Della moneta (1788)/Capitolo XII
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CAP. XII.
Dazj d’introito e d’uscita relativamente alle Monete ed ai Metalli.
Riguardo alle paste metalliche, essendo queste considerate come merci, pare che anche nelle gabelle debbano soggiacere alle comuni leggi del mercimonio. Non è mio affare ragionar qui intorno alle imposizioni; ma a cagione della necessaria influenza che hanno sopra le monete tutte le leggi politiche riguardanti i metalli, osserverò in primo luogo, che il dazio d’uscita per i metalli nobili d’oro e d’argento è affatto superfluo. Non vi è credo Nazione alcuna, ove le miniere d’oro e d’argento non siano un articolo di regalía. Si scavano adunque le miniere, o a spese e profitto del Principe, ovvero a conto de’ particolari padroni de’ fondi, che corrispondono al Principe una determinata porzione del prodotto in pagamento della regalía. Nel primo caso si vede apertamente quanto sia inutile il dazio d’uscita, che il Principe verrebbe a pagare a se stesso. Nel secondo caso tutto il profitto che può sperare il Principe dal dazio d’uscita, lo può avere immediatamente con accrescere la porzione che se gli deve contribuire dagli escavatori delle miniere. Essendo questa maniera più sicura da ogni frode e contrabbando, sarà più sicura ancora la rendita presa dal Principe sulle miniere stesse, che sopra il dazio d’uscita.
Osservo in secondo luogo, che il dazio d’introito per le paste d’oro e d’argento accrescerà nel Paese il loro valore, ed entrando le monete liberamente senza pagar dazio costeran meno, che le paste. Le monete nazionali non si possono sostenere ad un valor maggiore delle forestiere in ragione del fino che contengono. Dunque tutte le monete saranno meno valutate che le paste; dunque si fonderanno dagli artefici piuttosto monete che paste; dunque si estinguerà il profitto del Principe sul dazio dell’introduzione delle paste. Oltreciò giova riflettere che la fusione delle monete è sempre una vera perdita, come sarebbe di colui che facesse rifondere vasellami buoni d’argento per fabbricarne altri simili. Dunque non si deve mai con operazioni politiche promovere la fusione delle monete.
Osservo in terzo luogo, che sono facili i contrabbandi nella introduzione ed estrazione delle paste metalliche, ma più nell’oro che nell’argento a cagione del minor volume. Quindi deve nascere una sensibile, ma assai variabile sproporzione nei valori relativi delle paste d’oro e d’argento, la quale non può a meno d’influire nei rapporti delle monete. Dunque anche per questa ragione non sembra conveniente alcun dazio sopra l’introduzione ed estrazione delle paste d’oro e d’argento.
Osservo finalmente, riguardo alle paste di rame, che l’introduzione o estrazione clandestina delle medesime è più difficile, a cagione del maggior loro volume; che non si fondono mai monete di rame per gli usi fabbrili; che non si richiede nella monetazione che serbinsi i rapporti tra il rame e l’argento con l’ultima precisione, come mostrerò in appresso; che la copia di rame che serve alle arti, è assai maggiore di quella che s’impiega nelle monete; che pochissimo conto fassi delle monete di rame nel commercio esterno, quando non siano alterate di troppo. Per tutte queste cagioni pare che siavi poco male ad assoggettare il rame in pasta alle comuni leggi dei dazi mercimoniali. Pure quando non fossero questi dazj un articolo molto importante, e quando non sianvi forti ragioni a sostenerlo, che io non saprei prevedere, parmi che la semplicità del sistema monetario, la libertà del commercio; e specialmente delle monete, meglio s’ottenga coll’esimere anche il rame da ogni dazio d’introduzione o d’uscita. Saran sempre meglio noti e meno variabili i rapporti fra il rame e l’argento, e non vi sarà pericolo di fare una cattiva monetazione per un errore di calcolo. Ho brevemente accennate qui alcune cose, che meglio si sviluperanno ne’ Capi seguenti.