Della moneta (1788)/Capitolo XI
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Giambattista Vasco - Della moneta (1788)
Capitolo XI - Delle leggi che vietano la fusione delle monete
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CAP. XI.
Delle leggi, che vietano la fusione delle Monete.
L
E monete servono agli usi degli uomini pel metallo onde sono composte, di cui possono far vasellami ed ogn’altro artefatto, e pella forma a cui sono ridotte, mercè della quale rappresentano tutti i generi in commercio. Il valore adunque della moneta risulta dal valor del metallo, e da quello del conio. Ma se le monete non si potessero dagli artefici rifondere, restando allora inutili agli usi fabrili, perderebbero tutto il valore metallico, che vuol dire la principal parte del loro valore. Fingiamo, che la Zecca avesse un segreto per cui le monete dopo esser coniate perdessero ogni fusibilità e duttibilità, chiara cosa è, che divenute inutili agli usi fabrili perderebbero tutto il loro valore metallico, e diverrebbero simili alle monete di carta, cioè confessioni di debito, e non soddisfazione o pegno del medesimo. Per buona sorte le leggi con cui si vieta la fusione delle monete non hanno alcuna forza fisica sopra le medesime, onde restando tuttavia fusibili, a dispetto della legge, le monete sempre si fondono, quando gli Artefici vi hanno profitto. Ma da ciò ben si comprende quanto vana sia e pregiudizievole la legge che vieta di fonder monete. La conseguenza naturale di questa legge, quando pure si potesse farla osservare, sarà ch’esciranno dallo Stato le monete, di cui è vietata la fusione, e insieme tutte quelle arti di gallonieri, di battitori e tiratori d’oro o d’argento, e d’orefici ancora, ogni qualvolta abbisognino monete per materia a tali artisti. I motivi che hanno determinato coloro che hanno progettato simili leggi, credo che non siano stati diversi da quelli per cui si è proibita l’estrazione delle monete, ed avendo di ciò abbastanza ragionato nel Capo antecedente, sarebbe superflua cosa replicar qui gli argomenti che mostrano l’insussistenza di tali motivi. Nel secolo in cui viviamo mi credo dispensato dal confutare la vana opinione di coloro, che pensavano essere ingiuriosa cosa al Principe il mettere nel crucciuolo la sua effigie.