Dell'entusiasmo delle belle arti/Parte II/Passionati
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PASSIONATI, Il bello veracemente nella sua più generale significazione, che tutte le doti comprende è quel che fa i genj per le lor’ opere immortali; eppur non’è questo il primario carattere loro, se dal bello escludlam la passione; ina come questa concorre a formarlo, e n’ b la vita e 1* anima, e come a questa concorre egli stesso e la produce, cosìaccoppiansi acconciamente. E che produca il bello una passione nelPanima, ognun lo sa, la qual giugne a tale, come s’è detto, di trasformar in bellezze gli stessi difetti. Che poi la passione sia il primario carattere e fregio del genio, dell’entusiasmo, del bello, basta riflettere, che sono poi le passioni d’Achille, di Didone, d’Orlando, di Tancredi quelle, che fanno immortali i gran poemi, c senza Je quali le più mirabili cose, e più inusitate delle invenzioni poetiche poco avrebbono forse vissuto. I piaceri del cuore son sempre i più cari, e gli uomini avran sempre bisogno d’esser commossi più, che d’essere illuminali,.perchè la noia, ch’è l’ozio de’loro ti è un peso insopportabile della vita, laddove la pura ignoranza può esser forse un riposo. E’ dunque proprio di queste anime il passionarsi. Ognun sa, che Virgilio sente l’amore e la disperazion di Didone, Ariosto è furioso con Orlando, Petrarca piange alla romba di Laura con vere lagrime, che i tragiri empion le scene del lor dolore, gli oratori compungono col lor patetico, e gli storici stessi sono eloquenti, parlando cogli eroi delle loro vittorie, o della lor morte, sicco.
me il gran quadro di Tintoretto e pieno del lutto della crocifissione. L’arte di qualche storico anche moderno ha un certo incanto nel presentare gli avvenimenti, e nell’ intrecciarli, onde punge il timore, e la speranza coll’ impazienza di vedere lo scioglimento, e nel dipignere i gran caratteri, come in gran quadri, spargendoli di passione e di affetto, sicché ti pare esser presente ad una scenica rappresentazione eccellentemente recitata da attori eccellenti. Forse non giova alla storica verità, e noi anch’ oggi poca fede abbiamo a uno storico, che tanto commeve e diletta, come pochissima ne meritò Ti-Tito Livio, e qualch’altro per ciò; sicché quando vogliam sapere il vero, cerchiamo i freddi ed inanimati compilatori; ma giova questo a fir conoscere, quanto debba all’ entusiasmo concorrere la passione in poeti, in oratori, e pittori, poich’ella può tanto negli storici stessi, che sono in un angolo delle belle arti. Aggiugnerò che sin ne’filosofi, che sono fuor del distretto di quelle, allorché sentono la passione, allor anch’ essi provano 1’ entusiasmo, e vanno al sublime, e trovano il bello, e sono eloquenti, pittoreschi, ammirabili. Basterebbe per tutti Platone, se non avessimo a questi giorni assai filosofici libri (se troppi non sono) di questo stile, non solo negli argomenti sublimi della divinità, de’cieli, della natura, del tempo, e dello spazio; ina ancora in quelli della storia degli animali, delle scienze, dello spirito umano, ne’quali trovano ed introducono il sentimento del bene e del male, dell’amore e dell’odio, del terrore e della compassione, in fin l’entusiasmo del loro cuore tra le verità e le scoperte della lor fisica, o metafisica teoria, (ond’è poi divenuto to comune a di nostri il titol di genio) oltre allo stil pittoresco, armonico, e passionato ( i ).
Non verrò dunque cercando nelle opere antiche una verità sì manifesta dell’ entusiasmo della passione in que’ genj maggiori per tanti secoli assicurati del loro titolo, poiché ad ogni passo eziandio possiamo rintracciarla,massimamente nella passione spirata dalla virtù, e più propria di loro, siccome più sensibile a noi. E’ sublime la tragedia di Cinna, ma quando è, che ci rapisce più ?
A quelle due parole, in cui sta la bontà, e 1’ eroismo della clemenza Cinna siamo amici. Anziché in esse sta tutta quella tragedia mirabile. E’ sublime il carattere de’ romani in Virgilio, ma 1’ eroismo maggiore si sen(l) Tu’ho dice: Itaqus "video visum css; nonnullis Piatonis CS" Dcmostenis locuttonsm, etsi absit a versu, tamsn qued ine itati us feratur, & clarissirnis verbwum lumi ni bus utatur, poti us poema putandttm, quam comicorum poetarum, apud quos nibil est alimi quotidiani dissimile sermonis, nisi quod vers:culi sunt. Orator.
sente in quelparcere suùjeclis. Ma veniamo a prove men note, e più vicine. Dico essere anche in noi manifesto, che il più spesso le grandi anime sono facili alia compassione, portate alla tenerezza, e non rade volte questa tempera del loro cuore congiungendo esse coll’entusiasmo, sentono passioni più ardenti, siccome il Tasso, a segno di delirarne, come Petrarca sino a nodrirla trenta anni, e ad accrescerla dopo la morte di Laura, come poeti, e pittori danno in farnetici amori, e dolori, e sono spesso venuti a morte, 0 a rovina in fresca età. Ma qual maraviglia, se tutto sentono vivamente in cose, ed occasioni meno importanti, che nella passione d’amore diano negli eccessi ? Certo è, che si sente nel ior parlare un calore, un impegno, che anima tutto ardendo nel cuore^ si veggono più disposti al dolore, soggetti a tristezze, e crepacuori, sicché talora per una perfidia, per un affronto cadono in tuie abbattimento, e cruccio d’animo, che r,e perdono la vira inconsolabili, e disperati.
La preparazione, che fece Catone leggendo Socrate, ove parla dell’immortalità dell’anima ma con entusiasmo sublime è indizio dell» entusiasmo passionato, che il guidò a morte 5 per disperazione, quantunque paja una mor- ì te tranquilla, perchè tutta l’ebbrietà, e il 1 delirio sono nell’anima concentrati. Gl’inJfl glesi, che danno all’estremo nelle passionici divengono più facilmente entusiasti a quel-3 segno, ed altri se non vi giungono, vi si accostano almeno per altri trasporti, onde sì volse in biasimo il termine d’entusiasta in qualche lingua, e divenne proprio ad una setta.
Più spesso però a lodevoli imprese, e a virtuosi effetti si volgono i genj felici. L’aJ| mor della patria, il materno, il’figliale, la fida amicizia, la nobile fedeltà, là demenza* ■ Ja beneficenza gl’ infiamma, nè più sono eio« Jjt queliti giammai, quanto alloracchè parlano^ delia virtù, delle magnanime imprese, dcjfl generosi affetti, e sagrifizj, delle belle azioJ ni iu fine, alle quali si veggono essi lagri?..
mar dolcemente, quando in altri si vede l’indifferenza; poiché altri non ha quel segreto entusiasmo nel cuore.
Questi insensibili cuori non saranno mai geni > genj, siccome neppur sono mai eccellenti poeti, oratori, pittori. Manca in essi i[ piacer più proprio, ed intimo dell’anima che la natura per altro nega a pochi intera, mente, ben sapendo ella, che senza questo vincolo occulto della compassione, e dell’afferro reciproco, senza l’istinto all’ intenerirci, all’amare, senza in fine il bisogno di commozione, che portiamo col cuore in tutta la vita, e tra gli uomini, scioglierebbesi la società, e inselverebbesi ognuno. Faccian dunque costoro un mestiere, s’affatichino nelle scienze, ma lascino le arti in pace. Sapranno forse descrivere, o delineare una limpida fon.
te, parlar dell’erbe, de’fiori, dell’aere sereno, ma non ci vedranno mai quel che Petrarca ci vide, nè rapiranno mai, com’egli fa nella canzone chiare, fresche, e dolci acque, perchè tutto è pieno della passione per la divina sua Laura. Mi presentino quanto sanno e i gelidi fonti, e i molli prati e il bosco, e vi pongano ancora la Licoride di Virgilio -, ma non mai giugneranno al cuore, perchè dimenticheranno quell’ardente voto del gran poeta, di consumarvi^ Tomo IV. q con con esso lei, e per lei fino a morte (i)v Si levino al gtande, ai sublime, se possono e giungano pure ad emulare Orazio nell’odi.’ Jstm satis terris: Qualem mìnisttum \ ma no, che neppur un verso non faranno di quella „ Donec gratus eram tibi, o dell’altra „ Quern tu Melpomene semel. Melpomene, e l’altre muse più tenere, e amabili non li conoscono. Dal qual contrapposto meglio intendesi il pregio de’genj, e dell’entusiasmo per la passione. E passione infatti è quella, che perù li trasporta in comporre, essa comanda loro e sforza a tal argomento, essa gli obbliga a tal arte perfino, e a farsi talor infelici per quella, e miseratali, preferendola a tutte le ricchezze della’ fortuna, come abbiamo accennato.
L’arti infine nacquer dal cuore, o egli se le attribuì. La prima pittura, i primi versi, la prima statua furon le lodi, o i ritratti ancor rozzi d’una cara bellezza, e dell’om» bia / (i) Htc gelidi fontes &c. hic ipso tecunr consumercr aevo. Virg. Egl.
bra gittata da lei, furono i cantici della gru.
titudine verso gli Dei, e gli eroi delia patria pili benemeriti. La prima eloquenza fu quella d’ogni passione, o la prima passione nel mondo trovò P eloquenza, e le prime danze intrecciolle l’amor innocente di pastorella col primo canto, e suono accompagnate. In somma bisognerebbe da rurro questo conoscere quanto meriti il cuor dell’uomo la nostra attenzione, che sinora abbiamo rivolta all’ingegno, e al talento, non so perchè.
La misura comune tra gli uomini per istimarsi, o disistimarsi la prendiamo sempre dal valor dello spirito; e secondo il più, e il meno della sua penetrazione, e prontezza pii assegniamo il pesto nella società an::bile, o utile ch’ella sia. Egli è ben vero, che nella coscienza di ciascheduno il cuore ha pregio, e ciò si scopre da quella modestia interessata d’ognuno, che parlando, e rispondendo di se, non teme di attribuirsi un buon cuore, rinunziando all’ingegno.
Ma questa è forse una pruova della poca stima, in che generalmente è il cuore, poiché sì facilmente è permesso il pretender di aver-averne, e non incorre taccia, od invidia un» tal pretensione. Or’ io dico esser tempo ornai, se la buona filosofia vai pur qualche cosa nel nostro secolo, di far parti più giuste, e dare alle doti del cuore un luogo almeno eguale a quelle dello spirito nell’ estimazione, e nel giudizio, che facciamo d’altrui. Chi sa, che ponendo noi attenzione a questa parte dell’uomo non vengasi poco a poco a misurare i meriti, ed i demeriti’ a fare una scala di gradi della sensibilità dei cuori, a distribuire le parti nella scena, e negli uffizi, e ne’ doveri dell’ umanità, come si è cominciato a calcolare, e graduare le diverse abilità degl’ ingegni, e le specie, e le classi dei talenti, e degli studiosi. Allora potremo sapere (per tornare al nostro soggetto più da vicino) quanta parte ha la passione dell’entusiasmo, e quanto entusiasmo ci passione influisca nelle arti, e costituisca i genj maestri di quelle, e allora infine, se piace al cielo, le belle anime, e generose avranno il primo luogo coronate per mano della virtù, che nei cuori sensibili ha vera sede, e non più l’usurperà, come suole, or I’au: l’audacia, or l’inganno de’talenti maligni, de’cuori guasti, dell’anime indifferenti, e nel mal solo ingegnose, ed accorre (i).
Al qual proposito può darsi a sciogliere un bel problema, ed è, come alcuno scrittore, o parlatore sappia investirsi d’una passione non sua, o farla creder sua propria, quando n’abbia una opposta; e molti in farti dimandano, come quel vizioso, ingrato, avaro, infido poeta, qual si conosce, sappia sì ben vestirsi nell’opere sue di virtù, e pa^ rer grato, amoroso, fedele sì vivamente, sicché muove altri al pianto, anzi piange egli stesso sul suo lavoro, come videsi alcuno, Qui (i) Qual vergogna diss’io su ciò disputando un giorno, che noi con una morale venuta dal cielo restiam tanro di sotto agli antichi storici, che la loro filosofia fondavano nella morale, che Socrate e Platone, gl!
Scipioni, i Tuli;, i Catoni, i Marc’Aureli su lei stabilissero non una setta, ma la legislazione, il governo de: popoli, l’educazione della gioventù, e che ne venissero libri classici ad istillare in rutti la virtù, la bontà, Ia_modestia, l’amor degli uomini d aeja patria, e in ciò la vera felicità.
Qui credo aversi a distinguere una passion# d’immaginazione, e un’altra di cuore. La prima è presa in prestito, è forza di fama, sia, infine straniera; l’altra è spontanea, è tempera d’anima, iufin propria e naturale.
Per quella il poeta si mette in luogo della y e nona rappresentata, (il che vedemmo esser dato ai poeti principalmente), prende la veste altrui, come gli effetti, e così diviene un altro, e può dirsi ci loro: discunt lacrimare decenter, quoqt/.ì voluni plorant tempore, quoque modo con Ovidio di ciò buon maestro.
Per l’altra egli stesso è, che ama, che pian, ge, e che delira, e piuttosto mette in sè Pai* rrui passione e persona. L’uno è finto, 1’ alrro è vero dolore, ed amore. Talvolta però anche infingendolo può sentirsi, ma d’un momentaneo sentimento e passaggero. Ma distinguesi a qualche segno il falso dal vero ?
Direi, che quando un poeta tratta argomea.
to da se passionato, il qual l’obbliga al pianto > all’amore, al furore, allor è difficile ravvisarlo; ma quando senz’obbligo, e in circostanze per sè indifferenti spontaneamente, e non aspettato scappa in affètti, allora può dirsi ( dirsi più certamente esser lui stesso affettuoso e tenero per natura. Che mi tocchi in Andromaca, o nel Pastorfido, nell’ elegia, nell’ oraziou funebre, o nel quadro della crociffissione, del giudizio, o d’un martirio, o d’un penitente, gli è suo dolore, e sarà forza d’imsjaginazione, e. al più dirò, che meglio d’un altro la fa givocare. Ma che Achille nel suo furor d’improvviso s’intenerisca, pensando alla morte di Patroclo; Ulisse affacciandosi al mare tosto ricordisi d’Itaca e pianga; che andando per la campagna a diporto, e nel mezzo alla descrizione voli ratto il pensiero a Lauta, o nel caldo della battaglia volga l’occhio a cercare d’Angelica, o di Bradamante; ciò palesa il poeta affettuoso. E siccome d’un infelice la mestizia interna, e abituale si sente nel suo parlare, e nel suo scrivere, così chi nacque con certo cuore, non può nascondersi a lijngo ne’suoi componi, menti-anche lontani dal cuore, essendovi sempre tra questo, e gli altri la differenzache veggiamo talora in chi è virtuoso per sua scelta ed indole, ed in thi non lo è, che per forza, e timor delle leggi.
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