Della moneta (1788)/Capitolo XVII
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CAP. XVII.
Valore legale della Moneta.
Cominciando dalla supposizione, che non convenga fabbricare altre monete che di rame, si potrà assumere per elemento della moneta quel più piccolo pezzo di rame che convenga alle più minute spese del popolo, e questo pezzo coniato che sia, si chiamerà denaro. Un pezzo di rame coniato continente dodici volte il peso del denaro si chiamerà soldo. Si faranno altre monete intermedie in proporzione di due, quattro, sei denari, come si crederà meglio. Il rapporto del soldo col denaro sarà così perperpetuamente invariabile, finchè il tutto sarà eguale alla somma delle sue parti. Saranno così le denominazioni perpetuamente inerenti ai pezzi delle monete, e non potranno mai questi pezzi soggiacere a cambiamento alcuno ne’ valori numerarj. Se la nazione non facesse uso d’altre monete che di rame, sarebbe così ogni cosa finita, ed ogni disordine tolto. Ma dovendosi far uso anche di monete straniere d’oro e d’argento, queste si lasceranno alla pienissima libertà del commercio in cui sussisterà la lira ideale, cioè una denominazione significante venti soldi effettivi. In tal guisa fissati una volta dalla comune estimazione i rapporti fra l’oro l’argento e il rame, i valori numerarj delle monete d’oro e d’argento non potranno mutarsi mai più, se non quando mutinsi i reali rapporti fra i metalli, o quelle circostanze che possono accrescere, o diminuire il credito d’alcuna moneta. E siccome questi cambiamenti di rapporti, o di credito mutano i veri reciprochi valori delle monete, come ho mostrato nel Capo 2., così i valori numerarj saranno sempre i medesimi che i valori reali. Essendo illuminato il popolo intorno ai veri rapporti tra i metalli per mezzo della tariffa istruttiva, sarà facilissimo che le monete nobili acquistino quel corso in commercio, che ad esse conviene relativamente alle monete nazionali di rame. Dovendosi pubblicare ogni anno la tariffa istruttiva, il Principe non avrà più bisogno di fare quella tariffa d’economia privata che ho suggerito nel Capo 6., principalmente pel caso che non s’abbia alcuna moneta nazionale. Essendo fissati i tributi e gli stipendj in lire soldi e denari, ed essendo i soldi e denari monete effettive, e le lire non altro che la somma di venti soldi effettivi, saran benissimo regolate le finanze quando s’accetti ogni moneta e si dispensi dal Principe secondo il rapporto che ha colle monete di rame nazionali. Basterà adunque segnare nella tariffa istruttiva, oltre ciò che si è detto nel Capo 10., ancora il valore numerario che risulta dai rapporti de’ metalli nelle monete nobili straniere, relativamente ai soldi e denari nazionali (il che sarà anche più comodo pel popolo), perchè la quantità reale de’ tributi, e degli stipendj regolata secondo questa tariffa non soggiaccia più ad alcun capriccioso cambiamento. Solo dovrà farsi una legge il Principe d’esser fedelissimo in questa tariffa, nè mai abusarne per esprimere altro valore numerario da quello che richieggono i rapporti veri dei metalli. Basta che abbia sempre presente l’importantissima massima, che meglio è caricare le imposizioni, ogni volta che un pubblico bisogno lo richiegga, che alterare il sistema delle monete.
Se la nazione potrà senza discapito fabbricare monete d’argento e d’oro, i valori legali non saran meno corrispondenti ai valori fisici delle monete. Allora un pezzo d’argento il cui peso, aggiuntavi la spesa della monetazione, sia equivalente a venti monete chiamate soldi, si chiamerà lira, e si faranno scudi per esempio di sei lire, che contengano tanto argento, quanto ve n’è in sei lire effettive, e così i mezzi scudi ec. in proporzione. Un pezzo d’oro che nella comune estimazione, monetato che sia, equivalga a due o tre scudi, si chiamerà doppia, ed avrà perpetuamente il valore di dodici o diciotto lire, e così delle mezze doppie ed altre divisioni.