Della architettura della pittura e della statua/Della architettura/Libro settimo – Cap. XVI

Libro settimo – Cap. XVI

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De segni posti per memoria de le gran cose fatte publicamente, et in esse espeditioni de le guerre, et nelle vittorie ancora, da Romeni et Greci.

cap. xvi.


I
O vengo ora a trattare de le cose, che si pongono per memoria et segno de le vittorie, et per diletto d’animo mi piace in questo luogo esser alquanto più piacevole, che io non sono stato in nessun altro luogo; mentre che tutto il parlar nostro si rivolterà circa le misure et circa i numeri: ma sarò quanto io potrò nel dire corto et breve. I nostri passati mentre che superati gli inimici cercavano con le forze et con le virtù loro di allargare i confini del loro [p. 185 modifica]Imperio, collocavano statue et termini, mediante le quali cose dessino inditio di quanto era stato il corso nella lor vittoria, et cosi separavano, et distinguevano le già superate campagne da le altre. Di quì son nate le piramidi, le colonne, et simili altre cose, che servono per segno de le cose passte. Di poi volendo riconoscere Dio per le havute vittorie, consecrarono una parte de la preda alli Dii, diedero in protezione alli Dii le publiche allegrezze, donde ne nacquono gli Altari, le Cappelle, et cosi fatte cose le quali facessero a tal proposito. Deliberarono ancora che e’ fusse bene provedere al nome, et alla posterità, et si affaticarono di contraffare le effigie de gli huomini talmente, che si conoscessino, et che si manifestassino le virtù loro appresso la generatione humana. Di quì andarono ritrovando le spoglie, et le statue, et i titoli, et i trofei; accioche servissino a spandere per il mondo la fama loro. Gli altri discendenti poi non pur solo quelli, che in alcuna cosa hanno giovato alla patria loro; ma i felici et i più fortunati, per quanto egli hanno potuto dimostrarsi, secondo il potere de le loro ricchezze gli sono iti imitando: Ma nel far queste cose diversi diversamente con diversi modi si sono affaticati. Bacco nella fine del suo viaggio nella India pose per suoi termini pietre molto spesse per ordine, et alberi grandissimi con i pedali vestiti di ellera. Vicino a Lisimachia era un grandissimo Altare postovi da gli Argonauti, nel passare che di quivi feciono. Pausania a Hippari sul Mare maggiore collocò un vaso di bronzo grosso sei dita che teneva libbre 225. Alessandro oltre al Mare Oceano vicino al fiume Alceste rizzò dodici Altari di grandissime Pietre riquadrate et vicino al fiume de la Tana cinse tutto lo spatio de li allogiamenti del suo essercito di muro, opera di sessanta stadii, cioè miglia sette et mezo. Dario effendosi accampato presso alli Otrisii sul fiume Artesroo comandò a suoi Soldati che ciascuno gittasse in diversi cumuli un sasso l’un sopra l’altro, i quali essendo assaissimi et grandissimi, veduti poi da posteri gli havessino a inducere a maraviglia. Sesostre nel suo guerreggiare honorando coloro, che come huomini valenti se gli contrapponevano, drizzava in loro memoria una colonna, aggiugnendovi con magnificentia i nomi loro, ma svergognava et vituperava coloro, che come vili senza combattere se gli arrendevano, con fare intagliare nelle Pietre, et nelle colonne per tal memoria sessi femminili. Iasone si faceva Tempii a se stesso in tutte quelle regioni, donde ei passava; i quali dicono che furono tutti disfatti da Parmenione, acciò che in que’ luoghi non rimanesse memoria di nome alcuno, salvo che di Alessandro. Queste erano quelle cose, che costoro facevano mentre che combattevano. Ma acquistata la vittoria, et pacificate le cose, cominciarono a far poi quelle altre. Nel Tempio di Pallade Solerte attaccarono sospesi quei ferri de piedi, con i quali furono legati i Lacedemonii. Gli Eviani non solamente salvarono nel Tempio quella Pietra, con la quale il Re Fimio percosse et ammazzò il Re de Machiensi, ma l’adorarono ancora come un Dio. Gli Egineti dedicarono al Tempio i becchi de le Navi predate alli Inimici. Augusto seguendo le pedate di costoro, poi che ebbe superato lo Egitto, fece quattro colonne de becchi de le Navi, le quali dipoi da Domitiano imperatore furono collocate nel Campidoglio. Iulio Cesare ancora ne arrose due a queste, poi che per Mare hebbe superati i Peni, una su la Ringhiera, et l’altra innanzi alla Curia. A che racconterò io in questo luogo le Torri, i Tempii, le Aguglie, le Piramidi, i laberinti, et simili cose? che hanno raccolte gli Historici. Venne certo a tale lo studio di celebrare se stesso con simili opere, che e’ collocarono ancora le Cittadi per tal conto, et gli imposono i loro proprii nomi per essere noti a’ posteri. Alessandro per lasciar gli altri di gran lunga in dietro, oltre a quella Città che e’ fece imponendoli il nome suo proprio, ne fece ancora una, et gl’impose il nome di Bucefalo suo cavallo. Ma a mio giuditio fu più condecente quel che fece Pompeio, il quale havendo messo in rotta [p. 186 modifica]Mitridate, edificò in quel luogo, dove ei lo superò, la Città di Nicopoli nella Armenia minore. Nondimeno e’ pare che Seleuco superasse tutti costoro, perche ad honore de la Moglie fece tre Città dette Apamie. Ad honor de la Madre ne fece cinque Laodicee, et in honor suo ne fece nove Seleucie, et in honor del Padre fece dieci Antiochie. Altri si hanno procacciato nome appresso a posteri non tanto con la grandezza de la spesa, quanto con alcuna nuova inventione. Cesare de le coccole de lo Alloro, che egli portò nel Trionfo, fece seminare una selva, et la consacrò a futuri Trionfi. Appresso ad Ascalo in Syria era un celebrato Tempio, nel quale era collocata la statua di Dercete, che haveva il volto humano, et il restante di pesce, per essersi di quel luogo precipitata nello stagno; et fuvi oltra di questo ordinato che qualunque Syrio gustasse pesce di quel lago, li fusse vietata l’entrata del Tempio, il fuoco, et l’acqua. Appresso al lago de Marsi i Mutinii popoli finsono Medea ammazzaserpenti, secondo l’effigie d’un serpente; perche con lo aiuto suo si liberarono da la ingiuria de serpenti. Simile a queste cose fu la Hydra di Hercole, la Vacca, la Fiera Lernea, et l’altre cose che gli antichi Poeti dipinsono ne loro versi: le quali inventioni molto mi piacciono, pur che elle habbino rinchiuso in se un certo che di virtuoso, tal come è quel che fu sculpito al sepolcro di Symandio; percioche e’ vi è scolpito un Giudice con alcuni de magistrati principali, vestiti a guisa di Sacerdoti, dal collo de quali stà pendente al petto la verità, che con gli occhi chiusi accenna, et nel mezo vi è un monte di libri, et uno Epitaffio che dice: Questi sono i veri medicamenti dell’animo. Ma l’usanza de le statue fu la più egregia di tutte, conciosia ch’elle sono buone per adornare gli edificii sacri, et i secolari, et i publici et i privati; et serbano con loro una rimembranza maravigliosa et de gli huomini, et de le cose. Et certamente che e’ dicono che e’ fu di grandissimo ingegno chi trovò le statue, et che le nacquono insieme con la Religione; et tengon per cosa certa che gli inventori delle statue fussino i Toscani. Altri credono che i Telchinii Rodiani fussino i primi che fabbricassino statue delli Dii, et scrivono ch’elle erano solite con le loro magiche religioni far tornare i nugoli, et le pioggie, et cose simili, et mutarli secondo che più piaceva loro in varie forme d’animali. Infra i Greci fu il primo Cadmo figliuolo di Agenore che consecrasse nel Tempio le slatue de gli Dii. Troviamo in Aristotile che le prime statue che furono collocate su la piazza di Athene, furono in honore di Hermodoro, et di Aristogitone, per essere stati i primi a liberar la Città da la Tirannide. Et Arriano historico racconta che queste stesse statue furono di Susa (dove già Serse l’haveva trasportate) ricondotte in Athene da Alessandro. In Roma fu tanta gran moltitudine di statue, che e’ si diceva che e’ vi era un’altro popolo di marmo. Rapsinate antichissimo Re di Egitto rizzò statue di Pietra a Vulcano alte braccia diciotto et tre quarti. Sesostre Egittio fece una statua per sè, et una per la Moglie alte braccia ventiquattro. Amasi appresso a Menfi collocò una statua a sedere, la grandezza de la quale era quarantasette piedi, cioè braccia ventitre et mezo, et nella sua basa ve ne era due altre alte venti piedi. Al sepolcro di Simandio vi erano tre statue di Giove di mano di Memnone, opera miracolosa, intagliate in una pietra d’un pezzo solo; una de le quali sedendo era tanto grande, che il piede suo era più di braccia cinque, et un quarto, et oltre alla arte del Maestro, et alla grandezza di si gran Pietra, era cosa maravigliosa, che in si gran Pietra non era ne un pelo, ne una macchia. Et non trovando di poi i posteri saldezza nè grandezza di Pietre secondo quelle grandezze che cercavano di voler fare le statue, cominciarono a farle di bronzo di cento cubiti: ma oltre alle altre cose, mancando a Semiramis una Pietra di quella grandezza che ella desiderava, et havendo in animo di fare qualche cosa molto maggiore che non si potesse fare di bronzo vicino al monte di Media, che si chiama Bagistano, fece sculpire la sua propia immagine in [p. 187 modifica]una Pietra di diciasette stadii, cioè miglia due et un’ottavo, alla quale sacrificassino con alcuni doni, cento huomini. Io non penso che sia da lasciare indietro quel che dice Diodoro de le statue, cioè che gli statuarii di Egitto erano soliti di essere tanto eccellenti con l’arte et con lo ingegno loro, che e’ facevano una statua d’un corpo di varie Pietre lavorate in diversi luoghi con le commettiture de le parti talmente finite, che le parevano fatte in un medesimo luogo, et da un medesimo Maestro; et con cosi miracoloso artificio dicono che fu fatta quella celebratissima statua d’Apolline Pithio appresso a Samii: la metà della quale fu fatta da Telesio, et l’altra metà finì Teodoro in Efeso. Queste cose ho io dette per dilettatione de gli animi: le quali se bene fanno molto a proposito, io vorrei non dimeno che elle si fussino racconte come accattate in presto dal libro che segue, nel quale tratteremo de le memorie de privati, alla qual cosa queste si aspettavano. Percioche non si lasciando i privati cosi facilmente superare da Principi in quanto alla grandezza delle spese, et ardendo di desiderio de la gloria, et desiderando, per quanto e’ potessero, di spandere la fama, del nome loro; non perdonarono però (persino a quanto poterono) a spesa alcuna, et con ogni loro studio preoccuparono tutto quello che potesse et l’arte, et la forza de gli ingegni, et de Maestri. Contendendosi adunque et di disegno, et di convenientia di lavori, di essere uguali a’ Re, ottennero secondo me di non gli essere in tal caso molto inferiori. Et però riserbinsi nel libro, che viene. Et prometto questo, che si fatte cose arrecheranno quando saranno lette, ad altrui piacere: ma non lasciamo qui indietro quel che fa a nostro proposito.