Degli edifizii/Libro secondo/Capo VI
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Traduzione dal greco di Giuseppe Compagnoni (1828)
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CAPO VI.
Sull’Eufrate nella estrema Mesopotamia, dove il fiume Aborra mesce le sue acque con quelle dell’Eufrate, e in esso si scarica, v’è un castello de’ Romani, chiamato Circesio, ed in addietro fondato da Diocleziano Augusto. Giustiniano oggi regnante avendolo trovato per vetustà cascante, negletto, e senza difesa, lo fortificò, e ne fece una grande ed illustre città. Diocleziano non lo aveva cinto dappertutto di mura, ma esteso il muro sino all’Eufrate, in ambe le estremità vi aveva posta una torre, lasciando affatto nudo lo spazio intermedio, forse tenendo che l’acqua del fiume bastasse a renderlo forte. Coll’andare del tempo il fiume era venuto rodendo la torre volta all’austro, e questa mostravasi già prossima a cadere, se non vi si ponesse riparo. Giustiniano adunque per divino favore onorato della cura del Romano impero, e di provvedere per quanto uom possa in ogni parte al pubblico bisogno, non solamente rassicurò quella torre rovinosa, facendola riparare con forti e durissime pietre; ma tutto ancora fortificò il fianco del castello, che rimaneva nudo, cingendolo di saldissimo muro: in tal modo raddoppiando la difesa, col fiume, cioè, e con quel muro robustissimo. Aggiunse pure alla città un muro esterno, spezialmente ove il confluente fa angolo: sicchè non lasciò luogo a’ nemici di tentare verun colpo. Poscia stabilito alle compagnie militari un uffiziale, che ivi sempre stesse, con opportuno presidio quella prima frontiera dell’Impero corroborò. E siccome gli abitanti non potevano più servirsi del pubblico bagno divenuto affatto inutile per le novità cagionate dal fiume, egli a miglior forma lo trasse, e lo adornò nel modo, che di presente si vede. Imperciocchè dove tutta la fabbrica eretta sopra i fornelli destinati a riscaldar l’acqua pe’ lavacri, e volgarmente detta le Chitropode, esposta alla corrente del fiume, era guasta; consolidatane con grossi macigni la parte offesa, altri ripari, ed altre costruzioni vi aggiunse a sostenerla, impedendo al fiume, che più la toccasse: con che alla gente del presidio restituì il comodo, di che prima godeva. E questo è ciò che fece fare in Circesio.
Dopo questa piazza v’è Annuca, antico castello, le cui mura da Giustiniano Augusto, trovate mezzo rovinate, con tale magnificenza si restaurarono, che se le fortificazioni si considerino, esso non cede a veruna delle città più illustri. In simil modo operò rispetto a tutti i castelli, che stanno ne’ contorni di Teodosiopoli, alcuni de’ quali mancavano di mura, altri non avevano che ridicoli recinti di terra; e in tale stato li pose tutti da metter terrore, e fare andare via la voglia di assaltarli a chi l’avesse. Que’ castelli sono Magdalato con due altri, che lo fiancheggiano; i due Tannuvii, maggiore, e minore; Bismideone, Temere, Bidama, Dausarone, Tiolla, Fila, Zamaota, e quasi tutti gli altri. Presso Tannuvio maggiore v’era un luogo, che i Saraceni, nemici del nome romano, passato il fiume Aborra, potevano facilmente occupare; e di là dispersi per un folto bosco, e pel monte vicino, con iscorrerie infestare i Romani de’ contorni. Giustiniano Augusto piantò ivi una torre di durissimo macigno, e in quella pose un forte presidio, con che venne a reprimere le incursioni de’ nemici, opposto loro sì valido baluardo.