Della architettura della pittura e della statua/Della architettura/Libro quinto – Cap. XII

Libro quinto – Cap. XII

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De le Navi, et parti loro; Et de gli Alloggiamenti Maritimi, et loro fortificatione.

cap. xii.


S
Aranno forse alcuni, che negheranno che le Navi sieno alloggiamenti Maritimi, et diranno che usino le Navi, quasi come Liofanti aquatici, reggendoli con i loro freni, et che i Porti sono più tosto alloggiamenti Maritimi, che le Navi. Altri per il contrario diranno che la Nave non è altro, che una certa fortezza che camina. Noi lasceremo in dietro queste cose, et diremo cosi, che due son quelle cose, con le quali questo nostro discorso, et arte de l’edificare, partorisce la salute, et la vittoria, a Capitani de l’Armate per acqua, et a la loro moltitudine. La prima consiste ne l’abbigliare bene i Navilii, la seconda nel fortificare bene i Porti, o vadi tu ad affrontare i nimici, o sia pure l’affrontato. Hanno principalmente per usanza i Navilii di portare te, et le cose tue. Secondariamente che e’ possino guerreggiare senza pericolo. Et i pericoli, o e’ nasceranno da essi Navilii, come che sieno incorporati, et innati in essi, o vero ti averranno di fuori. Quelli di fuori sono gli impeti de venti, il rompere de l’onde, gli scogli, et lo incorrere ne le secche; le quali cose tutte, con l’esperienze de le cose Maritime, et con la cognitione de luoghi, [p. 116 modifica]et de venti, et con la scienza si schiferanno assai per tempo. Ma i pericoli incorporati, et innati in essi Navilii, nasceranno o da disegni, o da legnami. A si fatti difetti ci bisogna provedere. Biasimano tutto il legname atto a fendersi, fragile, gravissimo, et atto a putrefarsi. Antepongono i chiovi, et le spranghe di bronzo, o di rame, a quelle di ferro. Io ho considerato mediante la Nave di Traiano, la quale a giorni passati, mentre che io distendeva le cose che io haveva composte, si cavò del lago de la Riccia, dove ella era stata lasciata, et sommersa sotto l’acque più che mille trecento anni, che il legno del Pino, et de l’Arcipresso, era durato in essa egregiamente; Ella era fatta da lato di fuori di tavole doppie, et impicciate di pece Greca, con pezzami di panni lini, et sopra vi havevano fatta una scorza di piastre di piombo fermandole con chiodi di bronzo. Presono gli antichi Architettori il disegno da fare i Navilii da pesci, et di quella parte che ne pesci è la stiena, ne Navilii se ne servirono per carina, et quel che ne pesci era il capo, ne Navilii fu la prua, et per la coda servì il timone; et in cambio di branche, o di aliette usarono i remi. I Navilii sono di due sorti: o e’ sono da carico, o pure da scorrere: i Navilii lunghi gioveranno molto a lo scorrere la Marina, et massimo per diritto; i corti ubbidiranno più al timone. Non vorrei che le Navi da carico fussino manco lunghe, che per le tre volte de la loro larghezza, nè quelle da scorrere fussino più lunghe, che per le nove. Noi habbiamo trattato lungamente in altro luogo de modi de le Navi in quel libro che è intitolato il libro de le Navi: ma in questo luogo ne habbiamo detto quel tanto che ci bisogna. Le parti de Navilii sono queste, la carina, la poppa, et la prua, et i fianchi da amendue le bande; aggiugnici se ti piace, la vela, il timone, et l’altre cose, che appartengono al corso: il vano de la Nave sosterrà al tanto peso de le postevi robe, quanto sarà il peso de l’acqua di che ella si potesse empiere sino in sommo. La carina bisogna che sia piana, tutte l’altre cose si assetteranno a guisa di gomito con linee torte. Quanto la carina sarà più larga, tanto più reggerà pesi maggiori, ma sarà a lo scorrere più tarda; la carina stretta, et ridotta, sarà più veloce, ma se tu non la empierai di zavorra, vacillerà in quà, et in là. La carina larga ne luoghi non fondi sarà più atta, ma la stretta in alto Mare sarà più sicura: I fianchi, et la prua rilevati, et esposti al franger de l’onde, saranno ostinati, ma sono superati da venti più gravi: la punta de la prua quanto più sarà acuta, tanto più sarà il Navilio atto, et pronto al correre: Et la poppa quanto più sarà sottile, tanto più terrà il diritto ne cominciati solchi marini. Bisogna che gli scudi de la Nave, et i petti sieno gagliardissimi, et alquanto più pronti, accioche per lo sforzo de le vele, et per lo spignere, et per l’impeto de remi, fendino l’onde; sotto poi verso la poppa sia la Nave più sottile, accioche quasi spontaneamente con un fuggire lubrico, voli via. Il numero de timoni accresce fermezza a le Navi, ma le fa manco veloci. La medesima lunghezza sarà quella de gli Alberi, et quella de le Navi. Lascinsi indietro l’altre cose minute che fanno di bisogno et a l’uso de le Navi, et a l’uso de la guerra, come sono i remi, le ancore, le funi, i becchi de Navilii, le torri, i ponti, et altre simili minuzie, et faccia questo a nostro proposito, cioè che le travi, et le piane, che pendono da le sponde, et da i fianchi, et che sportano fuori de becchi de le Navi, servono per fortificamento contro gl’impeti de nimici; le travi ancora ritte in luoghi di torri; le antenne, et le scafe, o gaggie ritte su le antenne, sono molto a proposito in cambio di ponti. Gli Antichi usarono mettere su le prue quelle macchine da guerra che e’ chiamavano corvi: i nostri ne la prua, et ne la poppa a lato a gli Alberi hanno imparato a rizzare torri, et a porvi pannacci grossi, et funi, et sachi, et altre cose simili, che servino per steccato, et difensione, et impararono diligentemente a vietare la salita a que’ che montavano a la volta loro su per le funi, con mettervi sopra una [p. 117 modifica]rete. Et noi altrove pensammo, et descrivemmo in che modo i tavolati de le Navi, su per i quali si cammina, si potessino in un momento nel mezo del combattere empiere per tutto di pungentissime punte, spesse, et ritte; di maniera che il nimico non vi possa muovere sopra punto il piede, senza rimanerne ferito; et per il contrario quando bisognasse, in manco spatio di tempo, come si potesse levar via qual si voglia si fatta offensione: Ma non è quì luogo da volerle riandare, basta che io ne ho voluto avertire i buoni ingegni. Oltra questo trovai uno modo con il quale io potevo con uno leggier colpo di martello, mandar sozzopra tutti i tavolati, et tutta la moltitudine, che vi fusse salita sopra. Et di poi in un subito con poca fatica rimettere in assetto il tutto, secondo il bisogno. Ne è da raccontare quelle cose, che io andai investigando per affondare, et abbrucciare le Navi de nimici, et per mandare male, et ammazzare con morte miserabile, la ciurma Navale. Di esse se ne parlerà forse altrove. Ma non si lasci in dietro questo, che e’ non si aspetta la medesima lunghezza, altezza, et grandezza di Navilii in tutti i luoghi. Nel Mare maggiore infra gli stretti de le Isole, i Navilii che hanno le carine larghe, de quali non puoi fare a tuo modo se non con gran numero d’huomini, la fanno male, quando i venti sono punto gagliardi più che il dovere: Per il contrario a le colonne d’Hercole dove il Mare si allarga, i Navilii che hanno le carine strette, vi si sommergono. Appartiensi ancora a le cose Navali difendere il Porto, o impedirlo. Questo ci verrà fatto commodissimamente, con havere affondata qualche grandissima macchina, et con havere fatto attraverso o argini, o postevi catene, o altre simili cose, de le quali trattammo nel libro di sopra: Ficchinvisi pali, gettinvisi impedimenti di sassi, oltra di questo vi si affondino casse di tavoli, et ceste di vimini, et cose vote simili, piene di cose gravi. Ma se la natura del luogo, o la grandezza de la spesa non comportasse questo, come verbi gratia, se vi fusse, una fanghiglia che si movesse sempre, o una altezza troppo profonda, farai in questo modo: messi dogli per ordine, o congiunti insieme, adattavi travi, et piane per il diritto, et per il traverso, collocandole l’una a traverso de l’altra, aggiugnivi che da foderi de le travate sportino verso i nimici puntoni, et becchi grandissimamente apuntati, et pali con le punte di ferro, quali chiamano paloni ferrati, accioche alcuna Nave de nimici spalmata, non ardisca venire ad affrontare il luogo a piene vele, o a trapassarlo. Copri i foderi da la violenza de fuochi con terra, et ponvi attorno per steccato, graticci, et parapetti di legname grosso, favvi in luoghi commodi di torri di legname, et fermale con assai Ancore in luoghi stabili contro l’impeto de le onde, et nascosi a nimici. Gioverà condurre tal lavoro a onde, voltando l’arco verso l’onde, accioche egli più facilmente le sopporti, et habbino le Ancore manco bisogno de lo aiuto di fuori. Et di loro sia detto a bastanza.