De mulieribus claris/Proemio

Proemio

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Memorie Storiche su la Vita di M. Donato da Casentino Prologo

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PROEMIO

DI M. BOCCACCIO

AI LETTORI

VOLGARIZZATO DAL BETUSSI

Scrissero già molto tempo alcuni antichi brevemente libri degli uomini illustri, e al presente con più acuto stile, e più ampiamente il famoso uomo, e eccellente poeta Francesco Petrarca precettor nostro, degnamente ne fa un volume, perchè veramente quelli che posero ogni diligenza, le sostanze, il sangue, e l’anima secondo i bisogni per preceder gli altri con opere virtuose, hanno meritato che i nomi loro siano di perpetuo ricordo ai successori. Ma mi son maravigliato molto, così poco appresso questi tali uomini aver potuto le donne, che non abbiano conseguito alcuna grazia di memoria in nessuna particolar descrizione; veggendosi chiaramente per amplissime istorie, molte così valorosamente, come fortemente essersi portate. E se sono da innalzar gli uomini, mentre datagli natural fortezza hanno oprate degne cose, quanto maggior mente le donne, quasi a tutte le quali dalla [p. 30 modifica]natura è data una delicatezza, il corpo debile, e l’ingegno tardo, se acquistano un animo generoso, un ingegno acuto, e con notabil virtù ardiscano ed eseguiscano cose difficili, e quasi impossibili, meritano d’essere avute in pregio? Onde, acciocchè non sieno ingannate nel suo merito, m’è venuto in animo di quelle che si può ricordare, fare in onor loro una memoria, e ridurle insieme, a queste, aggiungendo di molte alcune, che o l’ardire, o le forze, e industria dell’ingegno, o il dono di natura, ovvero la grazia di fortuna, o l’ingiuria ha fatto notabili, non lasciando addietro alcuna, che, sebbene non ha fatta cosa veruna degna di memoria, nondimeno ha date grandissime occasioni, ch’altri mercè sua, abbia operato azioni notabili e degne di ricordo. Nè voglio a chi leggerà paia inconveniente, se ritroverà con Penelope, Lucrezia e Sulpizia pudicissime donne, Medea, Flora, Sempronia, ch’ebbero grandissimo, ma scelleratissimo ingegno. Imperocchè non è di mia intenzione pigliare questo nome di nobile, e illustre così stretto, che sempre paia riuscire in virtù, anzi in più ampio sentimento, con buona pace dei lettori, ritirarlo: intendendo illustri quelle, che per ogni loro fatto palese al mondo conoscerò chiarissime e palesi; ricordandomi, d’aver letto spesse volte tra i Leonidi, gli Scipioni, i Catoni, i Fabricj [p. 31 modifica]uomini illustri, i sediziosissimi Gracchi, l’astuto Annibale, il traditor Giugurta, sanguigni di civil sangue Silla e Mario, i ricco e avaro Crasso, e altri tali. Oltre che quando avessi innalzato con lodi le degne di memoria, e abbassato con riprensioni le vergognose, sarebbe non solamente stata non poca gloria alle generose, e anche non piccola infamia alle scellerate; ma avrebbe paruto, ch’io poco mi fossi dilungato dai termini comuni, e che piuttosto avessi voluto rinnovar quelle cose, che per lunghezza, e difetto di tempo paiano essere mancate. Mi sono immaginato anco alle volte tra l’istorie includervi alcuni amorevoli esempi, ed esortazioni virtuose, aggiungendovi all’incontro acuti stimoli per fuggire e schivare le scelleratezze; perchè congiungendo la dilettazione coll’istorie, ne cavano utilità gl’intelletti. E acciocchè secondo l’usanza antica non paia ch’io abbia solamente toccato i principj delle materie che avero conosciuto dipendere d’autori degni di fede; le ho ridotte in più ampia e lunga istoria, istimando non pur utile, ma necessario, l’opre di queste dover piacere non meno agli uomini, che alle donne; quali come per lo più sono mal pratiche dell’istorie, così anco hanno maggior bisogno, e s’allegrano più d’un parlar copioso. Parrà anco, che io mi sia forse scordato, eccetto Eva, prima madre [p. 32 modifica]di tutti, quasi tra tutte queste Gentili non vi aver posto nessuna Ebrea e Cristiana. Ma sono restato, perchè non m’è paruto, che non molto si convengano insieme, nè che di pari abbiano desiderato giugnere all’istesso segno. Perciocchè quelle veramente per la vera e eterna gloria si sono sforzate spessissime volte vincere loro medesime contro l’avversità, e miserie umane, imitando i sacri e santi comandamenti; laddove queste, o per un certo dono di natura, o piuttosto mosse da desio di così subitano splendore, non senza però gran fortezza di mente sono a nome d’eternità pervenute, sopportando molte volte grandissime disgrazie e infiniti assalti di fortuna. Oltre di ciò quelle non solamente vivono chiarissime e risplendenti d’una vera e eterna luce di dovuta eternità, ma la loro virginità, castità, santità e virtù, così in vincere la concupiscenza della carne, come i tormenti dei tiranni, e invitta loro costanza conoscemo essere stata descritta in più d’un volume da molti santi uomini nelle sacre lettere dottissimi, e non poco onorati. E però nessuno dei meriti di quelle, come è stato, scritti da altri, non abbiamo voluto paragonare con queste, essendo di gran lunga maggiore delle presenti, che ora mi sforzo di scrivere perdarle alcun premio: alla qual opra pia Iddio, padre del tutto, sia presente, e porga favore a ciò che io sono per scrivere, concedendomi che abbia scritto in sua vera lode.