Del concetto morale e civile di Alessandro Manzoni/Discorso/V

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V.


Signori, da questa rapida, e per necessità incompleta rassegna delle opere del gran lombardo, nelle quali si specchia al vivo la sua indole, e gl’intendimenti, quale deduzione se ne deve trarre? Quale è il concetto morale e civile di Alessandro Manzoni, che cosa rappresenta esso in Italia, quale è la sua posizione storica? Chi per avventura volge la mente ai tempi in cui il grand’uomo meditò e scrisse, tempi d’impazienze generose, di disinganni, di servaggio domestico e forestiero, dovrà pur venire nella sentenza che il compito essenziale di Alessandro Manzoni fu di educare le moltitudini al sentimento di quella giustizia, senza della quale gli Stati, come le famiglie e gl’ individui non vengono in [p. 163 modifica]fiore e con la quale si vincono e si abbattono ogni maniera di ostacoli. La necessità che l’Italia rompesse le secolari catene, e quindi l’invitta fede che, presto o tardi, ciò sarebbe dovuto accadere non poteva ritrarsi d’altronde che dal concetto dell’assoluto, di quel Dio, come dice Giuseppe Mazzini, che è protettore del dritto violato. Giuseppe Mazzini ed Alessandro Manzoni hanno, ciascuno secondo un’in dirizzo speciale, conferito alla nostra redenzione; l'uno non pretermettendo un’azione latente, ma salda e continua azione, che non ebbe più ragion di essere cessata l’epoca del servaggio, l’altro mandando fuori quei libri ne’ quali il risorgimento italiano è preconizzato come l’ultima conseguenza del diritto. Manzoni dunque rappresenta qui in Italia il principio obbiettivo del dritto che per intrinseca necessità debbe attuarsi, principio che, applicato alle lettere, produsse la nuova scuola, pensante con noi e come noi, ed incarnando i sentimenti e gli affetti nostri, la scuola della verità: alla politica, la unità e la indipen[p. 164 modifica]denza e la libertà nazionale, e che in ordine alla religione s’inspirò al cristianesimo, ricondotto a suoi principii ed alla purità del Vangelo, che è credere ed amare, spoglio di tutti gli elementi che la prava cupidigia degli uomini vi venne aggiungendo.

Non è dunque da stimar singolare se quest’uomo non versandosi punto nelle lotte della vita politica, nè nei sanguinosi cimenti, abbia esercitata così straordinaria influenza sugli animi di tutti, e sia stato posto tra i più grandi cittadini; sarebbe piuttosto da meravigliare se la cosa fosse accaduta altrimenti, chè uno dei più essenziali nostri pregi, il quale non ci è mai venuto meno nelle più tristi condizioni, è al certo il sentimento della giustizia, di Dio, che quella fede che vince ogni errore,1 educò negli animi nostri. Gli stranieri ci stimano, sovente, indifferenti o scettici, ed in apparenza non hanno tutti i torti, poichè noi non commuovono le esorbitanze di coloro che si fanno della religione strumento [p. 165 modifica]di fini mondani, le quali, presso nazioni noi vicine, producono scissure e commozioni profonde. Si, noi siamo indifferenti, ma a queste arti indegne, a queste arti subdole: noi disdegniamo di occuparci di ciò, ma in fondo dei nostri cuori la veneranda religione degli avi nostri, è unita di un solo ed unico amore con la libertà e l’indipendenza della patria. Dovrebbesi, a porre in oblio ciò, dimenticarci di essere italiani distruggere la nostra storia, la quale, da Dante a Macchiavello, da Macciavello sino a nostri giorni, ci ammaestra che i nostri grandi non seppero disgiungere in sè medesimi i due sentimenti della fede religiosa e della carità patria. Manzoni dunque che questo santo connubio espresse così compiutamente nella vita e negli scritti a giusta ragione dev’esser considerato come il vero rappresentante dalla coscienza italica.

La quale conchiusione ad alcuni va- lenti letterati e pubblicisti odierni non par vera. ed esatta, perocchè essi sono tratti a dare molto maggiore importanza che in realtà non abbia, al procedere bieco della [p. 166 modifica]setta che ha congiurato sempre ai danni d'Italia, e corrivi quindi a confondere gli accidenti con la sostanza si danno a credere che il concetto morale e civile di Alessandro Manzoni se, contemplato in idea apparisce insignito d'inarrivabile bellezza, al paragone dei fatti riesce supremamente innopportuno, conciosiachè tronchi i nervi ad ogni azione maschia e civile ed induca l'abito di una sterile e neghittosa rassegnazione. A costoro che pongono un profondo dissidio fra le idee la realtà le cose superiormente discorse saranno buona risposta. Del rimanente anche qui i fatti vengono in comprova delle ragioni. Imperocchè se, la scuola che ebbe origine dal Nostro, rinnovo la letteratura non fu meno operosa ed attiva nella vita, pratica, nè seppero i suoi seguaci combattere e morire meno valorosamente perché nelle ore estreme e nei cimenti invocassero il nome santo di Dio. A questa scuola o signori, appartiene la illustre schiera di uomini come Cesare Balbo, Vincenzo Gioberti, Antonio Rosmini, Silvio Pellico, [p. 167 modifica]Pietro Maroncelli, Tommaso Grossi, Gio. Battista Torti, Giuseppe Giusti, Niccolò Tommaseo, Gino Capponi, Carlo Troya, e quel miracolo di gentilezza che fu Massimo d'Azeglio, il quale, dopo la fatal giornata di Novara, venuto nei consigli del più leale tra i re, tenne alto nel piccolo piemonte quel glorioso vessillo. che doveva in breve sventolare, tra gli applausi delle commosse turbe, dall'un capo all'altro dell'Italia. Quando si hanno di questi esempi ogni rimprovero, è per lo meno, inopportuno. E quei valorosi che fecero le memorabili cinque giornate e che provocati all'ira dalla ferocia della soldatesca perdonavano e salvavano i loro nemici vinti, non furono educati alla scuola di Manzoni, e non agivano sotto l' ispirazione del grande poeta?2 [p. 168 modifica]Ma che dico delle cinque giornate? Vi è stato forse battaglia combattuta per l'indipendenza in cui gli animosi seguaci di questa scuola non avesser posta la vita, non con la ferocia nel cuore, ma con la serena coscienza di chi adempie un sublime dovere? A Vicenza, a Mantova, a Verona, nel Tirolo, in Piemonte, a Brescia, a Venezia, a Roma,3 dovunque si è combattuto per l'indipendenza della patria, vi sono state generose vittime informate al concetto di Alessandro Manzoni. La storia ricorderà i nomi della sacra falange dei bersaglieri lombardi, la maggior parte giovani che lasciati gli agi delle loro case, trassero con la fiducia in Dio a difender Roma, ed ivi caddero, sereni in volto, mentre le loro labbra si atteggiavano a proferire il dolce nome d'Italia. Ricorderà te o Angelo Morosini, non ancora diciottenne, che rotto il petto dalle nemiche canne a Villaspada, cadesti in sul primo aprile in quell'età in cui la mente si abbandona

[p. 169 modifica]ai facili inganni dell'avvenire, ed alla trepida speranza delle giovanili gioie. Eri bello e gentile della persona, ed i tuoi commilitoni ti chiamavano il loro angelo custode, i quali erano commossi ed incoraggiati nel vederti sotto il fuoco nemico, ritto sempre ove più incalzava il pericolo mantenerti tranquillo recitando sommessamente quelle preghiere che l'affettuosa madre ti aveva appreso.4 Salvate martiri illustri, e salvete ancor voi anime sante del Grioli, del Zambelli, dello Scarsellini, del Tazzoli, del de Canal, del Poma, del Montanari, del Grazioli, dello Speri, multati di morte perchè rei di aver amato la patria, e che spiraste perdonando ai nemici e benedicendo all'Italia. Voi testimoniaste quaggiù la santità dell'amore, testimoniaste che i principii e le dottrine del cristianesimo non abbattono, ne avviliscono, ma aggiungono alla energia innata delle anime l'orti, la fiducia in quel Dio che conta le lagrime degli oppressi, ed i violenti condanna.5

Note

  1. DanteInferno.
  2. Al Manzoni che l'aveva aspettata anzi predetta (la battaglia della cinque giornale) dalla solitaria dimora seguiva con ansia febbrile le ultime vicende del combattimento: e non solo approvò che due suol figli corressero tra i primi nelle barricate, ma rincuorò egli stesso l'ultimo di essi, che giaceva un pop malato, ad occorrere in soccorso di fratelli. Filippo prontamente si levò, e corse al Broletto. ove si erano accese le prime scaramucce e una prigione dagli austriaci veniva di là tradotto al castello. Nella verza giornata il Manzoni, senza ombre di esitanza, appose la sua firma ad un foglio, che i migliori cittadini di Milano spedirono a Carlo Alberto per invocarne il soccorso; «firma che (scrive il Broglio) gli avrebbe potuto costare la testa se non si vinceva» — Benedetto Prina, studio biografico e critico, pag. III — Vedi anche il Buccellati. Annuali dell'Istituto Lombardo.
  3. BucellatiAnnali ecc.
  4. Dandolo.
  5. Buccellati.