Degli edifizii/Libro secondo/Capo II
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Traduzione dal greco di Giuseppe Compagnoni (1828)
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CAPO II.
Dara provveduta di acqua abbondante.
Per mirabil caso il fiume si rende più opportuno.
Abbiamo detto come Giustiniano Augusto fortificò Dara: poscia fece varii serbatoi d’acqua tra il muro maggiore e il minore, e presso la chiesa di s. Bartolommeo apostolo a ponente. Corre a due miglia dalla città un fiume proveniente dal Suburbano detto Corde: da una parte e dall’altra le rive sono formate da due scogli scoscesi, le cui radici il fiume trapassa fino alla città, bagnando il piede de’ monti. Da ciò nasce che i nemici non possano divertirlo, e nemmeno tentarne l’impresa, non permettendo tale violenza il troppo basso letto; ed in siffatta condizione viene introdotto in città. Gli abitanti condussero dalle mura un gran canale, il cui ingresso con grosse inferriate munirono, per le quali l’acqua passa senza nuocere al muro. Di tale maniera entrato in città, dopo aver riempiute le cisterne, ed avere servito a quanti canaletti gli abitanti pe’ loro comodi hanno aperti, s’inoltra in altra parte della città, dalla quale esce per una bocca simile a quella, per cui entrò. Nel tempo in cui quel fiume iva errando pe’ vicini campi, la città era facile ad assediarsi: chè per l’abbondanza d’acqua, loro pronta, non aveano i nemici ostacolo ad accamparsi ivi. Or Giustiniano Augusto pensò in che modo provvedere; e Dio tolse ogni difficoltà; e prestato a un tratto il rimedio pose la città in salvo. La cosa accadde come siegue.
Uno del presidio militare della città, o n’avesse visione in sogno, o per propria ispirazione, presi seco parecchi artefici, avendo entro le mura disegnato il luogo, ordinò che ivi si facesse una lunga fossa, affermando che sarebbesi trovata entro terra una sorgente di acqua dolce. Condotta intorno la fossa per la lunghezza di quindici piedi, un profondo vuoto si aprì sotto il terreno; e ciò fu di salute alla città, non certamente per opera e provvidenza degli artefici, ma perchè quanto di sinistro allora accadde, pel beneficio di quella fossa tornò in bene de’ Romani. In questo frattempo per grandi piogge cadute il fiume, di cui parlai, presso al muro rumoreggiando, e gonfio grandemente, non iscorreva più; e notabilmente cresciuto, non avea alcuno sfogo, chè nè il muro gliel prestava, nè il canale. Ristavasi adunque, e spingendo contro il muro le acque, da ogni parte altissimo, fatto era ivi fermo; se non che ad intervalli ineguali andava ondeggiando. Per lo che presto poi ruppe il muro minore; e rovesciata anche parte del maggiore, fattasi una porta, si diffuse per la città, e la inondò quasi tutta, il foro, i portici, le strade, e le case invadendo, così che ne asportò violentemente le suppellettili, i vasi di legno, e molte altre cose simili, ite infine a cadere in quella fossa: indi per via sotterranea scomparve agli occhi di tutti. Se non che pochi giorni dopo, giunto al confine di Teodosiopoli ricomparve, quaranta miglia lungi da Dara, ben riconosciuto dalle robe, che dalle case di Dara avea asportate, poichè tutta la massa delle medesime colà sbucò. Da quel tempo, regnando pace, e stando in buon ordine le cose, questo fiume scorrendo mezza città, dopo aver riempiute le cisterne di acqua, esce per la bocca che, come dissi, gli aprirono, quelli che la città fabbricarono, ed i vicini campi inaffiando, tutti gli abitanti suol rendere lieti pe’ vantaggi che ne traggono. Quando poi venga esercito nemico per assediar la città, le bocche che abbiamo detto chiuse da inferriate, assicuransi con grosse spranghe, e con travi; e il fiume da mano ingegnosa forzato a divertere e a scaricarsi altrove, portasi nella fossa, e nel baratro, che sta sotto a questa: onde mancanti d’acqua i nemici per necessità debbono levare l’assedio. Così fece Mirrane, condottiere de’ Persiani, regnando Cabade: chè avendo assediata la città, per questo accidente dovette in breve partirne. E così pure accadde molto tempo dopo a Cosroe, il quale con esercito numeroso avea tentato di conquistar la città. Non avendo egli saputo riparare alla mancanza d’acqua, e veduta l’altezza delle mura, giudicandole inespugnabili si pentì del tentativo, e ritornò in Persia, vinto dalla provvidenza dell’Imperadore romano.