Dell'entusiasmo delle belle arti/Parte II/Trasfusi
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TRASFUSI.
I Genj infine comunicano la passione anche ad altrui per 1’entusiasmo di quella, che senleggendoli, e spesso di noi si verifica: il j pietoso pastor pianse al suo pianto. Bisogna tosto o tardi lasciarci rapire, e seguitarli ove.
vogliano, e spesso il lor parere trionfa, le lor decisioni sono accettate; già non perché sempre convincano, ma perchè ne seducono, ed anche nel falso, siccome, parliti che sono, si scopre, esaminando tra noi chiaramente la cosa. Nei consigli delle città, nei senati delle repubbliche, e sin nelle consulte dei re sono pericolosi, quando prendono un falso assunto, e l’ardor li trasporta; essendo in tutti gli ascoltatori e lettori qualche disdersi del loro fuoco, e sopra tutto i loro simili per entusiasmo, ne’quali quel fuocoappiccandosi diviene un incendio. Mirabif poeta e oratore di divenir un altro, di porsi in luogo d’altrui, prendendo l’indole, l’interesse, il linguaggio loro come più non fosse desso ma un altro! Qual finezza d’organi dilicati, qual fuoco d’anima attiva e passionata, qual pieghevol cuore, e felice natura è /a sua, onde l’anime tutte investa, e tragga a se per gli occhi e gli orecchi, e per certa occulta attrazione, sicché parve ad Orazio, a Tullio, e ad Ovidio una meccanica, e macchinale necessità il far come gli altri nella reciproca nostra armonia ( i ). E son tanto congiunte in verità la passione, e la sua comunicazione, che paiono una sola cosa, ed inutile ne parrebbe la distinzione fatta da noi. Pur vedrassi, che son separate tra ( t ) U: ridentibus arrident, it a flentibur edflent Human; vultus. Lucret.
Dum spi&ant oculi lasos, Uduntur & ipsi, Ovid. Amor. lib. 2.
Ut umnzs mot us quo? orator adkiben volet... nsque ad mtsericordiam udducitur r nisi ci tu signa dotoris tui verbis, senterttiis, vocc, vultu, collacrimatione di’uquJ estenderts. Cic. 2. de Orat.
tra loro, se non altro in ragion di causa, e ti’ effetto, e in ogni caso dee ricordarsi il legame e consorzio di tutti gl’altri, comedi questi due attributi dell’entusiasmo; onde meno esaminare severamente la nostra logica, e con più condiscendenza incontrar siiniglianze, ripetizioni, ed analogie, che son U consonanze del nostro stromento.
Questa forza di trasfusione, e di attrattiva ognun può ritrovarla, sentendola in se mede, simo al leggere, e all’ascolrare il linguaggio di codeste anime passionate ed ardenti, e la stessa si riconosce potere assaissimo tra lot medesime principalmente. E forse con questo s’intende quel curioso problema, e da molti agitato: perchè ad un tempo si trovino tanti grand’uomini, ed eccellenti nelle arti, come tanti se ne troyarono ne’quattro secoli perciò famosi di Alessandro, d’Atigusto de’Medici, e di Luigi XIV.; al che risponderei, non è che allor nascano tutti insieme, come alcun crede, per accidente, o per un influsso della natura, ma è, che allor si risvegliano, incontratisi, e si attraggono insieme, e i primi danno eccitamento ai secondi j que-questi destan 1’ emulazione in altri, tutti si «Janno a gara occasione ed esempio; egli è infine l’entusiasmo, che trasfondici per molti mezzi dagli uni agli altri. Così Taltro quisito pure sciogliesi, onde venga, che allora molti sono abili in moire arti ciascuno, e in più professioni, come nel cinquecento stupendamente è accaduto, (1) quando uno appena in altri, tempi ritrovasi per ciascuna.
Ciò ’e, perchè quanti han quell’ anima bea disposta per entusiasmo alle arti imitatrici, che tra lor fanno vincolo ed unione per lui, tutti allora se le tramandano, insegnano, e trasfondono tutte a vicenda.
Bisogna in fitti vivere co’gran poeti chi vuol essere gran poeta, co’gran pittori chi gran pittore vuol divenire, e se non è dato riattar co’ vivi, dee trattarsi co’morti, e leggere 1’ opere de’ gran maestri, ed imbeverne P anima, e inebbriarla del loro entusiasmo, che sempre vive, e diffòndesi dai poemi, dai quadri, dalle fabbriche, dalle orazioni fat-, ( 1 ) Nota decima, fatte da lui. Ed è vero perciò, che fucr delle grandi città più rari formansi gli eccellenti artefici, perchè gli esempi, gli eccitamenti * le attrattive vi sono meno frequenti, e men vigorose. E ben può dirsi, che di due ingegni di egual valore, quel che più leggendo, trattando, comunicando più trasse dai migliori autori, e maestri scintille di entusiasmo, quello prevalerà, non essendo alcun da se solo tutto quello, eh’ egli è, fosse pure un Virgilio nascendo, ed un Tullio, ma combinando, accumulando, e trasfondendo in se stesso le idee raccolte da molti, e producendone poi le sue nuove, e ralor più pregiate di quelle.
La storia de’grandi ingegni è la storia delle lettere, e la storia di queste è di quelli non meno la storia: poiché i monumenti di quelle svegliano questi} come Raflàello, e Michelangelo dagli avanzi dissotterrati presero norma, ed ardire, come poeti, ed oratori dalle opere degli antichi, colle quali eccitaronsi, ed infiammaronsi, avendo in fatti regnato la barbarie, sinché non uscirono in luce, e non s’intesero bene. E quelli por «olle loro opere di nuovo assicurano la forili-runa, e 1’ onore delle arti, e delle lettere, la propagano, la diffondono, e sorge un se» colo nuovo. L’entusiasmo ha loro, confidato i! suo sacro fuoco, lo ha nascoso nelle loro opere; e come sempre v’ha degli animi ben disposti, delle bennate indoli, che in lor trovano un bene che cercano, un centro in cui riposano, così mai non periscono i bei monumenti. L’educazione, il cattivo gusto, la depravazione dei secoli non ispegnono mai totalmente quella fiamma celeste, Così nel corrotto seicento Cicerone, e Virgilio, sebbene mal conosciuti, ed intesi, peggio poi anche imitati, pur erano ancor i classici in tutte le scuole, come il furono, e sono tra le nazioni, che non seppero mai ben imitarli. Cosi Dante nel nostro secolo Jilicato, elegante, armonico, c amante di novità tra le critiche giuste del suo poema conserva il credito, e la dignità del suo ingegno, e lutti son salvi calla strage del tempo tra la perdita, o la dimenticanza di tanti fisici, ed aritmetici, e giurisprudenti, de’quali sì pochi l’antichità pot’e trasmettere sino a noi. E ciò perché i ¿cn; conservano, e fanno sentire quelle belle ie passioni, che possono su tutte l’anime ge-i nerose, e portano impressi i lineamenti dell’ entusiasmo penetratore. Non muore mai questo:-2ma occulto di vita, e di sensibilità, ma come il buon grano, poiché fu sepolto nelle opere de1 maestri alcun tempo, germoglia, e ripullula per quel nativo calore interno, che si diffonde, e comunica in altri.
Possono i genj chiamarsi i depositar; de’lé lettere, e delle belle arti per quel loro incanto segreto, che s’insinua ne’ cuori, e sveglia le menti quasi vena d’oro più pura, e perfetta, più;scosa nella miniera tra le stes-i se irruzioni barbariche, nelle pesti dell’ am»; pollosita, del capriccio, della moda, e lontan dalla moltitudine fanno essi come un santuario solingo, e riposto. E può confermarsi tal verità colla storia letteraria di tempi, e di nazioni poco rimote da noi. Avviene talora, che la vanità di dominar coll’ ingegno, e d’aver fama, quando in altri modi non è più conceduta, entra in malnate anime, in ispiriti strani, o mediocri, ma prepotenti nelle loro città per nascita, per autorità, e per credito usurpato. L’adulazione, ne, o il bisogno vanno a fare corteggio.
Molti si lasciano sedurre, abbagliare; ognuno corre alla novità ingannatrice; si fa un gusto tirannico, e falso; l’opinione trionfa, ma viene pei a nausea ben tosto. Il desiderio di pur piacere fa cercare altri gusti, e maniere; molti capricci ne sorgono; T un caccia l’altro; si fa confusione, anarchia, libertinaggio. Qual sarà il liberatore, il Camillo? Sarà appunto uno de’geni, o più d’uno rimasti in disparte. Si traggono fuori gli esemplari eccellenti, i padri delle arti, e la loro possanza si fa sentire con tanta più forza, quanto più nuova, e con quel fascino dolce, e soave, ma in uno efficace, e trionfatore, il fascino della passione, e dell’entusiasmo, a cui’non si può resistere, e che si fa padrone del cuore, e dell’uomo, e del secolo. Qualchesecolo in fatti può dirsi cambiato e trasformato in un altro da un solo genio, o da un’opera sola di alcuno (1). Petrarca fu il fondatore della coltura, e del saper ( i ) Nota undecima per de’suoi tempi, non solo per Ie sue rime, che in fatti divennero l’esemplare di tutta l’Italia, che soia allora sapea, ma per le medaglie, per la latinità, per lo studio delle opere antiche, e pel gusto in tutte le belle’ arti. E per venire a noi più vicino, la scienza cavalleresca del marchese Mafie: gittò a terra i sistemi, e tramutò il pensare degli;, J italiani di molti secoli, essendo quel forse:1 primo libro di quella maniera veduto tra noi, come lo spirito delle leggi dicono aver fatto in Francia lo stesso. Lo stesso effetto producono i geni, e le lor opere, mutando ta lora in peggio i loro tempi, come s’è dett In somma essi son destinati mai sempre a rovesciare, o ad ergere gran monumenti nelle nazioni.
Possono chiamarsi infine per loro gloria i depositari deila virtù. Io li direi volentiet i suoi magistrati per le leggi del cuore, e per l’autorità delle oneste passioni. Troppo sappiamo la strada del vizio, e siamo facilmente avari, iracondi, superbi, e se qualche poeta, pittore sedusse alcuno ( perchè Platone, e non per altra ragione sbandir gli vplle dal-dilla sua repubblica, ii che prova il potere in loro conosciuto da lui di muover gli ani.
mi, e di trasportarli coll’ entusiasmo ) molti più, e i più grandi per ordinario c’innalzano col sublime, e ci affezionano col grande, e col bello della virtù, di cui abbiamo bisogno.
Quanti furono eroi delia patria, dell’ amicizia, della beneficenza a tale scuola, quanti arsero della febbre dell’onore, e della gloria infiammati dall’entusiasmo dell’eloquenza, e della poesia ! Sia pure una illusione, ma è magnifica, è illustre, e trae seco a nobili imprese col cuore più che cento filosofie colla sterile verità. Oh quanto giova imbalsamar gli animi tra le vili passioni oppressi e intristiti colle pitture animate dell’ innocenza campestre, della semplicità pastorale, eppur con quelle dell1 orrore della perfidia e dalla violenza revocarli alla concordia, cd all’amore dell’umanità! Ciò fanno essi. La giustizia d’ A ristitide, la clemenza di Tito, ia bontà d’Enrico, IV, d’Enea, di Goffredo, i ritratti dell’avaro, del superbo, del prodigo ancor ridendo quante malattie non sanarono ue’ costumi, e de’vizj degli uomini, se poteTomo IV. H va-vano sanarsi, giacche a dir vero ve n’ha molti insanabili ad ogni cura e rimedio !
Ed è forse per questa intima coscienza della virtù, che i genj amano, e rendono cara alle genti, eh’essi spregiano talora i giudizi degli uomini, trovandosi quasi presenti, dice Longino, alla posterità coll’anima consapevole d’una sicura immortalità, e di più.
giusti giudici in tutti i secoli. Questo però’ ù un tardo premio, che loro si rende. In vita loro per ordinario hanno poca fortuna, principalmente per l’invidia de’concorrenti, e per la lentezza, con cui tra gli uomini mosse sempre la verità ( i ). Morti che sono, tace l’invidia, scompariscono i difetti dell’uomo, e viene a luce il vero merito dell’autore, e dell’opere sue. Noi l’abbiamo veduto a quest’ora di molti, che nella gioventù vedemmo perseguitati, ed oppressi. Il mar( i ) Quanti dovrebbono ognor ricordarsi a conforto quell’Urit enim splendore suo qui prngravai artss Infra te positas Horat. Sat, marchese MafFei ogni giorno vien più pregiato.
Ma veramente dovrebbonsi pregiar sempre come coloro, che fanno Ja gloria delle nazioni. Noi non ci diamo pace, che la lor fama sia jposruma,o vada a farsi sentire ai lontani paesi, ed ai tempi avvenire, poiché talora si videro venir gli stranieri cercando d’un udito, che i suoi cittadini conoscevano appena.
Gii esempi non sono rari, che a tal giugne la non curanza verso di loro, che son ridotti o a morir di miseria, o di cordoglio, come del Tasso, e di tanti pittori, e poeti si legge; o furono dall’ ingratitudine umiliati, come per poco avvenne all’’ Ariosto, quando al suo mecenate presentò l’immorrai suo poema; eppur anche fuor di loro opere, ed oltre al valor dell’ ingegno sono uomini per lo più amabili e cari, e naturalmente pacifici, e virtuosi, senza avarizia, ambizione, vii gelosia, e vanità ’(la qual veramente c il rifugio, e la trista consolazione dell’ anime inette ), e la loro bontà giugne a farli aro cor creduli, onde vengon traditi barbaramente, o ridotti a miseria. Ma nulla giova, e già non può sperarsi di mutar corso alie cose; e i pregiudizi, e le viziose passioni domineranno, sinché v? avrà genere umano,.
Ma sarà vero altresì, che le opere a tale impronto coniate, e dall’ entusiasmo, dal grande, dal bello, dal passionato animate vivranno, e dai posteri riceveranno un premio tanto maggiore, quanta fu la sconoscenza de’contemporanei.
Che se ricompensa sì tarda non può consolare un cuor dilicato, ed onesto delle presenti sventure; ciò pruova infine, che tutte Je umane cose son nulla ( i ). Ma se pur fossero qualche cosa, soffrano, dirò loro, i chiari ingegni e benemeriti, a’quali scrivo, e fanno la gloria dell’ età nostra, soffrano come un retaggio di loro condizione, che un ardito scrittore, un insulso poeta abbiano fama, e ristampe, ehe riempia le chiese un jner-.
( i ) Possono i geni più grandi applicarsi a conforto sovente o a disinganno Ntc quid quarti tibi prodest Aerias tentasse domos, animoque profundum Percurrisse polum morituro. Hor. 1.1. Ode ¿8, inetto declamatore, che un pittore mediocre venda i quadri a gran prezzo, che finalmente certi piccoli letterati nelle piccole loro cit.
tà tiranneggino le piccolissime foro accademie, ed alzino tribunale ne’lor circoli strepitosi, che un comico senza sale, un tragico senza passione, un aristarco senza critica faccian molto partito; verrà presto il legittimo giudice spassionato, la posterità, che col tempo cribando ogni cosa, pesando i meriii su giusta bilancia, e per forza del prepotente impulso del bello, deli’ammirabile, del sublime, dell’affettuoso, che tutto vince, e dirada, quando è posto in libertà, darà il suo luogo a ciascuno, consegnerà ì nomi, e P opere de’ mediocri ali’ obblivione, e quei de’ supernamente ispirati, benché un tempo avviliti scrivarà ne’fasti immortali della nazione disingannata, e depositerà nel tempio della gloria e dell’eternità.