Della imitazione di Cristo (Cesari)/Libro IV/CAPO I

I. Con quanta riverenza si debba ricevere Cristo.

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Tommaso da Kempis - Della imitazione di Cristo (XIV secolo)
Traduzione dal latino di Antonio Cesari (1815)
I. Con quanta riverenza si debba ricevere Cristo.
Libro IV Libro IV - CAPO II
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CAPO I.


Con quanta riverenza si debba ricevere Cristo.


PAROLE DEL DISCEPOLO.


1. Queste sono parole tue, o Cristo Verità eterna, quantunque non dette ad un tempo, nè scritte in uno stesso luogo. Però adunque che sono tue, e sono veraci, pertanto debbono esser tutte da me con fede, e con grato animo ricevute. Elle son tue, che tu le hai pronunziate; ed elle sono altresì mie, che a mia salute le proferisti. Di buon grado adunque io le ricevo dalla tua bocca, acciocchè più saldamente s’imprimano nel cuor mio. Mi allettano parole di tanta pietà, di dolcezza piene e d’amore; ma i peccati miei mi sgomentano, e dal ricevere così grandi misteri ritirami la impura coscienza. la dolcezza delle tue parole mi provoca; ma le troppe mie colpe mi si aggravano addosso.

2. Tu mi comandi, ch’io fidatamente m’accosti a te, s’io voglio [p. 280 modifica]teco aver parte; e che l’alimento mi prenda della immortalità, se desidero di conseguire la vita eterna, e la gloria. Venite, tu dici, a me tutti voi, che siete faticati e gravati, ed io vi allevierò. Oh! amichevoli parole, e dolci alle orecchie d’un peccatore, con le quali tu, Signore Dio mio, il mendico ed il povero inviti alla comunione del tuo santissimo corpo. Ma, deh! Signore, chi mi son io, da presumere di venirti vicino? ecco, tu non capi nelle sfere de’ cieli; e pur dici: Venite a me tutti?

3. Or come mai degnazione così pietosa, e tanto amorevole invito? Come m’attenterò io di venire, che so di non aver bene alcuno, in che possa prender fidanza? come t’introdurrò io in mia casa, che spesso offesi la benignissima tua maestà? Gli Angeli, e gli Arcangeli con vergogna ti stanno davanti, ti temono i Santi ed i giusti; e tu pur dici: Venite a me tutti? Se tu nol dicessi, o Signore, chi il crederebbe vero? e se tu nol comandassi, chi sarebbe colui, che s’arrischiasse d’avvicinartisi?

4. Ecco, Noè uomo giusto nella fabbrica dell’arca durò a lavorare [p. 281 modifica]cent’anni, accioch’egli si salvasse con pochi: e or come potrò io in un’ora apparecchiarmi a ricevere con riverenza il fabbricatore del mondo? Mosè tuo gran servo, e amico speciale d’incorruttibili legni fe l’arca, la quale egli intonicò di purgatissimo oro, per riporvi le tavole della legge: ed io putrida creatura ardirò io di ricevere così a sicurtà te autor della legge, e donator della vita? Salomone sapientissimo Re d’Israello, edificò in sette anni un magnifico tempio a laude del nome tuo, e per otto giorni celebrò la festa della sua dedicazione; sacrificò mille ostie pacifiche; e a suono di trombe, e con cantici solennemente allogò l’arca del patto nel luogo acconciatole. Ed io infelice, io di tutti gli uomini poverissimo, come ti farò luogo nella mia casa, il quale appena una mezz’ora so spendere divotamente? ed, oh! fosse pure, che almeno quasi mezz’ora degnamente il facessi.

5. O Dio mio, quanto coloro s’adoperarono, per piacerti! ahi! quanto è poco quel che fo io. Quanto poco tempo metto in apparecchiarmi alla comunione! Raro è ch’io sia [p. 282 modifica]tutto raccolto, rarissimo che d’ogni distrazione sia libero. E sì certo nella presenza della tua salutare divinità nessuno sconcio pensiero dovrebbe farmisi incontro, nè creatura alcuna tenermi occupato; essendo che non un Angelo, ma il Signore degli Angeli mi conviene albergare.

6. Egli è non pertanto grandissima differenza tra l’Arca del testamento co’ suoi arnesi, e ’l tuo purissimo corpo con le ineffabili sue virtù: tra que’ sacrifizi legali figurativi degli avvenire, e la vera vittima del tuo corpo, che di tutti i sacrifizi preteriti è compimento.

7. Or perchè dunque io più non m’accendo nella tua venerabil presenza? perchè con più studiosa sollecitudine non mi dispongo a ricevere il tuo Sacramento, quando quegli antichi santi Patriarchi, e Profeti, anzi Principi e Re, e tutta la loro gente tanto affetto di divozione mostrarono per lo culto di Dio?

8. Danzò il divotissimo Re Davidde di tutta lena dinanzi all’arca di Dio, recandosi a mente i benefizi fatti un tempo a’ suoi Padri. Ordinò strumenti d’ogni maniera, compose salmi, e [p. 283 modifica]comandò che fossero festevolmente cantati; cantò egli medesimo spesse volte a suono di cetera, mosso e inspirato dallo Spirito Santo; ammaestrò il popolo d’Israello a lodar Dio con tutto l’affetto, e in consonanza di voci benedirlo, e magnificarlo ogni giorno. Or se tanto religiosa festa allora si celebrò, e sì lieta rammemorazione si fece delle lodi divine dinanzi all’arca del testamento, quale si vuole adesso da me, e da tutto il popolo cristiano aver riverenza, e divozione dinanzi al Sacramento, nella comunione del preziosissimo corpo di Cristo?

9. Molti concorrono a diversi paesi, a visitar le reliquie de’ Santi; e si maravigliano in ascoltando le loro geste; e le eccelse fabbriche ammirano de’ loro templi, e baciano le loro ossa ravvolte nella seta, e nell’oro. Ed ecco, che tu a me sei presente qui nell’altare, o Dio mio, santo de’ Santi, creatore degli uomini, e Signore degli Angeli. Ma a vedere sì fatte cose sono mossi gli uomini le più volte da curiosità, e dalla novità delle cose che ivi si veggono, e picciolo frutto se ne riporta per essi di [p. 284 modifica]emendazione; massimamente dove è così sfaccendato discorrimento, che non lascia aver contrizione verace. Ma qui nel Sacramento dell’altare tutto intero sei tu presente, Dio mio ed uomo, Cristo Gesù; dove abbondevole frutto si coglie d’eterna vita, qualunque volta tu sii degnamente, e con pietà ricevuto. A questo poi leggerezza alcuna non è che ci tragga, nè curiosità o vaghezza de’ sensi, ma ferma fede, speranza divota, ed amore sincero.

10. O Dio invisibile, creatore del mondo, come adoperi tu maravigliosamente con noi! in qual dolce e graziosa maniera tu usi co’ tuoi eletti! Conciossiachè ciò trapassa ogni umano intendimento, ciò singolarmente rapisce i cuori de’ buoni, e gli accende ad amare. Imperocchè eglino, i veri fedeli tuoi, che in tutta la vita loro si studiano ad emendare se stessi, da questo degnissimo Sacramento ritraggono grazia di gran divozione, e stimolo di virtù.

11. O ammirabile grazia del Sacramento, a tutto altri nascosta, fuor solamente a’ fedeli di Cristo; essendochè gl’infedeli, e que’ che sono [p. 285 modifica]schiavi del peccato, non possono sperimentarla. In questo Sacramento si comunica la grazia spirituale, e si ristora nell’anima la perduta virtù, e la bellezza guasta per lo peccato ritorna. Anzi cotesta grazia è alcuna volta sì grande, che pel soverchio della divozione comunicata, non pur la mente, ma e il corpo infermo si sentano aggiunte forze maggiori.

12. Egli è impertanto assai da dolersi e da compiangere tanta tepidità, e negligenza; che con più acceso affetto noi non siamo tirati alla comunione di Cristo, nel quale tutto è rposto il merito, e la speranza di quelli, che debbon esser salvati. Essendo che esso è nostra santificazione, e redenzione, esso consolazione de’ viatori, e godimento eterno de’ Santi. È dunque da prender di ciò gran dolore, che ci sieno parecchi i quali sì poco dien mente a questo salutevol mistero, che letifica il cielo e tutto quanto il mondo mantiene. Ahi, cecità e durezza del cuore umano! che non bada più avanti a sì ineffabile dono; anzi per lo usarlo continuo, si lascia trascorrere persino a niente avvertirlo. [p. 286 modifica]

13. Imperciocchè se questo santissimo Sacramento pure in un luogo si celebrasse, e solo da un Sacerdote in tutto il mondo si consecrasse, con quanto affetto, credi tu a sì fatto luogo, e a tal Sacerdote di Dio, si condurrebbero gli uomini, a veder celebrarsi i divini misteri? Or eglino son ordinati assai Sacerdoti, e in molti luoghi è offerto Cristo, a farne vie meglio conoscere la maggior grazia ed amore di Dio agli uomini, quanto è la sacra comunione più largamente per tutto il mondo diffusa. Grazie a te, buon Gesù, eterno pastore, il quale degnasti noi poveri ed esuli del tuo corpo e sangue prezioso riconfortare; e a dover partecipare di questi misteri, invitarci tu stesso con l’esortamento della tua bocca, dicendo; Venite a me tutti voi, che siete affaticati e gravati, ed io vi allevierò.