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280 | libro iv. |
co aver parte; e che l’alimento mi prenda della immortalità, se desidero di conseguire la vita eterna, e la gloria. Venite, tu dici, a me tutti voi, che siete faticati e gravati, ed io vi allevierò. Oh! amichevoli parole, e dolci alle orecchie d’un peccatore, con le quali tu, Signore Dio mio, il mendico ed il povero inviti alla comunione del tuo santissimo corpo. Ma, deh! Signore, chi mi son io, da presumere di venirti vicino? ecco, tu non capi nelle sfere de’ cieli; e pur dici: Venite a me tutti?
3. Or come mai degnazione così pietosa, e tanto amorevole invito? Come m’attenterò io di venire, che so di non aver bene alcuno, in che possa prender fidanza? come t’introdurrò io in mia casa, che spesso offesi la benignissima tua maestà? Gli Angeli, e gli Arcangeli con vergogna ti stanno davanti, ti temono i Santi ed i giusti; e tu pur dici: Venite a me tutti? Se tu nol dicessi, o Signore, chi il crederebbe vero? e se tu nol comandassi, chi sarebbe colui, che s’arrischiasse d’avvicinartisi?
4. Ecco, Noè uomo giusto nella fabbrica dell’arca durò a lavorare