Della moneta (1788)/Capitolo XVI

Capitolo XVI - Conio delle monete

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Capitolo XVI - Conio delle monete
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CAP. XVI

Conio delle Monete.


N
On è la sola elegante forma che si debba considerare nel conio delle monete, ma altre cose assai più importanti. Si è detto che l’impronto deve garantire il titolo, e per quanto può il peso della moneta. Per ciò ottenere conviene che sia tale l’impronto a non potersi facilmente scancellare o rodere, conviene che le monete siano contornate, perchè corroso essendo il contorno, si vedrà subito che la moneta è consumata, e per conseguenza calante. Ma non potranno le monete esser tutte contornate e insieme eguali di peso, se le lastre metalliche non siano d’una perfettamente uniforme densità1, il che sarà tanto più difficile ad ottenere quanto saranno più sottili le lastre. Per tal cagione io preferirei le lastre meno sottili e [p. 83 modifica]tirati da una massa ben battuta per evitare i vuoti che possono restare nell’interno del metallo. Lascio ai più informati nell’arte prattica della monetazione il suggerire i migliori metodi di coniare le monete, bastandomi aver ricordato che si deve in ciò sempre avere di mira il maggiore risparmio e la migliore riescita, le quali cose non si potranno sperare che dalla prefezione dell’arte monetaria.

Un’altra cosa a considerarsi nel conio delle monete si è la facile distinzione fra le varie specie, la quale si otterrà variando oportunamente l’impronto e la grandezza, ed imprimendo, se sia d’uopo, nella moneta stessa il numero espressivo del suo valore.

Finalmente meritano qualche attenzione le vernici di cui si sogliono intonacare alcune monete. Altre di queste possono essere utili, altre perniciose. Per esempio il secreto che hanno i Veneziani di colorire i loro Zecchini ha forse contribuito moltissimo alla grande riputazione ch’essi hanno in Levante2. In questo caso è evidente [p. 84 modifica]l’utilità di questa vernice quando la spesa non ne assorbisca o superi il profitto. Ma le vernici d’argento che si danno alle monete di rame sono una pura perdita. La moneta non acquista un maggior valore per quella vernice che non le dà mai una bellezza durevole, e la vernice costa alla Zecca. Se si adoperi poi la vernice sopra monete di metallo composto, allora fa il pessimo effetto d’invitare i monetarj falsi a fabbricar monete di titolo molto inferiore ed anche di puro rame, che mediante la vernice saranno ricevute per buone. Ho detto che tali monete di metallo comporto non si devono fabbricare; ma se pure per qualche ragione a me ignota si trovasse ben fatto di fabbricarle, non sarà inutile il presente mio avviso di risparmiar la vernice.


Note

  1. Quando ho ciò scritto io mi credeva che il contorno e l’impronto si facesse alle monete in una sola operazione nel premerle sotto il torchio. Ho saputo poi, che si fa per contornare le monete un’operazione a parte, spedita bensì e di meccanismo ingegnoso, ma che però a me sembra più dispendiosa, che non sarebbe una pressione un poco più gagliarda, qual si richiede per dilatare sotto al torchio la moneta, onde resti insieme anche nel suo contorno improntata.
  2. Pensano alcuni, che il colore dello Zecchino Veneto sia una qualità propria di quell’oro acquistata pel modo particolare di raffinazione usato in Venezia. Ma io ho forti ragioni di dubitare, che questo colore non sia che una vernice, o almeno una superficiale apparenza. Ho avuto alle mani, non è gran tempo, alcuni Zecchini Veneziani di vecchia data, e consunti, talchè calavano fino ai tre o quattro grani. Questi erano assai più pallidi dei Veneziani nuovi, nè avevano più vivace colore che le altre monete d’oro comunemente. In secondo luogo la prova fatta dal Conte Carli di mandare a Venezia a far saggiare due paste, una di Gigliati, l’altra di Zecchini Veneziani, mostra chiaramente, che fusi che sono entrambi, sono indiscernibili, e per conseguenza, che il pregio del colore non è che alla superficie.