’assegnamento de’ posti, il salire e lo scendere da essi, quanto alle persone, il carico e scarico del bestiame e delle merci; — le scritture da farsi e da spedirsi a’ viandanti, e da rimettersi da questi ai conduttori, onde accertare i loro dritti:

8.° Ancora, voglionsi ordinare i provvedimenti da darsi ne’ casi d’impedimento insorto lungo la via per ostacoli o guasti seguiti; — di materiale inservibile; — di aiuto resosi necessario; — di sinistri succeduti, e simili: [p. 414 modifica]9.° Si dovrà pure stabilire un modo facile e pronto di porgere i richiami che taluno credesse aver diritto di fare contro l’amministrazione ed i suoi agenti per inosservanza delle discipline e cautele prescritte, onde tosto conseguire la dovuta indennità:

10.° Nè vuolsi omettete di determinare i dritti competenti all’amministrazione verso i privati, acciò la strada sia di ogni guasto per essi fatto mantenuta illesa; — non possano frapporre ostacolo alcuno, al corso de’ convogli; — ogni viandante che usa d’essi si conformi alle discipline fissate; — i confrontanti alla strada ne rispettin la cinta, le barriere, le difese; — non innalzino che alla prescritta distanza case o edifici; — il tutto sotto pena de’ danni causati, da valutarsi speditamente con regolare contradittorio giudicio.

Tutto ciò relativamente all’ordine da osservarsi nella costruzione e nell’esercizio delle strade concedute a società industriali.

Quanto poi al buon governo interno di queste società, si dovrebbe statuire:

1.° Non potersi alcuna società anonima definitivamente costituire per tali imprese, finché la concessione d’esse sia stata accordata ad alcuni tra i soci fondatori, proponenti la societa6 [p. 415 modifica]2.° Poter bensì costoro pubblicamente richiedere il concorso d’altri soci; ed ottener promesse di azioni, ma queste non essere a modo alcuno trafficabili, sì alle borse, che ne’ banchi pubblici o privati, a pena di nullità d’ogni impegno od obbigo assunto, e d’una multa:

3.° Non essere ammessa l’istituzione d’alcuna azione beneficiaria; bensì concedersi soltanto ai fondatori la facoltà di prelevare dal primo fondo sociale la somma occorrente a rimborsarli delle spese per essi anticipate, onde fondare la società medesima, pagare le spese di concessione e di perizia primitiva:

4.° Fatto codesto stralcio, il fondo versato dai soci all’atto, della prima sottoscrizione loro, aversi a depositare in qualche pubblica cassa; acciò sia garante dell’osservanza de’ fissati patti, finché, avviata a pieno compimento l’opera, possa anche un tal fondo destinarsi al perfezionamento di essa:

5.° Nell’atto della definitiva costituzione della società dover [p. 416 modifica]risultare già versato, come si è detto prima, da ogni, azionista, contemporaneamente alla sottoscrizione di lui, almeno un decimo del valore dell’azione, ed assumer esso, inoltre, l’obbligo di versare gli altri nove decimi a determinate epoche, sotto, pena di decadenza d’ogni diritto, e colla perdita delle somme già pagate, cadenti à profitto della società.

6.° Le azioni definitivamente emesse, si nominative, che al portatore, potersi bensì trafficare direttamente tra i privati, o per ministerio dei pubblici sensali, con remissione effettiva però del titolo dell’azione, non mai mediante i così detti contratti a termine marché à terme), dichiarati proscritti dalla legge si generale di commercio, che speciale dello statuto della società, approvato dall’autorità legislativa; e ciò sotto pena, oltre alla nullità del contratto, di multa, da raddoppiarsi in caso di recidiva, in cui si farebbe anche luogo alla rimozione del sensale, ove questo siavisi ingerito.7 [p. 417 modifica]

7.° La società costituita dover eleggere tra’ suoi azionisti un consiglio direttivo, il quale la governi a norma del proprio [p. 418 modifica]statuto — coltivi ogni suo interesse; — nomini gli ufficiali ed agenti dell'amministrazione; — li rimuova, occorrendo; — devenga ogni anno ad un pubblico rendiconto agli azionisti in convoca generale raccolti; — proponga ad essi i provvedimenti più utili alla società, ed, ottenendoli approvati da essa e dal governo, quelli eseguisca colle prescritte norme.

8.° Ogni atto, si della direzione, che della società, dover avere un’intera pubblicità legale, acciò ciascun interessato possa esserne informato, e reputandosene leso, opporvisi colle formalità da prescriversi, onde emani dall’autorità governativa la determinazione, cui sì gli uni che gli altri dovranno poi uniformarsi:

9.° Finalmente si dovrebbero prescrìvere quelle norme più speciali concernenti alla natura propria della società (che può essere diversa in ragione di tempo, di luogo, fors’anche delle persone che la compongono) che sarebbero reputate più convenienti ai singoli casi.

Segnate le regole più opportune concernenti alle tariffe; — indicate quelle discipline che sono più convenienti relativamente all’ordinamento dell’esercizio, quando questo concedesi a società industriali; — proclamate le norme principali che debbon presiedere alla costituzione ed agli atti di queste: solo ne resta, terminando questa parte del nostro discorso, a dire, che quando l’esercizio vien praticato direttamente dal governo per mezzo dell’azienda cui è affidato, si ritiene ch'essa osservi le stesse avvertenze date rispetto alle tariffe, come riguardo all’ordinamento dell’esercizio medesimo, colla sola differenza, che l' azienda suddetta, in vece d'essere, come la direzione, responsale de' suoi atti verso la società industriale, che non esiste in tal caso, lo è verso l’autorità suprema dello Stato.

Note

  1. Codeste spese, lo ripetiamo ancora, dcbbon essere maggiori in Italia che altrove, per doversi incettare all’estero le principali provviste. — Gli esempi di strade, le quali in tratte brevi costarono meno delle estere, non distruggono il nostro argomento; perchè quelle tratte sono ancora imperfettissime, nè provvedute di tutto l’occorrente materiale. D’altronde il modo in cui alcune furono eseguite richiedendo prossimo rinnovamento (tanto è meno esatto e solido); è da sperare che in un serio ordinamento di vie ferrate fra noi, dato il bando ai periti inetti, si vorran lavori degni de paese, simili agli esteri. Un solo mezzo d’economia abbiamo, e di quello raccomandiamo l’usa dovunque è possibile; vogliam dire il motore idraulico in tutti que’ luoghi in cui può essere impiegato, come ne’ piani inclinati dove occorrono macchine fisse, atteso il risparmio che ne avverrà del combustibile, del quale abbiamo difetto, ed anche pei minori pericoli che presenta del vapore.
  2. «Agli sguardi dell’egoista» dice un elegante e moderno scrittore » (e quando io dico egoista io dico pensator corto), sembra con apparenza di vero, che nelle relazioni sociali non sia profitto per alcuno, che non sia danno per alcun altro. Della società fondamento la proprietà; effetto primo di questa comprare e vendere; dunque divisi gli uomini in compratori e venditori, è necessario che questi scapitino allorché quelli guadagnano. — Vergogna grandissima degli umani ingegni! idee così corte e miserabili ebbero onore di scienza e potenza di legge, finchè la scienza vera dell’umanità fu in fasce, o piuttosto in ceppi e in catene. — Alla economia politica è dato il condannar questi errori, e mostrar con opposta sentenza come nella mescolanza degli interessi non sia per alcun individuo guadagno vero, che non sia guadagno al tempo stesso del corpo intiero sociale. — Fondata su fatti semplici, essa ha men da creare, che da distruggere; ed è ufficio di essa abbattere gl’idoli della nostra mente, idoli dell’ignoranza e dell’interesse, ma di quello stolto interesse privato che si separa dal pubblico; ed a cui non sembra ricchezza quella che si divide coi nostri simili, e che proviene dai loro acquisti. — O mi deludono quei sogni pei quali l’idea del futuro riesce talvolta a consolare del presente, o verrà un tempo, e non è lungi, in cui la politica economia, passando dalle ricerche dei dotti nella persuasione di tutti, non sarà più una scienza, ma un fatto, un gran fatto universale; e spenti gli errori con le generazioni, potranno i nostri nipoti intendere il vero per abitudine, e si maraviglieranno di noi, che lo abbiamo studiato e disputato». (Da una Memoria del signor Gino Capponi, Intorno alcune particolarità della presente economia toscana, letta nell’adunanza del 4 aprile 1824 dell’accademia de’ Georgofili, pubblicata nell’Antologia di Firenze, vol. XIV, e nuovamente con altre dello stesso autore in un opuscolo intitolato: Cinque letture di economia toscana lette nell’Accademia dei dal socio ordinario Gino Capponi. Firenze, presso G. P. Vieusseux, 1845). In quella bella pagina, come in molte altre di quell’opuscolo, l’autore di esso, già così noto pella somma di lui storica dottrina, s’è provato sapiente statista ed economista distinto, ed ha con molta, chiarezza e verità esposti al lettore i princìpi economici più fondati, che molto importa propagare, se vuolsi una volta creata la vera scienza ed applicata agli affari del civile consorzio, per conseguirne gii effetti cui tende la natura progressiva del secol nostro. (Noi credemmo che fosse consentaneo al nostro assunto citare le belle ed autorevoli parole dell’uomo insigne di cui tanto onorasi la Toscana).
  3. Nel tornar più volte ad esprimere cotesta idea, crediamo inutile purgarci dalla taccia che ci si volesse per avventura imputare da coloro che non ci conoscono, di dividere certi sogni di menti esaltate per altra unità politica italiana Estranei a discussioni politiche e di spirito di parte; occupati soltanto di quelle economiche; e d’altronde con mente troppo positiva per lasciarci guidare da astrazioni d’impossibile pratica applicazione noi ragioniamo, prendendo per base la’attuale Stato d’Italia, e ricusiamo qualunque altra interpretazione sotto intesa. Nel fare questa dichiarazione, noi intendiamo di provare le nostre opinioni conservatrici, le quali possono benissimo conciliarsi con quella onesta liberalità che ci vantiamo di professare. Quella e questa sempre concedono di far voti per que’ miglioramenti legali e legittimi che la condizione de’ tempi può richiedere, e che le ottime intenzioni di prìncipi illuminati porgono argomento a sperare. Noi intendiamo perciò di non dare motivo ad alcuno che sia seguace di opinioni estreme in qualsiasi contrario senso, ad averci per ligio alle medesime. Chè anzi pretendiamo di mantenerci in quella indipendenza che è lecita, salvo sempre il dovere, all’uomoo che sopra ogni altra cosa al mondo pregia il giusto e l’onesto, rispettando sempre ogni dritto fondato.
  4. Possono per la compilazione dei capitolati d’appalto consultarsi quelli pattuiti nel regno del Belgio ed in Francia, che si trovano in moltissimi numeri dei due giornali officiali di quegli Stati (Moniteur Belge e Moniteur Universel); come si trovano pure nel giornale francese delle strade ferrate, già citato, e sono da preferire quelli pattuiti più recentemente nel corrente anno 1845 per le ultime concessioni accordate dai due governi.
  5. La provvista del materiale è il punto più arduo dell’impresa. S’essa è dal governo direttamente, assunta, questo non debbe pattuire la provvista medesima, che previo consulto de’ migliori periti sulle forme e qualità più convenienti d’ogni parte del materiale suddetto, ordinando tutte le indagini e gli sperimenti che possono assicurare contro le frodi ed i soprusi cui debbe aspettarsi chiunque sia novizio in qualunque impresa. Se poi questa è conceduta all’industria privata, la società intraprenditrice debbe nel proprio ben inteso interesse usare le stesse avvertenze; ed il governo, per causa specialmente di sicurezza, debbe invigilare acciò le usi, nè per gretto risparmio attuale espongasi a sinistri ed a spese, future anco maggiori. Perocché questa è sempre la conseguenza certissima delle malintese economie d’un primo ordinamento. Contro ad una frode specialmedte si avverta di premunirsi; ed é quella di ricevere materiale usato posto a nuovo, ma già per altre strade impiegato, dove fu poi riformato per introdotti miglioramenti o per altra causa. Cotesta frode in ispecie può tentarsi dagli appaltatori di quelle strade che venissero direttamente od indirettamente a far concorrenza alle nostre, ed approfittassero di periti già da essi impiegati, ed ora da noi consultati sul punto del materiale da acquistare. Il trattare direttamente colle fabbriche più accreditate, dopo aver deciso con piena conoscenza di causa sulle qualità e forme più convenienti, pare lo spediente più cauto. Tra le dette fabbriche, quella di Seraing presso a Liegi, nel Belgio, si raccomanda a noi per convenienze maggiori, sì di qualità egualmente buone, che di prezzi migliori. Dove poi fosse possibile, per la più grande estensione data all’impresa, e per la circostanza d’aver sul luogo ferro e combustibile sufficiente, d’istituire una manifattura d’oggetti di materiale; se il costo può sperarsi non grave, e la qualità presumersi ottima, sarà molto opportunto di farlo, procurando che qualche industriale estero, da alcun speciale favore allettato, venga a creare un tale opificio. Ad ogni modo, non fosse che pei soli ristauri e ricambi, converrà che le imprese sì del governo, che delle società abbiano sul punto della linea, ravvisato più comodo, uno o più di tali opifici, e procurino di farvi educare operai indigeni, collocandovi come apprendisti giovani tolti dai conservatorii od orfanotrofii, o ricevendo quelli che volontari cercassero entrarvi; e ciò, al fine d’aver, col tempo, abili artefici del paese, senza dover, come di presente, far capo dagli stranieri. Un’altra avvertenza ancora raccomandiamo pel materiale, ed è quella di averlo, per quanto occorre, di forma eguale a quella delle strade corrispondenti. Suppongasi, per esempio, la carreggiata o larghezza della strada, colla quale s’avrà corrispondenza, d’una data misura, le sue ruotaie e veicoli d’una data forma; converrà avere ogni cosa uguale nella nuova strada da farsi; eccetto il caso di qualche difetto, che potesse per avventura compromettere la sicurezza. In questo caso, meglio è correre il danno dei necessari travasi delle merci e traslocazione delle persone dall’una all’altra strada, anziché esporsi a’ sinistri. Sul punto della più larga via specialmente ora si va discutendo, come più sicura indubitatamente; epperò in qualche nuova strada della Gran Brettagna venne tal sistema adottato. Quando si tratta di strada che non abbia corrispondenti, lo spediente può essere, quantunque più costoso, adottato; ma se si hanno altre strade corrispondenti, purchè la larghezza della via di queste non offra pericoli, non si debbe esitare ad attenervisi, perchè in difetto si rinuncierebbe al vantaggio grandissimo delle reciproche corrispondenze de' convogli, spiegate possibili al precedente capitolo 1.° Lo stesso dicasi per la forma delle ruotaie e delle locomotive, in certi luoghi mutate, ben inteso che il principio d’imitazione da noi consigliato è ristretto alla necessità di mantenere le corrispondenze possibili, e non esclude però l’adozione di tutti que’ perfezionamenti particolari che si vanno successivamente adottando nelle varie parti del materiale preallegato, ogni qualvolta risultino avverati ottimi. Nel fare questa ed altre digressioni, le quali sembrano più tecniche, che amministrative, noi non abbiamo inteso entrare nell’altrui campo, assumendo le parti di perito. Solo abbiamo riputato opportuno segnare qualche regola e cautela, che l’amministratore e lo speculatore industriale non debbono ignorare per propria norma, lasciata sempre ai periti la piena facoltà di giudizio sulle qualità, sulle forme e sui modi più convenienti dell’ordinamento de’ lavori e delle provviste di materiale.
  6. Dovendosi venire a patti con società industriali, si fa quistìone se convenga di aver per massima di pretenderle composte soltanto di speculatori sudditi, liberi di procurarsi all’estero i capitali che potranno occorrer loro, ma di non ammettere come intervenienti al contratto gli esteri speculatori insieme a quelli indigeni, molto meno d’averli soli a patteggiare. I capitali essendo cosmopoliti, certo è che non debbesi precludere la via a quelli esteri di concorrere nelle divisate imprese, molto meno poi tra noi, dove per la scarsa abbondanza dei capitali medesimi le imprese in discorso sarebbero sempre imperfette. Però non può tacersi un pericolo cui espone talvolta l’intervento degli speculatori esteri. Vogliamo parlare delle complicationi diplomatiche cui possono per avventura esser causa nel caso di sinistri succedenti all’impresa, che cerchi indennità. Se il governo contraente è quello di una grande potenza, la quale possa sempre mantenersi affatto indipendente, il pericolo prealegato non merita alcun riguardo; perocché alle altrui rappresentanze diplomatiche derà liberamente senza essere tenuto a cedere che in quanto può giustizia richiedere. Ma se si tratta d’uno Stato minore, che per altre gravi politiche considerazioni debba usare riguardi, onde mantenersi in ottima relazione con altro Sitato maggiore; allora sicuramente le complicazioni diplomatiche con esso per simil causa potrebbero condurre a sagrifici e ad oneri non sempre dovuti anche in via d’equità. Per dimostrare fondato questo nostro riflesso, non mancherebbero nella Penisola anche recenti esempi. Questi ci conducono a credere preferibile fra noi di patteggiare coi sudditi, salva a questi la facoltà d’aver soci esteri speculatori, con che la società, sempre sia rappresentata dagli indigeni. E quando per ottime condizioni convenisse tuttavia far patti con società interamente composte di forestieri, sarebbe sempre a prudenza conforme di stipulare la rinuncia di esse a qualunque diplomatico intervento, e la ricognizione apposita della competenza de’ tribunali dello Stato, col quale contrattano nel caso di contestazione, onde occorrendo, ciò malgrado, richiami in via diplomatica, sempre sia almeno in dritto lecito di opporre la seguita rinuncia e la riconosciuta giurisdizione; perchè allora men difficile riesce ad uno Stato, anche di minore importanza, difendere le proprie ragioni verso di uno Staio potente ohe volesse soverchiarlo, difendendo i suoi speculatori.
  7. Le restrizioni suggerite al traffico delle azioni sono una necessità non solo morale ed economica, ma di sicurezza della proprietà pubblica e privataa, esposta invece a giunterie. — La gazzetta di Torino, per esempio, dell’8 agosto 1845 contiene alla data di Torino un art.° che smentisce le asserzioni d’una società istituitasi in Londra, col proposto fondo di 75,000,000 di franchi, per far strade ferrate nell’isola di Sardegna. I particolari narrati in quell’articolo mostrano che, proponendo la società e chiamando un acconto agli azionisti, quelli si assicuravano di un buon successo e di protezioni, non mai sognate neppure. Spiegasi nel detto articolo, come abbiamo già detto al capitolo 5.° del discorso precedente, che nell’isola di Sardegna, dove ora si van continuando le strade ordinarie da alcuni anni intraprese, nè il governo ha mai pensato a strade ferrate nè gli è mai pervenuta domanda alcuna di concessione. Ora chiameremo se l’asserzione de’ proponenti la società inglese, su così aperte menzogne fondata, chiedendo a’ creduli azionisti un pagamento a conto, altrimenti possa qualificarsi che come una vera giunteria; poiché si chiede all’altrui fiducia ingannata un danaro, premettendone un impiego assolutamente imponibile. Ancora è noto vendersi a Londra azioni per una pretesa via ferrata tra Verona ed Ancona, della quale non s’ha in Italia il menomo indicio finora, nè si crede che il governo, cui spetta concederla, vi abbia pensato mai. Il Lloyd Austriaco di Trieste del 5 luglio conteneva pure altro esempio di coteste giunterie, derivato forse dalla stessa sorgente, narrandovisi che una compagnia erasi formata a Londra per la costruzione d’una strada ferrata da Trieste a Venezia. Codesto giornale dichiara, nello smentir tale annuncio de’ fogli inglesi, che quella compagnia non ha mai fatto alcuna domanda al governo per ottenere la concessione per ciò necessaria. Il gabinetto di Vienna, d’altronde, non ha l’intenzione, si aggiunge, d’aprir per ora una strada ferrata tra Venezia e Trieste, alcune domande fatte al proposito essendo state depellite. (Gazzetta d’Augusta e Monitore Universale di Francia del 16 luglio 1845 N.° 197). Ancora; nella Gazzetta di Torino del 1° agosto 1845, n.°174, havvi un articolo, estratto pure dalla detta Gazzetta d’Augusta, in cui, sotto la data di Roma del 19 luglio, narrasi che un inglese speculatore (lo stesso che fece proposte reiette a Torino, a Milano ed a Bologna, accolte a Firenze), essendo andato a Roma, onde proporre di far strade ferrate negli Stati pontifici, abbenchè ivi pure ripulso, essendosegli risposto: non pensarsi per ora da quel governo a concessioni, ma quando se ne facessero, volersi a favore de’ sudditi, non di esteri fare, lasciando tuttavia che i sudditi istessi si procurassero poi, se lo voleano, dagli esteri gli occorrenti fondi; non esitò, ciò malgrado, a far pubblicare a Londra dal Times un articolo, che annuncia fermato a Roma con un banchiere e col banco romano un convegno per la società austro-itala-inglese, e chiamarsi, in conseguenza di esso convegno, agli azionisti 2 ghinee cadauno, le quali, ove fossero vendute le 20,000 azioni proposte, dovrebbero comporre le 40.000 ghinee, che s’allegavano doversi sborsar di cauzione; allegazione quella affatto insussistente, nessun convegno essendovi. Arroge che, onde rispondere poi a certo articolo inserito, con sorpresa de’ buoni, nella Gazzetta di Firenze del 9 luglio 1845, N.° 28, a nome di quella società, in cui insinuavansi concerti presi colla società bolognese, l’eminentissimo cardinale Legato permise nella Gazzetta Privilegiata di Bologna l’inserzione d’un articolo di protesta e di dichiarazione; col quale articolo il pubblico è disingannato, che nè con essa società inglese, nè con nessun’altra la società progettata in Bologna mai ebbe alcun patto d’operare d’accordo; che anzi fra le condizioni intese del progetto sociale evvi quella di riservare ai sudditi il concorso alla divisata impresa. Molti altri esempi potrebbero aneora citarsi. Ma i precedenti sembrano dispensare da ulteriori riflessi sulla moralità di tali atti, e provare come i governi prudenti, i quali non vogliono lasciar libero il campo alle speculazioni dell’aggiotaggio, debbono ordinare appunto le suggerite discipline, e ricusare di trattare con sì fatti speculatori, immeritevoli di fiducia.