Cristoforo Colombo (de Lorgues)/Gli amici postumi di Cristoforo Colombo
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Traduzione di Tullio Dandolo (1857)
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GLI AMICI POSTUMI DI CRISTOFORO COLOMBO
§ I.
Dopo tre secoli d’indifferenza, l’Uomo, che, durante il corso di sua vita, non ebbe amici fedeli che due monaci, annovera oggidì in tutti gli Stati Cattolici vive simpatie. Come una madre non va ingannata sopra il suo figliuolo, riconosce le sue doti, ne fa giusta stima, e gli conserva un posto nel suo cuore, anche alloraquando tutti l’abbandonano, il Papato ha conservato una tenera sollecitudine per la gloria del suo figliuolo Cristoforo Colombo. Imitata dal Cardinalato Romano, la Santa Sede fu la sola ad impedire che l’Italia dimenticasse dr aver dato i natali a questo Eroe del Vangelo.
In chiudere questa biografia, così compendiata, pare a noi preferibile di scrivere, invece di un epitafio a Colombo, il nome de’ suoi principali ammiratori, nobili spiriti, che un’affezion generosa avvince tuttavia a lui, nonostante la distanza di tre secoli. Questo vivo omaggio ci sembra il più degno dell’immortalità dell’opera sua. Gli amici futuri di Colombo conosceranno, così, coloro che gli hanno preceduti nella loro affezione retrospettiva; porteranno ad essi gratitudine, e ne serberanno grata memoria.
Pel triplice titolo della riconoscenza, del rispetto e della verità, fra tutti gli amici attuali di Colombo dobbiamo nominar prima la Santità di papa Pio IX.
Il Vicario del Cristo ama Cristoforo Colombo.
Pio IX ha avuto il presentimento della sua grandezza morale. II Santo Padre non è semplicemente il protettore della sua gloria, è altresì l’amico della sua personalità. Al modo che la sua penetrazione della storia gli fece onorare, fra le donne coronate, la Cattolica Isabella, così riconobbe il legame provvidenziale che univa al regno di quella pia la missione di Colombo. L’immortale Pio IX ha desiderato che la vita di questo cristiano esemplare fosse esposta al mondo. Piacesse a Dio che non fossimo rimasi troppo inferiori ad incarico tanto onorevole!
Ad esempio del Santo Padre, i membri del Sacro Collegio pongono un vivo interesse alla gloria del Messaggero della Chiesa. Ci troveremmo forte impacciati se dovessimo or qui classificare per grado di simpatia, i Cardinali a’ quali è cara la ricordanza di Colombo: eccettuato un solo, tutti onorano questo gran servo di Dio e dell’umanità.
Colla elevazione di spirito, col patriotismo liberale e colla finezza di criterio che lo distinguono, il Ministro segretario di stato di Sua Santità, cardinale Antonelli, non poteva essere indifferente alla fama di Colombo; e si degnò nel più grazioso modo d’incoraggiarci nel nostro lavoro1.
Fra’ sinceri ammiratori dell’Araldo della Croce siam lieti di annoverare uno spirito profondo, pieno di forza antica, di erudizione, di arditi concepimenti, fecondo di pensieri gagliardi e di una edificante pietà, il cardinale Pietro Marini, che per sapere politico, e per merito amministrativo tien seggio illustre ne’ fasti del governo di Roma.
Una gran soddisfazione del nostro cuore e quella di dover nominare, altresì, un vasto e luminoso intelletto, ricco per sua natura propria, sapiente in patrologia, nodrito de’ sagri testi, la cui scienza si effonde nel linguaggio, come i profumi d’Aronne su tutte le vesti del Gran Sacerdote, e che fa posare la saviezza de’ suoi pensieri sulla fermezza di una fede vivificante: il cardinale di Andrea.
Nè potremmo dimenticare un uomo di sapere e di azione, dotato di bella imaginazione e di fino gusto, che porta in sè un vivo sentimento dell’onore ecclesiastico, che apprezza col proprio cuore i servigi resi alla Chiesa, e l’attacamento alla Santa Sede, il cardinale Ferretti.
Non passeremo altresì sotto silenzio un de’ lumi del Sacro collegio, vero tipo dell’antico patriziato, gran signore romano in tutto il significato della parola, pieno di grazia e di nobile semplicità, caritatevole e generoso sino alla magnificenza, il cardinale Altieri. Non dimenticheremo neppure il cardinale Brunelli, e il cardinale Fieschi, ad un antenato del quale Colombo, tanta era la stima che ne faceva, fidò il comando della Biscaglina nel suo ultimo viaggio. ll venerabile decano del Sacro Collegio, Macchi, e i cardinali Patrizi, Morichini, Bofondi, Wiseman, Amat, Riario-Sforza, Gaude, Giusto Recanati, e Cajano d’Azevedo hanno pur essi fatto prova di una sincera benevole sollecitudine per la gloria di Cristoforo Colombo.
I Capi degli Ordini Religiosi, in cui vive e scorre, come il sangue nelle arterie, il pensiero della Chiesa, ci hanno del pari attestato il loro interesse per la memoria dell’Araldo della Croce: e ci gode l’animo citare il generale della Compagnia di Gesù, padre Becx, il padre Jandel, generale dei Domenicani conventuali; il padre Alfonso di Rumilly, procuratore generale de’ Cappuccini; il padre Trullet, rettore del collegio San Bonaventura; il padre Modena, teologo eminente, e segretario della Sacra Congregazione dell’Indice; il padre Filippo Rossi, poeta, letterato e segretario generale de’ Minori conventuali. La nostra affettuosa ricordanza deve particolarmente far menzione di un rlottissimo religioso, uom d’alti pensieri, conoscitore di varie lingue, ed a cui l’erudizione non grava lo spirito e non dissecca il cuore, uomo pieno di modestia come di vero merito, e di cui si onoraa ben a ragione l’Ordine de’ Teatini, il padre Cirino.
I tre Ordini di San Francesco presero parte alla riabilitazione di Colombo con quello schietto calore medesimo ch’ei trovò già presso i Francescani di Spagna.
Fra’ più teneri della gloria di Colombo e un Francese dotato d’una mirabile abilità nella direzione delle coscienze, il qual occupata una delle principali dignità della Chiesa sotto il pontificato di Gregorio XVI, e continuando a godere dell’augusto favore dell’attual Vicario di Gesù Cristo, ha vestito l’assisa dell’ umiltà, l’abito di San Francesco, e piacquesi consacrare a Dio nel chiostro la sua profonda conoscenza delle cose e degli uomini. Infaticabile nella sua cortesia, inesauribile nella sua bontà, il padre Vaure, del convento de’ SS. Apostoli, è diventato l’introduttore della riabilitazione di Colombo: egli ha mostrato per la memoria di lui quell’affetto evangelico che provò per l’Eroe il guardiano della Rabida, padreJuan Perez de Marrhena, degno di eterna ricordanza.
§ II.
Sicuramente, di qua dall’Apennino, nessuno, meglio del valoroso re Vittorio Emanuele II, ha sentito quanta gloria derivi alla Sardegna dalla rinomanza di Cristoforo Colombo.
Il generoso Monarca, altrettanto fermo difensore della libertà del suo popolo, quanto preveggente tutore della sua gloria, degnò egli stesso incoraggiarci con parole di una grazia cavalleresca, attinte alla sorgente del vero amor patrio nel suo cuore di re. Sua Maestà. Sarda compiaquesi ella medesima annunziarci la sua reale sottoscrizione all’opera nostra, come una doppia testimonianza così della memoria ond’esso onora lo scopritore del Nuovo Mondo, come della sua costante volontà di favoreggiare tutto che potrebbe crescere lo splendore della città di Genova.
Dopo l’intrepido re Vittorio Emanuele II, nobile alleato della Francia, e degno crede dell’ammirazione che il magnanimo Carlo Alberto portava all’Eroe genovese, cercheremmo invano in tutti gli Stati Sardi, un amico che fosse più tenero di Colombo, del primo pastore, della Liguria, il santo arcivescovo di Genova, Andrea Charvaz.
Il venerabile Prelato ha avuto il presentimento dell’apostolato di Cristoforo Colombo, quel Messaggero della Salute che nacque alla patria e alla Chiesa nella sua diocesi. Mentre, per onorare il loro immortale concittadino, i Genovesi lo paragonavano ai più gran genii della storia, agli Eroi dell’antichità, il dotto e pio arcivescovo di Genova augurava meglio del suo anteriore diocesano: riconosceva in lui il mandatario della Provvidenza; constatava gli atti e le intenzioni che porgono le ragioni di crederlo abitatore delle beate Sedi. Monsignor Andrea Charvaz non ha solamente contribuito, col suo conversare così profondamente attraente, e colla sua opinione di cui è noto il valore, a: diffondere in Italia un’alta idea di Colombo, ma ha altresì manifestato il suo giudizio davanti l’intera nazione, rappresentata dal Re, dalla Corte, dai grandi corpi dello Stato, dalle deputazioni delle città e da un immenso concorso di popolo, lorchè venne inaugurata l’apertura della strada ferrata da Genova a Torino il 20 febbraio del 18542.
Non fu alcuno ch’esprimesse un sentimento così favorevole alla santità di Cristoforo Colombo, come l’arcivescovo della città in cui nacque, niuno dimostrò mai maggior sollecitudine per la storica riabilitazione del Rivelatore del Globo, e pel compimento del monumento che deve rendere eterno l’omaggio della Liguria alla memoria del suo Eroe.
I nomi dei Membri della Commissione spontaneamente istituita per attuare l’erezione di questo monumento non devono cadere in oblio: il marchese Durazzo, Lorenzo Pareto, Vincenzo Ricci, Giacinto Viviani, Luigi Bartolomeo Migone e Pietro Elena hanno ben meritato dagli ammiratori di Colombo. Dobbiamo in particolar modo ringraziare delle sue simpatie un dotto letterato e poeta, il reverendo padre Isnardi, presidente dell’Università di Genova. Nondimeno, sopra tutti questi onorevoli cittadini, l’equità vuole che nominiamo il generoso patrizio, che, in capo a tre secoli, fu costituito dal proprio zelo cattolico l’esecutore testamentario dell’Araldo della Croce.
Commesso al valente scalpello di Raggi un monumento particolare, a pia glorificazione dell’apostolato di Cristoforo Colombo, S. E. marchese Antonio Brignole-Sale, mettendo ad esecuzione il pensiero di questo Messaggero evangelico, eresse in Genova il Seminario delle Missioni straniere, fondato da Colombo a San Domingo. Solamente egli ha perfezionata e ampliata la idea di lui. Con munificenza veramente reale, questo rampollo della vecchia repubblica ha creato un seminario apostolico nella città de’ suoi antenati. Come, la mercè di tal sua larghezza uscì da Genova il primo missionario avviato al di là dei mari, così da questo punto, senza interruzione, la città di marmo manderà alle estremità delle nazioni i portatori della Buona notizia, al modo che Colombo voleva formarne pel suo governo di Hispaniola. Il marchese Antonio Brignole-Sale e la marchesa Artemisia Negrone, sua nobile compagna, associati così nella pietà come in tutta la lor esistenza, hanno consacrato insieme una parte del loro censo a questa fondazione magnifica. Noi dobbiamo parlare di questo fatto di un amor patrio evangelico e incivilitore, a motivo della sua propria generosità, fatta astrazione dai sentimenti di alta ammirazione, affettuosa stima, e sincero attaccamento che portiamo all’autore di tal creazion cattolica: amiamo, altresì, mentovare questo nobile adempimento delle intenzioni di Colombo, affinchè in ogni paese i nostri lettori cattolici risentano la gratitudine de’ Genovesi, e chiamino le benedizioni del Cielo su questa istituzione, che assicura a’ suoi fondatori una eterna ricordanza. In memoria æterna erit justus. L’annunzio di quest’opera allegrerà il cuore de’ missionari e de’ neofiti, sino agli estremi confini del mondo. Tutti gli anni, usciranno dal seminario Brignole-Sale-Negrone nuovi operai per andare a lavorare alla vigna santa, e fertilizzare il campo del Padre di famiglia.
La religiosa Savoia non venne meno a Colombo. Il suo illustre metropolita, monsignor Billet, arcivescovo di Chambery, vera fonte di scienza, profondo naturalista e geologo, non men che teologo eminente, poteva meglio d’ogni altro apprezzare lo spirito osservatore e il genio penetrativo del Rivelatore della Creazione; e ci sentiam onorati del suo illuminato suffragio.
Anche l’isola di Sardegna ha pagato all’Eroe Genovese il suo tributo di venerazione per mezzo del venerabile arcivescovo di Cagliari, strappato testè alla sua sede. Un sentimento alternativo di edificazione e di tristezza ci prese allora che abbiam veduto monsignore Marongiù sostenere nobilmente il suo esiglio, e rimanere inconcusso ne’ suoi principii, perdonando a’ persecutori, pregando per loro, e considerando con occhio sereno il lungo durare della sua prova crudele. Al suo linguaggio che respira un vivo amore del popolo e delle istituzioni liberali3, abbiam cessato di comprendere la cagion vera del suo bando; ma riconoscemmo come la sua anima coraggiosa aveva il diritto d’interessarsi particolarmente alla memoria di Cristoforo Colombo.
Antiche relazioni di convenienza e di amicizia uniscono la Liguria cogli Stati Lombardi, del paro che la geografia politica unisce la Lombardia agli Stati Veneti. Le simpatie di questo paese per la gloria di Colombo sembrano raccogliersi tutte nella persona di un eminente scrittore, che appartiene alle glorie dell’antica Venezia, ed al lustro della Lombardia; che riunisce colle grandezze del passato, e le prove del presente, le speranze dell’avvenire; vo’ dire il conte Tullio Dandolo, autore di opere pregevoli sulla filosofia della storia, e di una gran copia letteraria di scritti diventati familiari a tutta l’Italia. Carattere pieno di elevazione e di disinteresse, spirito sagace, superiore alle esagerazioni dei partiti ed alle preoccupazioni di un cieco liberalismo, questo nobile pensatore ha dedicata la sua penna alla difesa della verità storica e religiosa. Da più anni il suo nome ha valicato l’Apennino e le Alpi: e la scuola cattolica lo annovera fra le sue glorie.
Il nostro onorevole amico Tullio Dandolo fu de’ primi a riconoscere il carattere quasi sacerdotale di Cristoforo Colombo; e correndo il 1852, riprodusse nella sua notevole opera I secoli di Dante e di Colombo, la prima idea che dava di questo Eroe cristiano il nostro libro La Croce nei due Mondi. L’ammirazione ch’egli professa per Colombo, e la sua amicizia per noi, gli hanno ispirato, or volgono due anni, coll’intento di annunziare all’Italia la presente storia, un manifesto eloquente sulla necessità delle riabilitazioni storiche. Questo rapido scritto, dettato in meno di una notte, in data da Adro, provincia di Brescia, il quale fu stampato a Parigi ed a Milano, ha meritato di essere citato in altro manifesto al Clero d’Italia, sul medesimo argomento, dall’illustre Padre Ventura di Raulica, uno de’ protettori più teneri della fama di Colombo.
Da Genova, centro di ammirazione e di entusiasmo pel Rivelatore della Creazione, raggiò quel patriotico ardore per le contrade vicine. Genova comprende il proprio onore. Nessuna città fu dotata da così magnifica gloria; dalle sue mura è uscito il segreto dell’altra metà del globo. Ama vivamente Colombo, o città di marmo! fai cosa giusta, serbandoti fida alla memoria di Colui che serbò in cuore la tua sino al báttito supremo. Il tuo glorioso figlio Cristoforo Colombo partì per la sua scoperta durante il pontificato di un tuo concittadino, colla segreta associazione de’ suoi voti, coll’assistenza delle sue preghiere e colla sua intima benedizione: sotto gli auspicii della Chiesa, in nome di Cristo, il Vincitore del mare tenebroso si lanciò verso lo spaventevole sconosciuto: colla sua fede guadagnò un mondo, e acquistò una rinomanza immortale fra’ cristiani: non dimenticare la cagione de’ suoi successi, non vergognarti della tua fede, o città magnifica! il lustro delle tue mura, i monumenti della tua carità, lo splendore delle tue Chiese a ciò ti costringono: i tuoi antichi titoli di gloria t’impongono il Cattolicismo più puro. Risveglia la tua prudenza: non ti fidare degli stranieri banditori di filantropia, che i tuoi costumi ospitali generosamente ricoverano: essi non sono nè del tuo sangue nè della tua lingua; non credono, non praticano ciò che forma la forza de’ tuoi illustri patrizi. Cotesti stranieri, dispregiatori de’ nostri dommi, non hanno alcun legame di memorie, di affetti e di parentado colla Italia che ammorbano dei loro errori, e travagliano colla loro propaganda: non lasciar piantare nella tua terra la radice dei forastieri costumi: ti sta da te, nobile Liguria! Verresti meno a te medesima guastando quel grande avvenire che ti attende. La navigazione a vapore, e il prossimo taglio dell’istmo di Suez4, promettono al tuo porto e alle tuo strade ferrate una prosperità incalcolabile. I nostri voti per la tua felicità sollecitano l’arrivo di tal giorno. Ti affretta a compiere il marmo monumentale aspettato dalla storia. Abbi continuo davanti agli occhi la ricordanza del tuo Eroe. Medita su questo modello di grandezza cristiana; e sappi che la miglior maniera di onorarlo è quella d’imitare le sue virtù; imperocchè, se a niuno è dato di potere uguagliare il suo genio, è permesso a tutti di accostarglisi per la fede.
§ III.
Noi siamo costretti a confessare questa verità: le donne, sin anche in Francia, paese della gloria e d’ogni generoso entusiasmo, non s’interessano a Colombo; e così la sua memoria rimane priva della loro simpatia, come la sua vita si svolse digiuna delle cure consolanti della famiglia. Questa noncuranza procede sicuramente dal non avere le donne cattoliche peranco letta una fedele biografia di questo Eroe del Cattolicismo: mentr’esse sentono gran compassione di alcuni volgari uomini di mare, de’ quali la storia compendiata de’ naufragi racconta ad esse le sciagure, ignorano gli infortunii del principe dei navigatori.
Oggidì, una sola Donna ha manifestato per la gloria di Colombo una benevolenza mista di rispetto e pietà. Questa nobil Donna, unica per generosità di simpatie, come per grandezza morale, pel prestigio delle grazie e pel primato del grado, non la nomineremo qui non trovando nel suo sesso nomi che abbiano meritato di conseguir l’onore di farle corteo in questa occasione.
Le pratiche d’uso e le preminenze non prevarranno qui sulle simpatie mostrate per Colombo. Noi presenteremo la lista degli amici dell’Eroe secondo ch’ella suggerirà alla nostra memoria.
Fra tutti gli uomini il cui istinto elevato ha indovinato Colombo, non ostante il travestimento sistematico, sotto cui ce lo occultavano i suoi biografi, presentasi primieramente al nostro pensiero colui che ha penetrato meglio il cuore del grand’uomo; perchè ha la sua fede, il suo coraggio, la sua modestia, il suo distaccamento terrestre; perche ricevette eziandio il dono di farsi amare, ed i cui servigi sono stati troppo presto dimenticati dal nostro paese. Perocchè, come diceva e provava Cristoforo Colombo, «quegli che serve tutti non serve alcuno». Questo sincero amico del Rivelatore del Globo è il conte Alfredo di Falloux, già ministro dell’istruzion pubblica e dei culti, che primo, fra novecento rappresentanti del popolo, osò levarsi e dimandare fosse licenziato l’esercito de’ centomila uomini delle fabbriche nazionali, infingardi inscritti e distribuiti in formidabili squadre in nome del lavoro, pagati dallo Stato a pro degli ammutinamenti, moltitudine brutale che minacciava colle sue violenze ogni principio di ordine e di governo regolare.
Il coraggio di questo provvedimento non deve andar perduto per la storia. Questa protesta dello spirito contro la materia, del diritto contra il numero, di una parola contro dugentomila braccia, questa voce che s’eleva da principio sola, forte di un’intima fiducia in Dio, signore de’ cuori, questa impresa così sproporzionata e così felice accoglie alcunchè di colossale e d’eroico alla maniera di Colombo. Forse noi offenderemo certuni ricordando quelle cupe ore; ma chi può negar la verità conosciuta? essa è la vita della storia. Gli uomini dabbene, difensori dell’equità storica, ci sapranno grado di questo incidente sfuggitoci per la forza delle ricordanze; la nostra amicizia non è complice di questa diversione. Colla sua squisita delicatezza di sensibilità, il signor di Falloux penetrò nel segreto di un dolore del quale nessuno aveva prima di lui avuto compassione, e di cui sicuramente non si era preoccupato alcuno de’ biografi di Colombo: mentre noi riabilitavamo l’Araldo della Croce, è giusto ricordare i titoli gloriosi de’ suoi amici postumi, di quelli che lo hanno onorato più presto o più altamente, e che attirati verso di lui per la loro propria grandezza, rimangono in comunicazione naturale colla sua memoria.
Un antico Ministro della Giustizia e dei Culti, che, sotto il regno dell’ultima monarchia, ebbe l’onore di presiedere per lungo tempo la Camera dei Deputati, e sagrificò intrepidamente all’amore della giustizia una popolarità gloriosa per trionfi di eloquenza e luminose prove di patriottismo, l’onorevole signor Sauzet vuolsi annoverare tra’ più caldi ammiratori di Colombo. La rivoluzione del febbraio 1848 lo sorprese che sedeva sul suo scanno curule, e continuò a sedervi allora quando non vi fu più nè dignità regia, nè reggenza, nè corte, nè ministero. Non si levò di là, se non dopo l’invasione del caos, scomparsa essendo colla monarchia ogni autorità costituita, quando nessuna potestà umana poteva salvare o difendere ciò che avea cessato di esistere. La dimora che fa Sauzet per una metà dell’anno in Italia, lo collocò addentro negli interessi di questo paese, per modo da riuscirgliene cara la gloria, quasi ne fosse cittadino; ond’è divenuto amico naturale dell’Eroe genovese.
A questi due Ministri dei Culti si devono aggiungere due Ministri dell’istruzion pubblica: l’illustre Guizot, che si può giustamente chiamare il reggente della filosofia politica, il precettore degli storici moderni e il maestro degli scrittori dell’età nostra; e Villemain, retore inimitabile, critico inimitato, modello di atticismo francese e di eleganza letteraria. Fra gli eredi della memoria di Colombo sono da porre gli scrittori che primi hanno accolta la risurrezione della sua fama. ln capo ad essi troviamo primieramente il celebre chimico Gualtier di Claubry, uomo di civica energia, di coraggio esemplare, protettore delle Missioni, e affezionato al Santo Sepolcro: l’abate Cadoret aggiunto cappellano in capo della marina, Luigi Roche autore di un pregiato lavoro sul nostro Eroe, pubblicato nel giornale ufficiale dell’impero, Barbey d’Aurevilly redattore del giornale dell’impero, un caldo poeta e filosofo cristiano, nostro dotto amico, il barone Gaston de Flotte; un nobil campione della verità, da lunga pezza caro alle lettere, alla monarchia, alla religione, leale avversario, viva lezione di cortesia nell’arena della discussione, il signor di Lourdoneix; nè separiam Enrico di Riancey da tutti questi generosi ammiratori di Colombo.
Fra gli uomini del mondo elegante non allignano profonde simpatie in favore di Colombo.
Così in Francia, come in ogni altra parte del mondo, il Clero porta affetto alla fama di Colombo. La sua memoria ha avuto questa fortuna, che i due primi oratori sacri dell’età nostra, ambo monaci, sonolesi chiamati caldi amici, il padre Ventura di Raulica, e il padre Enrico Domenico Lacordaire.
Quando il reverendo padre Lacordaire c’intratteneva di questa storia, ricordavamo il caritatevole appoggio che i suoi fratelli Domenicani di Salamanca avevano prestato a Colombo sconosciuto: pensavamo allo splendore, onde la sua affascinatrice parola farà forse un giorno raggiare l’ospite dei Domenicani, allorchè, venendo a riassumerne sua vita, mostrerà il prodigio di quest’Uomo che fu più forte del tempo. Mosso dal suo zelo per la Chiesa e per la gloria dell’Italia, ed anche dall’amicizia di cui ci onora, l’illustre padre Ventura di Raulica piacquesi di annunziare a‘ suoi compatrioti, la nostra riabilitazione di questo gran servo di Dio. Il suo manifesto che il Santo Padre, il Sacro Collegio, i principali Sovrani d’Italia, gli Arcivescovi e Vescovi della Penisola hanno avuto sott’occhio, vero capo-lavoro letterario, ammirato da tutti i begli Spiriti di Roma, rimane notevole sotto il rapporto della forza e dell’eleganza anche nella traduzion francese, ch’è stata fatta in due edizioni col titolo Cristoforo Colombo rivendicato alla Chiesa. Da Parigi è partita questa chiamata elettrica di una grande anima al Clero d’Italia. Questo giudizio di un grand’uomo su d’un gran genio è avvenimento doppiamente felice, per la gloria di Colombo che si trova improvvisamente accresciuta, e per l’onore della Francia, che sembra così riparare un po’ certi antichi torti verso tal sublime rinomanza.
La città del Cattolicismo, la culla della propagazione della fede, Lione non poteva essere indifferente verso del primo missionario del Nuovo Mondo; e il cardinale arcivescovo primate delle Gallie, monsignor di Bonald lo ha provato. L’Eroe dei mari aveva diritti naturali alla memoria del cardinale Mathieu, arcivescovo di Besanzone: questa dotta città comprende la scienza e la gloria. Un’altra città vicina alla Spagna e all’Oceano, Bordò, la mercè del suo primo Pastore amerà anch’essa il Rivelatore del Globo. Il suo arcivescovo, il cardinale Donnet, ha degnato esprimerci vive simpatie. L’interesse ch’egli non ha cessato di professare per la corona e pei popoli della Spagna, il suo delicato sentimento degli obblighi della porpora romana, la sua deferenza all’invito dell’augusto esempio del Sommo Pontefice, la sua adesione istintiva alle cose utili, alle memorie gloriose pel Cattolicismo ci hanno attirato il suo suffragio e dannogli diritto alla riconoscenza degli ammiratori di Colombo.
Avvisiamo conforme alla giustizia che in ogni paese gli amici di Colombo sappiano i nomi dei vescovi di Francia che, nonostante il cumulo delle cure della loro diocesi, vollero seguire l’esempio del Santo Padre, unirsi alle intenzioni del Sacro Collegio, simpatizzare coll’ltalia, onorare il primo missionario del Vangelo sull’Oceano; e anzi, per la maggior parte, nel disegno di agevolare la propagazione della sua storia, collocarsi anticipatamente nel novero de’ suoi soscrittori.
Citeremo, anzitutto, il dotto e pio arcivescovo di Tours, monsignor Guibert, così edificante per la dottrina e le opere, la cui prudenza ed il cui zelo sono apprezzati da tutti i suoi colleghi nell’episcopato. A questo dotto prelato abbiamo avanti ogni altro esposti i nostri pensieri di riabilitazione.
Indi, secondo l’ordine delle date, dobbiamo mentovare monsignor Sibour, arcivescovo di Parigi, il quale incoraggiò sempre graziosamente le nostre fatiche: monsignor Jolly, arcivescovo di Sens; monsignor Chalandon, arcivescovo d’Aix; il santo vescovo di Chalons, di Prilly, decano dell’episcopato francese; Dupanloup, vescovo d’Orleans; Jacquemet, vescovo di Nantes; di Garsignies, vescovo di Soissons; di Morlhon, vescovo del Puy; Roess, vescovo di Strasburgo; di Mazenod, vescovo di Marsiglia; Doney, vescovo di Montauban; Croizier, vescovo di Rhodez; Thibault, vescovo di Mompellieri; Menjaud, vescovo di Nancy; Chatrousse, vescovo di Valenza; Pallu du Parc, vescovo di Blois; Angebault, vescovo di Angers; Lanneluc, vescovo d’Aire; Gignoux, vescovo di Beauvaix; Wicart, vescovo di Laval; di Dreux-Brezé, vescovo di Moulins; Caverot, vescovo di Saint Dié; Casanelli d’Istria, vescovo di Ajaccio; Bonnamie, arcivescovo di Calcedonia; Timarche, vescovo d’Adras.
In riabilitare la gloria di Cristoforo Colombo, non dimentichiamo que’ suoi amici che ci hanno preceduti nell’eternità. Fra questi il nostro cuore gode ricordare l’immortale arcivescovo di Parigi, martire delle nostre discordie civili, monsignor Affre. Il pastore secondo il cuore di Gesù aveva, com’è note, affettuosamente incoraggiato i primi passi della nostra impresa. Non passeremo sotto silenzio il cardinal Lambruschini, compatriota di Colombo, e che con sua mano tremante apponeva a suo onore, il proprio nome su queste carte. Non possiamo dimenticare il cardinale prefetto degli studi, Fornari, antico nunzio a Parigi, nè il suo successore monsignore Garibaldi, nè il dotto cardinale Angelo Mai, infaticabile diciferatore di palinsesti, autore di sì copiose ed importanti rivendicazioni storiche.
Particolarità degna di attenzione! I panteisti, i puri razionalisti, i protestanti sono generalmente inclinati a sminuire la gloria di Colombo: gli uomini di traffico e di finanza, le indoli fredde o scettiche, del paro che le anime insensibili alle bellezze della natura, non fanno parte di cotesta schiera eletta del mondo morale, che, nelle sommità del Cattolicismo, tien dietro con sollecitudine alle fasi della rinomanza del grande Uomo. Quest’associazione di voti e di memorie, invisibile riunione di scienza, di pace e di virtù, costituitasi a grandi distanze tra spiriti eletti in tutti i paesi veramente cattolici dell’Europa, viene, in capo a tre secoli a formare un concento spirituale a lode del Contemplatore del Verbo, sorgente da ogni ordine, costituito da ogni armonia, vago d’ogni bellezza: dimodochè anche nel modo di ammirazione che ispira, Colombo è unico, eccezionale e fuor d’ogni possibile paragone.
Ma basti: accomiatamoci dai nostri lettori.
È conveniente serbare pel momento dell’addio il miglior pensiero e la parola più espressiva; e, così, vogliamo qui scrivere un nome che abbiam rispettosamente conservato sino a questo momento, destinando collocarlo qual suggello di gloria sulla vita di Colombo.
Non guardando sta volta alle regole del cerimoniale, nomineremo dopo tutti gli altri quella che doveva star prima, dappoich’Ella è ad ogni altro superiore: questa enumerazione, cominciata col primo tra gli uomini nella gerarchia spirituale, chiudesi colla prima tra le donne nella gerarchia sociale, colla Donna la più capace d’illustrare il diadema, e di farne benedire la possanza.
L’imperatrice Eugenia è l’unica spagnuola e la sola franeese che abbia effettivamente desiderata la riparazione dovuta al Rivelatore del Globo. Una tale simpatia, che sopravvive al tempo ed alla tomba, onora ugualmente lo spirito che la riceve, e l’anima che la concede. L’amicizia della cattolica Isabella, rimasa fedele a Colombo, sembra in tal guisa risuscitata sul trono, trasmessa dalla Spagna in Francia, quasi pio legato della più grande delle Regine alla più degna delle Imperatrici.
Nel porre fine a questo libro, ci stimiamo felici di poter deporre, a mo’ di fresca corona di fiori sull’immortale rinomanza di Colombo, il suffragio dell’imperatrice Eugenia, di cui avevamo con intima compiacenza saporata la dolcezza lungo l’intero corso della nostra coraggiosa fatica; trovando in esso, ad un tempo, la consacrazione di questa biografia, una speranza di clemente indulgenza per la nostra prosa disadorna, e l’aurora di un felice presagio per la riabilitazione del sublime Scopritore del quale abbiamo compilata la storia.
fine del secondo ed ultimo volume
Note
- ↑ Le periodiche diatribe della demogagia italiana, l’accanimento della stampa piemontese e toscana non ci saranno di ostacolo a rendere omaggio all’Eminentissimo Cardinale, la cui vigilanza e moderazione fanno testimonianza del suo liberalismo del pari che della sua bentà. La coscienza delle immense difficoltà della situazione, l’apprezzamento degli uomini di stato, la stima della intiera diplomazia debono essergli indennizzazione delle incessanti calunnie dei nemici della libertà e dell’incivilimento.
- ↑ Vedi nel primo vol., introduzione pag. 37
- ↑ Non pnssiam entrar qui nelle particolarità, ma a non dubitarne, solo per una strana prevenzione S. Eccell. l’Arcivescovo di Cagliari è rappresentato a Torino come un nemico irrcconciliabile dello Statuto.
- ↑ È a vedersi in proposito un lavoro studiato e notevolissimo del marchese Antonio Brignole Sale, pubblicato sotto il titolo di Rapporto sul taglio dell’istmo di Suez, stampato in dicembre 1855. In tale lavoro ore campeggia l‘erudizione storica e geografica; il signor marchese de Brignole espone i vantaggi che debbono risultare da questa colossale impresa, sotto il punto di vista generale degli interessi del commercio, dell’incivilimento, e della propagazione del cattolicismo. Noi lo raccomandiamo a tutti gli amici della scienza e del progresso.