De mulieribus claris/LXXXXIX
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CAPITOLO LXXXXIX.
Irene Ateniese.
Irene fu una donna nobilissima d’Atene, e fu famosa di singolare bellezza, la quale avendo fatto andare da casa sua a Costantinopoli Costantino imperadore, diedela per moglie a Lione suo figliuolo. E dopo la morte di Costantino diventata imperadrice, generò di suo marito e partori uno figliuolo chiamato Costantino. Finalmente, morto Lione, ella resse nobilmente l’imperio con Costantino suo figliuolo molto giovanetto per lo spazio di dieci anni. Ma essendo egli diventato grandicello, affermando egli, che la signoria veniva solo a lui, rimosse quella, secondo che dicono alcuni, da sua compagnia per ispazio di nove anni. Poi quella donna di grande animo, volentorosa di signoreggiare, essendo venuta a discordia col figliuolo, il quale si fidava di sua potenzia, e toltagli la signoria, lo teneva in prigione; e ella solamente alla terra, della quale innanzi tutto il mondo avea tolte le leggi, e oltre agli altri uomini famosa imperadrice, signoreggiò per tempo di cinque anni con gran gloria. Ma per opera degli amici di Costantino avvenne, che per aiutorio degli Armeni Irene fu tolta da signoria; e Costantino tratto di prigione fu messo nella sedia del padre, il quale più pietoso verso la madre che non aveva trovato lei contro a sè; avendo più speranza nella possanza degli amici, non la mise in prigione, ma fu contento di partirla da sè, e metterla nel palazzo d’Eleuterio, il quale ella medesima avea fatto edificare con grandissima abbondanzia di cose, chiamando dall’esilio tutti gli amici di quella. E nondimeno avendo egli infelicemente intentato guerra contro ai Bolgari; e per questo avendo tentato i maggiorenti torgli lo regno, e sostituire in suo luogo Niceforo suo zio, inasprito per ira, proruppe in brutta crudeltà, e fece cavare la lingua a Niceforo e a Cristofaro frategli, poi fece cavare gli occhi ad Alessio, patrizio d’Armenia, e costrinse Maria sua moglie pigliare abito di monaca, e tolse per moglie Teodata cameriera, la quale subito egli incoronò. Per le quali scelerità Irene provveduta donna, benchè costretta avesse messo giuso la fortuna dell’imperio, nondimeno avea servato il nobile animo; prese speranza di ripigliare lo ’mperio, se ella donasse della moneta a’ maggiorenti. Aperto largamente lo tesoro ch’ella aveva riposto nel palazzo dove ella abitava dispartita, fece nascosamente favorevoli a sè gli animi degli principi dello imperio. E avendo condotti quegli con ampj doni a sua volontà, fece che quegli i quali l’avevano tolta la signoria pigliarono Costantino e accecaronlo; e così l’animosa donna ricoverò l’imperio, lo quale gli era stato tolto innanzi; e Costantino infermato morì. E finalmente avendo signoreggiato da capo cinque anni, fu assediata da Niceforo, il quale contraddiceva nel palazzo d’Eleuterio: il quale avendo ricevuta la corona da Acarisio Patriarca di Costantinopoli, favoreggiando Leone e Trifile patrizj, e Sicofe nuovamente fatti ricchi da Irene, tanto fece, che, come egli entrò ad Irene, usò con umiltà e con lusinghe; accorgendosi ella, nondimeno ella non dimandò alcuna cosa della signoria, se non il palagio nel quale ella era, acciocchè ottenuta la promissione della domanda, aprisse a lui tutto il tesoro. Le quali cose ottenute, lo