Delle Antiche carceri di Firenze denominate delle Stinche/Parte prima/Capitolo III

Capitolo III

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CAPITOLO III.

Degli usi, cui vennero destinate queste Carceri. Amministrazione delle medesime.



Sembra che queste Carceri fossero quasi fin dall’epoca della loro costruzione destinate a racchiudere non solo i rei per cause politiche e criminali, ma pur anche i debitori insolventi; poichè si ha dal Manni nelle Veglie piacevoli, che nel 1341 fu quivi carcerato per debito di gabella del vino il Vinattiere Giovanni di Durante; come egualmente per debiti verso alcuni particolari fu nel 1343 carcerato il maldicente poeta Dino di Tura.

In quel tempo, come anche dipoi, erano deputati alla custodia de’ rinchiusi quattro o cinque cittadini popolari e guelfi, i nomi dei quali venivano tratti a sorte dalle borse a quest’effetto destinate, e l’estrazione si faceva alla presenza de’ Priori e del Gonfalonier di Giustizia. Soprattutto dovevano esser tutti uomini da bene e di ottima fama, e venivano chiamati Soprastanti, ed ai medesimi presedeva un capo nominato il Guardiano. Le elemosine, che venivan fatte ai ritenuti, erano amministrate da questo Guardiano, e secondo l’opinione del Manni, sembra che non fossero poche1. [p. 14 modifica]

Dalla citata Rubrica XXIV dello Statuto rilevasi che l’amministrazione di quel luogo doveva essere esattissima2. E siccome la Repubblica Fiorentina si sosteneva per la mercatura, e questa ha la base nella buona fede, non è da maravigliarsi se le sue leggi contro i falliti fossero alquanto severe. La scarsità del vitto non era la sola che affliggesse i miseri carcerati; la strettezza di molte persone insieme riunite, la tetraggine del luogo e l’avvilimento in cui si tenevano, rendevano loro insopportabile la prigionia. Per legge emanata nel 1398 s’introdusse l’uso, che mancando [p. 15 modifica]il Carnefice, potesse esser forzato chiunque de’ detenuti per debito, a farne le veci3. Forse con questa diffamatoria legge volle impedirsi quello che taluni in tempi a noi più vicini operarono, facendosi cioè metter prigioni spontaneamente, affine di trovare caritatevoli persone, che pagassero per loro i debiti veri ed i finti, ovvero quelli fatti e i da farsi4.

Nel 1789 le spese per il mantenimento di queste Prigioni delle Stinche costò al Governo la somma non molto rilevante di lire 43575.

Ma devesi però premettere che fino dal Gennajo del 1780 non istavano più nelle medesime i debitori civili; perciocchè il Granduca Pietro Leopoldo avendo considerato che erano per i falliti troppo rigorose, fece preparare per essi delle convenienti abitazioni presso il Palazzo di Giustizia, e precisamente ov’era in antico il Presbiterio della Parrocchia e Chiesa soppressa di S. Apollinare, (e queste furono chiamate le Stinche nuove), e destinò le vecchie a servire di Ergastolo o luogo di detenzione ad alquanti di coloro che venissero condannati alle galere od alla prigionia6. In questa medesima circostanza il sullodato [p. 16 modifica]Granduca soppresse l’antico Magistrato dei Residenti delle Stinche, componendone un nuovo a suo beneplacito7. Questo venne composto di un Provveditore e due Residenti, eletti da S. A. fra gli Avvocati8. Ultimamente il Magistrato si componeva di un Provveditore scelto fra i Senatori, e di quattro Buonuomini di S. Martino estratti a sorte ogni quattro mesi, tutti con voto. Il Cancelliere e il sotto Cancelliere non aveano più l’obbligo di dare il voto come prima. Contro le deliberazioni del Magistrato non vi era altro rimedio che il ricorso al Principe per mezzo della R. Consulta9.

Più tardi, cioè nel mese di Settembre dell’anno 1803 sotto il governo di Maria Luisa, Regina di Toscana ed Infanta di Spagna, si destinò una parte di [p. 17 modifica]queste Carceri, e precisamente quella che guardava a levante, a servire per i condannati ai lavori pubblici. A tale oggetto, quasi in sull’estremità del lato principale, dalla parte del Canto agli Aranci, fu fatta una porta della forma che noi diciamo a Rimessa10, per la quale uscivano i forzati coi loro carretti quando si portavano a nettare dalle immondezze le pubbliche vie della città di Firenze11.

Questo sistema continuò fino al mese di Marzo dell’anno 1808, nel qual tempo le Stinche ritornarono ai soliti usi primieri; se non che sotto il Governo francese furon pure destinate a racchiudere provvisoriamente quei colpevoli, i quali condannati dalla Corte Criminale di Firenze, stavano quivi aspettando che dalla Corte di Cassazione di Parigi fosse venuta la conferma o la revoca della condanna loro. Quivi egualmente sotto lo stesso Governo francese si rinchiudevano quei disgraziati, che dalla Commission Militare condannati all’ultimo supplizio, attendevano l’ora fatale della loro esecuzione.

Note

  1. Manni, Veglie piacevoli, Vol. II alla Vita di Dino di Tura.
  2. Statuta Popoli et Communis Florentinae publica auctoritate collecta, Tom. I, Friburgi, pag. 38, Rubrica XXIV.
    «De Visitatione Stincarum fienda quolibet mense per Judicem Domini Executoris».
    «Mense quolibet, saltem semel, Judex Domini Executoris ordinamentorum justitiae Civitatis Florentiae, ire debeat ad Stincas Communis Florentiae, et videre et examinare si qua commissa fuerint contra carceratos et ibidem detentos, et si aliquis defectus committeretur per Superstites vel alias personas Stincarum, et in praedictis et omnibus extortionibus et fraudibus quae fierent in Stincis, habeet baliam, potestatem, et auctoritatem etiam contra Superstites, Camerarios, Provisores, et Officiales quoscumque Stincarum, et contra quascumque alias personas, etiam carceratos; et in praedictis et circa praedicta unicuique justitiam ministret. Et quod cognoscere et determinare possit de debitis inter carceratos, debeat etiam saltem quolibet mense semel in praesentia officii DD. Priorum et Vexilliferi justitiae et eorum Collegiorum simul congregatorum dicere et exponere si quos, vel nullos defectus reperierit in Carceribus antedictis, et quod inde fecerit super eisdem; et praedicta omnia facere teneatur sub poena libr. 100 pro qualibet vice, de salario dicti Domini Executoris retinenda».
  3. Lastri, l’Osservator fiorentino, Vol. V, pag. 146.
  4. A questa legge possono anche aver dato luogo gli inconvenienti nati dall’altra, emanata dalla Repubblica nella carestia del 1347, annunziatrice della pestilenza dell’anno seguente. In essa adunque fra le altre cose si prescriveva, che non si potesse carcerare alcuno per un debito che non passasse i cento fiorini, e che si dovessero toglier di carcere tutti i debitori di una somma al di sotto di lire cento.
  5. Prospetto del Governo della Toscana sotto il regno di S. M. l’Imperator Leopoldo II., Firenze 1790, Z.
  6. La semplicità delle leggi, l’esatta e non arbitraria esecuzione delle medesime, ed il giusto equilibrio tra il delitto e la pena, hanno influito ed influiranno sempre sulla morale delle Nazioni. Che orrore, quando si legge (Varchi Storie lib. II) che per aver solamente detto scherzando che Clemente VII non era stato canonicamente eletto (stante non esser di legittimi natali), un ottimo nostro cittadino a ore 18 italiane fosse preso, e alle 22, dopo un tratto di fune, sulla porta del Bargello decapitato! Il prospetto delle assurdità in questo genere, dal primo Potestà di Firenze fino al giorno nel quale l’ottimo Granduca Pietro Leopoldo fece bruciare nel Cortile del Bargello tutti gli strumenti dell’antica barbarie, gli zufoli, i dadi, le sbarre, gli eculei ec., potrebb’essere esteso grandemente; ma l’animo vi repugna, e mi cade di mano la penna.» Lastri l’Osservator fiorentino Vol. V, pag. 108.
  7. Motoproprio de’ 14 Settembre 1779.
  8. Legge de’ 14 Settembre 1779. Quella de’ 22 Aprile 1784 lo soppresse. La Notificazione del 7 Febbrajo 1794 lo ristabilì.
  9. Notificazione del 7 Febbrajo 1794.
  10. Questa porta era stata fatta peraltro qualche mese avanti di collocare i forzati nelle Stinche; e ciò vogliamo avvertire per una maggiore esattezza.
  11. Questi forzati s’impiegarono non solo in scopar le vie della città, ma pur anche in costruire vari edifizi sì pubblici che privati. Il primo lavoro che fecero di questa specie, fu pel Senator Serristori quella lunga terrazza, che dal Ponte alle Grazie, per il muraglione che fa argine al lato sinistro dell’Arno, conduce alla Porta S. Niccolò. Uno degli ultimi fu il riattamento della Porticciuola dell’Arno di contro alla Piazza delle Travi.