Del concetto morale e civile di Alessandro Manzoni/Discorso/IV
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IV.
Luigi Settembrini acconciamente dice che l'artista per riuscire eccellente deve credere in qualche cosa, se non altro nel sorriso della donna amata; or, questa che è verità in ordine alle arti geniali si fa condizione indispensabile nelle aspre lotte della vita, perché il trionfo arrida ai perseveranti. I popoli scettici, ove se ne avessero, non farebbero mai di grandi cose, e solo chi crede alla giustizia ed al bene, giunge a risolvere la contradizione tra lo spirito e la natura, ed a dominare quest'ultima. La storia di tutti i popoli dimostra ciò con suprema evidenza. E questo interno momento del pensiero, questa fiducia che al Nostro ispirava il cristianesimo trovò un'eco fedele in quei cantici sacri, così sublimi nella loro schietta semplicità, così soavi al cuore degli addolorati, così pieni di fede e di amore, nei quali, mentre si celebrano i divini misteri della religione dei padri, si canta al compimento degli umani destini, alla fratellanza universale delle genti, al dritto che pone l'umile e l'oppresso al di sopra del potente e dell'oppressore. La mesta armonia di quelle note fu per l'Italia una nuova rivelazione del genio; se ne commosse sino negl'imi precordi, ed in Manzoni salutò il poeta della giovane scuola, che poste da banda le fole dell'antica mitologia,1 armò l'arpa davidiea di novelle corde ed in quello che inneggia alla patria celeste, non pone in oblio questa, fatta abitacolo della specie umana, in cui alberga lo spirito immortale. Chi non si è sentito purificar l'anima, e levare nella serena regione dell'amore, chi non ha sperimentato il bisogno di Dio, nel leggere quegli stupendi inni?2 Terenzio Maimiani, che alla venustà della forma greca ha associato il concetto cristiano in quei poemetti sacri, che nel loro genere possono, a buon dritto, chiamarsi capolavori, toccando della celebre questione, agitata. acremente non son molti anni, e che ora è solo una ricordanza da servire alla storia, trai classicisti ed i romanticisti, confessa ingenuamente, e non è questa la sola confessione dell'egregio metafisico, di non essersi ancora formato un concetto preciso del romanticismo.3 In ordine alla questione di pura forma, nè il Mamiani nè alcun altro potrebbe certo dar valore di sorta all'inutile armeggio dei pedanti. Considerate senza del pensiero, le forme, classica romantica, antica o nuova, non sono altro che astrazioni; la forma piglia ogni sua importanza dal contenuto, e, sotto questo rispetto, la forma classica è bellissima, come quella che fu destinata a rappresentare quell'insieme di idee e di sentimenti che si chiamano mondo classico; onde ancor risplendono modelli d'inarrivabile perfezione i capolavori dell'arte grecoromana. Però il pensiero moderno, quantunque in gran parte figliato da quelle due civiltà, se ne differenzia grandemente, come quello che ha un suo proprio e speciale contenuto. Per il che lungi dal trovare la sua espressione genuina nell'antica maniera, fa d'uopo che la crei e la tragga dall'intimo seno, come fece un dì l'Alighieri che venia significando siccome amore dentro dettava.4 I classicisti dunque, studiatori accurati della esterna parvenza e teneri delle regole aristoteliche, vero letto di Procuste dell'ingegno,5 ogni volta che si proponevano significare le idee secondo quella forma dovevano per necessità o svestirsi dell'uomo moderno, e rifarsi antichi, ovvero riescir freddi e menzogneri simulando affetti non sentiti, e dando così alle lettere, il triste privilegio di mentire ed alterare il vero.6 Già il Monti cantava:
L'arido vero che dei vati è tomba, 7 |
e perciò forse a quella virgiliana fantasia riusciva indifferente il cantare alla libertà od al despotismo, ai vincitori di Marenco, ed ai vincitori di Waterloo. Anche il Leopardi dolorosamente grida:
ma innanzi tutto, o Signori, se può accadere che uno spirito viva e si compenetri delle passate civiltà, ciò senza dubbio incontrò al Leopardi che fu, come disse Giordano, un'attico dei nostri tempi. E poi vuolsi ancora avvertire che per l'immortale recanatese il vero è il nulla, ed all'apparire di esso questa serie di fenomeni in cui si dipinge la bellezza e la felicità, cade;9 laonde, se l'uomo è condannato ad una eterna menzogna, se il vero è il non essere. non avvi in realtà differenza sostanziale tra le diverse forme, nè importanza effettiva dell'una sopra dell'altra, se non nel solo rispetto della nostra illusione. Il Manzoni, come è chiaro, non era di questo avviso. Ei reputava il vero essere l'assoluto, e che nell'amorosa consonanza delle cose da lui procede, e si avvia a lui ogni esistenza creata, reputava che il pensiero e la civiltà si matura lentamente nei secoli, e che uffizio essenziale e nobilissìmo della letteratura, come dell'arte in genere, sia il rendere attuoso questo vero, questo pensiero, questa civiltà, significandoli sotto le forme fantastiche della bellezza.
Spettacolo invero unico e meraviglioso! Mentre il Sinedrio dei despoti, accoltosi a Vienna faceva stima, abbattuto il colosso, di potere a beneplacito conculcare il dritto dei popoli, e considerarli come greggia, mentre profanando i sacri nomi di libertà e d'indipendenza, rogava quegli assurdi ed iniqui trattati, che dovevano, secondo il loro proposito, ridar per sempre le nazioni al servaggio, ed al fanatismo, mentre fingeva di aver cancellati dalla coscienza umana i concetti banditi dalla rivoluzione, che l'epoca del terrore non aveva saputo rendere odiosi: una voce tranquilla come la coscienza del dritto, si eleva in riva dell'Olona in questa Lombardia data in altrui mano, in questa Italia, terra dei morti, espressione geografica, a protestare in nome di Dio, in nome dell'uguaglianza promulgata, non dalla tribuna della Assemblea nazionale, ma dal Vangelo, contro la conculcata giustizia. Il mondo poetico del Manzoni ha dunque una grande importanza morale non solo, ma civile. nè, come si è detto, induce negli animi quella rassegnazione neghittosa, che prostra ed abbatte. Certo che anche il rassegnarsi a patire, quando il dolore è inevitabile, e durar pazientemente i mali con l'animo intento al rimedio, è qualche cosa che val meglio della violenza,10 che ottenebrando il lume dell'intelletto, rende i mali stessi spesso più difficili a medicare, spesso ne crea dei nuovi; certo che gl'inni sacri hanno per obbietto di elevar l'animo alle divine speranze del cristianesimo; ma è altresì fuori d'ogni dubbio, che la educazione morale apparecchio, la civile, o che quando si dice che tutti si è uguali che tutti si è liberi11 che non invidii la Pagina:Torre - Del concetto morale e civile di Alessandro Manzoni.djvu/132 Pagina:Torre - Del concetto morale e civile di Alessandro Manzoni.djvu/133 Pagina:Torre - Del concetto morale e civile di Alessandro Manzoni.djvu/134 Pagina:Torre - Del concetto morale e civile di Alessandro Manzoni.djvu/135 Pagina:Torre - Del concetto morale e civile di Alessandro Manzoni.djvu/136 Pagina:Torre - Del concetto morale e civile di Alessandro Manzoni.djvu/137 Pagina:Torre - Del concetto morale e civile di Alessandro Manzoni.djvu/138 Pagina:Torre - Del concetto morale e civile di Alessandro Manzoni.djvu/139 Pagina:Torre - Del concetto morale e civile di Alessandro Manzoni.djvu/140 Pagina:Torre - Del concetto morale e civile di Alessandro Manzoni.djvu/141 Pagina:Torre - Del concetto morale e civile di Alessandro Manzoni.djvu/142 Pagina:Torre - Del concetto morale e civile di Alessandro Manzoni.djvu/143 ed il Campanile di Giotto. Se a questo erompere vigoroso di forze, se a questo sorgere lieto della libertà, si fosse accompagnata la coscienza della unità, i due fattori della nazione si sarebbero reciprocamente compiuti, e forse la battaglia di Legnano avrebbe precluso per sempre l'adito agl'invasori nemici, nè gli stranieri avrebbero fatto più oltre strazio di questa conculcata terra. Però la discordia, e le maleaugurate ire fraterne, prima diedero le libertà comunali in balla degli ambiziosi secondo il detto dell'Alighieri:
Che le terre d'Italia tutte piene |
e poi, tutto il paese dall'Alpi alla Sicilia, in mano dello straniero. L'epoca di queste discordie che resero inutili, anzi nocive, le libertà medesime, è descritta stupendamente nel Carmagnola. Questo contadino soldato, fatto capitano di ventura e conte, passa, sospinto da privata animosità dal servizio dei Visconti a quello dei Veneziani. È creduto reo e dannato a morte dalla gelosa ambizione della veneta oligarchia. Il poeta eleva qui la sua voce a maledire le guerre fratricide, che dovranno condurci in casa lo straniero, ed interrompendo l'iniquo trionfo dei vincitori, mette questo grido dall'animo commosso che esprime per intero il concetto da lui tolto a descrivere:
Affrettatevi, empite le schiere, Tu che angusta a' tuoi figli parevi, |
Stolto anch'esso! Beata fu mai |
Gli uomini, a qualsivoglia zona del globo appartengono, sono fratelli. sono stretti, al medesimo patto, maledetto colui che infrange questo patto di fratellanza e che contrista uno spirito immortale. Innanzi alla stupenda grandezza di questo concetto, che cosa devono apparire a noi che ne abbiamo veduto in gran parte l'adempimento, le singolari critiche che si fecero allora sulle regole aristotetliche, sul numero più 0 meno grande di personaggi, e sulle famose unità? Questioni questa che nel puro campo letterario hanno il loro valore; ed il Manzoni infatti difese strenuamente le sue idee di riforma, ed ebbe facile ragione dei pedanti. Ma qui si tratta. di ben'altro, si tratta di liberare un popolo oppresso e diviso e che per le sue intestine discordie è reso l'ultimo fra le genti. Or la fiamma del desiderio che ispirò il genio del Nostro, anche senza volerlo, inconsapevolmente gli avrebbe fatte rompere i legami che i retori arbitrariamente posero alla libera manifestazione di quella interna forza, che, quando è vera ed è potente, sdegna viete regole e precetti, e crea da se le nuove forme, idonee a contenere il nuovo palpito dell'anima.
L'effetto pernizioso di queste lotte civili sono descritte nei Promessi Sposi, storia vivente di un secolo, dice il Carcano, uscita da un'idillio di nozze.15 A che termini di abbiezione morale e civile viene un popolo, dato in altrui mano, e governato, o meglio, sgovernato da lontani ed avidi signori, ne è esempio eloquente il secolo decimosettimo, in cui la superba boria spagnuola aveva prodotto non solo la decadenza delle nostre lettere, ma ancora smunte le tasche. e lasciatici, come ebbe in tempi più recenti a dire Carolina d'Austria, solo gli occhi per piangere.16 Dal grido che si eleva in tutte le pagine del libro contro l'iniqua ragione della forza, gl'italiani appresero che era tempo d'operare e concordi tentar ogni via per ritornare padroni di se; dal trionfo del dritto inerme contro l'armata prepotenza impararono che la giustizia della causa che si piglia a difendere è solo potente incentivo e principio dell'esito buono. Nel furor della mischia è questa giustizia che da forza agli umani petti e che, anche dopo le patite disfatte, fa sorger di nuovo i combattenti. È inutile, o Signori, far lungo discorso di un libro, che ormai corre per le mani di tutti, e che si trova sul tavolo del filosofo non meno che della ingenua giovinetta. Sul letto di morte di Vincenzo Gioberti17 si trovò insieme all'Imitazione di Cristo, confortatore degli estremi momenti del severo spirito che tanto avea combattuto ed amato, nè il Pestalozza18 mal si apponeva giudicandolo il miglior trattato di psicologia che si avesse avuto sinora; libro in cui le umane passioni sono analizzate con criterio sottile aperti i più reconditi moti dell'animo con verità sorprendente, e quel che è più, ispiratore del grande e proficuo pensiero che alla perseveranza ed alla fede nel bene, quantunque inerme, è data in ultimo necessaria vittoria, non alle arti subdole della menzogna ed agli assalti ai mano armata della iniquità. Lucia, Renzo, Fra Cristoforo, il Borromeo, l'Innominato, quante volte non si sono confusi con i nostri studii, e ci han fatto palpitar potentemente il cuore. Tutti gli ordini, e le classi sociali ,i caratteri gravi ed i comici, i pusillanimi e gli eroici, tutto naturalmente conduce a porre in chiaro la necessità che il dritto si attui a questo mondo. Anche contro questo libro si è scagliata la critica partigiana; si è detto, poniamo, che vi si fa l'apoteosi dei preti. Lasciando qui stare che Don Abbondio e Fra Galdino e Fra Fazio, ed il guardiano del convento di Monza e la maggior parte delle suore di quel convento dove la infelice Signora fu rinchiusa, e parecchi curati del seguito di Federico non sono certo preclari esempii di virtù evangeliche, lasciando ciò stare, ci sia lecito il domandare, se i preti ritraggono, o no fedelmente dell'ideale proposto da Manzoni. Se sì, e non vedete che sono da ammirare, conciosiachè adempiano in tutto l'alto uffizio commesso loro, e sono la imagine più bella della provvidenza in questo tristo esiglio dei buoni?19 Se poi no, allora il maggior rimprovero che si possa fare a costoro, la più amara ironia, la più pungente satira, al cui confronto è nulla la eloquenza delle invettive che non si peritano di lanciar Pagina:Torre - Del concetto morale e civile di Alessandro Manzoni.djvu/151 Pagina:Torre - Del concetto morale e civile di Alessandro Manzoni.djvu/152 Pagina:Torre - Del concetto morale e civile di Alessandro Manzoni.djvu/153 Pagina:Torre - Del concetto morale e civile di Alessandro Manzoni.djvu/154 Pagina:Torre - Del concetto morale e civile di Alessandro Manzoni.djvu/155 Pagina:Torre - Del concetto morale e civile di Alessandro Manzoni.djvu/156 Pagina:Torre - Del concetto morale e civile di Alessandro Manzoni.djvu/157 Pagina:Torre - Del concetto morale e civile di Alessandro Manzoni.djvu/158 Pagina:Torre - Del concetto morale e civile di Alessandro Manzoni.djvu/159 Pagina:Torre - Del concetto morale e civile di Alessandro Manzoni.djvu/160 Pagina:Torre - Del concetto morale e civile di Alessandro Manzoni.djvu/161 Pagina:Torre - Del concetto morale e civile di Alessandro Manzoni.djvu/162 Pagina:Torre - Del concetto morale e civile di Alessandro Manzoni.djvu/163 Pagina:Torre - Del concetto morale e civile di Alessandro Manzoni.djvu/164 Pagina:Torre - Del concetto morale e civile di Alessandro Manzoni.djvu/165
Note
- ↑ Nella nota lettera sul romanticismo scritta a Cesare d'Azeglio, il grand'uomo così propugna il suo assunto: «Cosa assurda parlar del falso riconosciuto, coma si parla del vero, per la sola ragione, che altri, altre volte, l'hanno tenuto per vero; cosa fredda l'introdurre nella poesia ciò che non richiama alcuna memoria, alcun sentimento della vita reale; cosa noiosa il ricantar sempre questo freddo, e questo falso; cosa ridicola ricantarli con serietà, con un urla reverenziale, con delle invocazioni, si direbbe quasi, ascetiche.»
- ↑ La prima edizione di quattro inni comparve a Milano il quindici, però gli inni furono composti prima come si rileva dalla data che portano. La Risurrezione del dodici, il Nome di Maria ed il Natale del tredici; la Passione del quindici. La Pentecoste poi, in cinquanta esemplari, fu pubblicata nel ventidue.
- ↑ Nuova Antologia
- ↑
....I mi son un che quando
Amore spira noto, ed a quel modi.
che della dentro vo significando.
Dante. Purgatorio - ↑ Vedi il magnifico discorso a forma di lettera a M. Chauvet: Sur l'Unitè de temps et de lieu dans la tragedie.
- ↑ Bisogna che la poesia sgorghi dal cuore e che l'artista senta e sappia esprimere con sincerità i proprii sentimenti: ecco il primo articolo della riforma poetica meditata tra Fauriel e Manzoni — Saint-Benuve.
- ↑ Monti — Poesie.
- ↑ Leopardi — Canti.
- ↑
All'apparir del vero
O minera cadesti e con la mano
La fredda morte ed una bomba ignuda
Mostravi dl lontano.leopardi, A Silvia.
- ↑ Vedi la noia antecedente dure ai recano le parole del Manzoni sulla pazienza.
- ↑
Siam fratelli siam stretti ad un patta
Maledetto colui che lo infrange
Che si innalza sul fiacco che piange
Che contrista uno spirto immortal.Manzoni, Coro del Carmagnola
- ↑ Dante — Purgatorio. Canto 6
- ↑ Manzoni, Coro del Carmagnola.
- ↑ Manzoni, Coro del Carmagnola
- ↑ Carcano — Commemorazione — Annali dell'Istituto Lombardo.
- ↑ Colletta — Storia del Reame di Napoli.
- ↑ Il romanzo di Manzoni per la sua semplicità ricrea le veglie del popolano, e posa sul letto di morte di un Vincenzo Gioberti — Camerini, Prefazione ai Promessi Sposi.
- ↑ Buccellati — Annali dell'Istituto Lombardo.
- ↑ Manzoni — La Passione.