Capitolo XV

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Platone - Critone (IV secolo a.C.)
Traduzione dal greco di Francesco Acri (1925)
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[p. 65 modifica]Considera appresso: rompendo questi patti, macchiandoti di tale peccato, qual bene procaccerai a te e ai tuoi amici? Che tu metterai i tuoi amici nel pericolo d’essere sbandeggiati dalla città, o di esser privati di tutte le loro sostanze, è chiaro quasi1. Quanto a te, poi, se ti rifuggirai in alcuna delle città più vicine, come Tebe o Megara (chè si reggono con buone leggi tutt’e due), tu entrerai là come un ch’è nemico del loro reggimento2. E quelli che hanno a cuore la loro città, ti guateranno con occhio bieco, immaginandosi che tu sii un corruttore delle leggi: e raffermerai nell’animo de’ giudici la credenza che abbiano giudicata la tua lite dirittamente; imperocchè chi è corruttor delle leggi, può ben parere corruttore [p. 66 modifica]de’ giovani e della gentuccia ignorante3. Che? fuggirai le ben governate città e gli uomini costumati? Ma allora che te ne fai tu della vita? O t’accosterai a loro e appiccherai discorsi come uomo sfacciato? Ma quali? quelli che facevi qua, o Socrate, cioè essere la virtù e la giustizia e le costumanze e le leggi cose da tenere in grandissima riputazione? e non credi che allora il fatto tuo sarà una vergogna? Bisogna bene che tu lo creda4. Ma tu! ti leverai di questi luoghi; anderai in Tessaglia, presso agli ospiti di Critone: imperocchè ivi è molto grande scompiglio e sregolatezza; e volentieri ti udirebbero forse raccontare in qual maniera ridicolosa tu sii fuggito dalla carcere imbacuccato in un manto, o coperto di alcuna pelle, o in alcun’altra forma camuffato, come sono usati di fare quelli che scappano; e, di più, con la faccia disfigurata5. Ma che tu, vecchio a cui resta [p. 67 modifica]da campare più poco, osasti così desiderare avidissimamente di vivere6, passando sopra le leggi più sante, non te lo dirà nessuno? può essere, se tu a nessuno non farai noia; ma se no, Socrate, oh quante ne sentirai! delle belle! delle cose indegne fin di te stesso!7. Tu vivrai, dunque, servendo a tutti e chinando il collo8. E come te la passerai in Tessaglia? satollandoti ai banchetti di questo e di quello, come se tu fossi andato colà a posta, per mangiare9. E quei bei discorsi su la giustizia, su le altre virtù, dove sono andati?10. Ma, vuoi campare per via dei figliuoli, per nutricarli e ammaestrare. Che? in cotesta maniera li nutricherai tu e ammaestrerai, menandoli

[p. 68 modifica]in Tessaglia, facendoli forestieri, acciocchè abbian da te anche questo gran bene per sopraggiunta? Ovvero questo no, e li lascerai qua ad allevare? Ma credi che vivo te, con tutto che lontano da loro, ei s’alleveranno e si tireranno su meglio? Dirai: I miei amici cureranno di loro. Bella! se te ne parti alla volta della Tessaglia, li cureranno: e se te ne parti alla volta dell’altro mondo, non li cureranno? Va’ là, se è da aspettare alcun bene da quelli che si dicon tuoi amici, fidati11.


Note

  1. Critone aveva còlto giusto, che Socrate si preoccupava anche di lui e degli altri amici. Ma era tutt’altro che la principale considerazione, che sconsigliava a Socrate di fuggire. Anzitutto, Socrate aveva il dovere di non disobbedire alle leggi patrie; tra l’altro, disobbedendo, avrebbe messo in grave pericolo gli amici, e reso ridicolo sè.
  2. Violatore delle leggi patrie, apparirà capace di violare ogni altra legge sotto cui prenda a vivere. Tebani e Megarici lo sentiranno nemico del buon ordinamento delle loro città giacchè osò sottrarsi alle leggi della sua patria.
  3. Ecco un’altra preoccupazione di Socrate: fuggendo, divenendo ingiusto, quella sentenza, ora iniqua, degli Ateniesi, diverrà, subito equa, meritata, adeguata. E Socrate vuole che i suoi giudici rimangano sotto il peso della propria ingiustizia: non vuole liberar loro rendendo ingiusto sè. Nell’Apologia ha rilevato che, con la sua condanna, le parti eran fatte: «E io me ne vado, condannato da voi a essere morto; costoro, condannati dalla verità a essere malvagi e ingiusti; e io accetto la pena mia, e questi la loro. Dovea forse essere così, e credo che ciascuno ricevuto ha sua misura». (Cap. XXIX).
  4. Gli argomenti ormai s’affollano alla mente di Socrate. «Andrai tra uomini sfrontati? e che dirai loro? le lodi della virtù? e, più loderai la virtù, più, implicitamente, condannerai te stesso, fuggitivo ed ingiusto».
  5. La commossa fantasia di Socrate già, gli presenta le due scene: quella, buffonesca, della fuga, e quella, trivialissima, Pagina:Critone - 067.jpg
  6. un motivo già accennato nell’Apologia. Perchè mai Socrate non si propone come pena l’esilio? «Ma dovrei esser accecato dall’amore della mia anima, o Ateniesi....» (Cap. XXVII).
  7. Quali nemmeno la tua degradazione meriterà così sanguinose.
  8. Fuggitivo come uno schiavo, tu non potrai sostenere lo sguardo di chi ti gridi in faccia la tua onta.
  9. Conoscerai la vita dell’uomo servo della sua avidità e dei suoi piaceri.
  10. Tra gente rozza e materiale, tu stesso privo della tua spiritualità d’un tempo, sarai l’applicazione a rovescio di quei tuoi discorsi su la virtù, che proclamavi supremo bene, anzi unico bene vero.
  11. Critone aveva detto: «E i tuoi figliuoli? messili al mondo, ora li abbandoni?» Socrate risponde, con una commozione che gli fa precipitar gli argomenti: «Condurli con me, in un paese senza regola, accanto a me menomato, umiliato? Bel dono pei miei figliuoli! Lasciarli in Atene, perchè li educhino i miei amici? Gli amici li educheranno quand’io sia morto, non meno che se io fuggo in Tessaglia».