Compendio storico della Valle Mesolcina/Capitolo IX
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CAPITOLO IX.
(dal 402 al 403)
Nel 402, allorchè Alarico Re dei Goti discendeva per le Alpi Giulie nell’Italia, distaccò dalla numerosa sua armata un forte corpo di truppe dirigendolo alla volta di Verona e Como per portar prontamente la sua avanguardia sino alla sorgente del Reno, coll’ordine d’occupare nella sua marcia tutti i posti importanti situati su quella lunga linea. Parte di quelle truppe essendo arrivata per la via del Cunu-Aureu1 alla sua destinazione, il suo condottiere spedì un piccol distaccamento nella Mesolcina coll’intenzione forse d’aprire anche da questa parte la comunicazione col restante dell’armata, presumendo egli che i contorni del Ticino sarebbero a quell’ora già stati occupati dalle altre avanguardie di sua nazione, il che non era per anco. Tosto che si seppe l’improvvisa discesa dal Monte-Avis2 di quei terribili nuovi nemici, i quali portavano saccheggio e sterminio ovunque ponevano il piede, si spedì subito ad avvertire Bonosio Governatore romano che risiedeva allora nel castello di Calanca; ed intanto gli abitanti di Mesocco si riunirono frettolosamente ed in piccol numero nei contorni del ponte di Gola3, difendendo quello stretto ed importante passaggio sino all’arrivo degli altri già prevenuti vallerani, i quali giunti batterono, non però senza perdita, e respinsero energicamente i Goti d’onde discesero, lasciando essi pure sull’istesso luogo delle vittime per la loro temeraria entrata nella Valle.
È degna di memoria l’eroismo della Vedova Rupilla di Drenola, la quale avendo intesa la improvvisa chiamata di tutti i vallerani in difesa contro dei barbari, e non avendo essa che un figlio unico abile a portar le armi, ma che in quel giorno si trovava ammalato, essa senza indugiare prese le di lui armi e corse con gli altri ove erano chiamati. Arrivata al ponte di Gola, se non combatteva, eccitava almeno energicamente con patriotiche esortazioni alla distruzione dei nemici. Anche gli abitanti della Calanca corsero di subito in massa per difendere la patria, e contribuirono ad inseguire i Goti sino alla cima della montagna, ove ebbe luogo un sanguinoso conflitto in cui restarono molti morti d’ambe le parti; ed ove li vincitori Mesolcinesi accamparono per qualche tempo sul timore d’una nuova invasione nemica.
Alcuni di questa spedizione gotica, stanchi dal viaggio, dimandarono ed ottennero di poter restare nel paese. Tra questi ve n’era uno di cognome Nordman, chiamato Rinaldo, il quale per la sua rara ed amabile affabilità si cattivò ben presto la benevolenza dei Vallerani; si pretende che questo Goto seco portasse oggetti preziosi e di gran valore. Alcuni giorni dopo la comparsa dei Goti nella Valle, Bonosio, prevenuto che quei feroci nemici andavano rapidamente innondando e devastando l’Alta Italia, abbandonò la Mesolcina. Quest’ultimo Rappresentante romano che si era procacciato la generale stima ed affezione dei Mesolcinesi per la sua benigna amministrazione, veniva chiamato Buon Pastore.
Subito dopo l’abbandono di Bonosio, e quantunque fosse già sparso il terrore per l’entrata in Italia dei potentissimi Goti, tuttavia i più notabili della Valle si riunirono in Lostallo per combinare sul bene della patria, adottando il governo popolare basato su quello già stato introdotto da Lostullux, ed alcuni articoli provvisorii di legge, fondamento di quelli che molti secoli dopo si misero in vigore, composti e compilati da certo Molina di Calanca. Questo venerabile legislatore della Mesolcina viveva ritirato e quasi nascosto nel luogo che dappoi porta il suo nome.
A sua insinuazione suggerita da un’ardente amor di patria libertà, gli abitanti distrussero senza ritardo le torri chiamate allora castelletti che esistevano nella Valle, state costrutte in diversi tempi sotto il Dominio romano per servire di residenza ai suoi Rappresentanti. Molina ne consigliò una pronta distruzione causa la loro imponente costruzione, forte posizione e gran numero; il suo consiglio fu immediatamente eseguito. La Prima Bilancia ci trasmette i nomi di tutti i castelletti stati allora demoliti, la maggior parte dei quali antichi avanzi sussistono ancora oggi giorno, e sono li seguenti: il castelletto della Rocca, presentemente le maestose ruine del castello di Mesocco; il castelletto Soatz, ora la casa sul Sasso in Soazza; il castelletto Lostallo che diede poi il suo nome al paese ove era situato, così chiamato probabilmente in memoria del primo civilizzatore della Mesolcina, ed il secondo statovi fabbricato, sulle di cui ruine giace presentemente l’isolata casa parrocchiale di Lostallo; il castelletto Mezot, oggidì le triste ruine del castello di s. Lucio, chiamato anche la torre di Norantola, particolarmente memorabile perchè nei più tardi secoli vi dimoravano i Commissari ed i Sicari de’ tiranni Conti che abitavano nel castello di Mesocco; il castelletto del Dordo, addesso Valdord; il castelletto Fiorenzana in Grono, che serviva pure come casa di campagna ai Governatori o Castellani della Mesolcina; il castelletto Calanca, oggigiorno la torre di Santa Maria, il terzo stato fabbricato, ed ove alcuni Delegati romani preferivano di tenere la loro ordinaria residenza; quello di Rovore, Roveredo, chiamato il castelletto Befan; il castelletto Pallas, al presente la torre di s. Vittore; il castelletto Moncel, ora la torretta di Monticello; il castelletto Castilla4 del quale oggidì non si vede più alcuna vestigia. In quei tempi Castione, situato all’imboccatura meridionale della Mesolcina verso il fiume Ticino, era l’ultimo paese della Valle.
La Prima Bilancia ci rapporta pure che prima della demolizione del castello della Rocca si vedeva in un angolo dell’interno una pietra, sulla quale era incisa un'inscrizione che dinotava l’epoca della sua primiera costruzione; essa era così concepita in parole latine:
Sotto Cesare Augusto
Fu Fortificata Questa Rocca.
Allorchè i Delegati e Primarii della Valle si trovano in Lostallo per risolvere sul bene della patria, diverse, animate e lunghe furono le discussioni di quelle prime patriottiche Radunanze, sebbene per il politico tutte tendessero al governo democratico; si tentava fortemente di poter ottenere la pubblica professione dell’idolatria, culto che non era ancora totalmente estinto nella Mesolcina; si cercava pure di far adottare un altro Capoluogo più a portata per il comodo dei vallerani, oppure di far l’alternativa fra alcune Comuni; ma a grande maggioranza si risolse che Lostallo restasse il Capo luogo di tutte le Radunanze come era anticamente, e che nella Mesolcina non si fosse più professata pubblicamente altra religione che la cristiana, a qual fine si fecero delle rigorose ordinazioni che per eseguirle dovevano però previamente essere approvate dal Vescovo di Coira; e d’allora in poi la Valle non fu più molestata in materia di religione, che molti secoli dopo, cioè al tempo della riforma.
Quantunque esistesse di già a tal’epoca una certa divisione di territorii fra le Comuni vallerani, ciononostante in un’apposita Radunanza di quell’istess’anno, si nominarono deputati per meglio verificare, od al caso compartire i diffini, che vennero accettati tali come furono stati progettati dalla Commissione, ciocchè fu poi origine di posteriori dissensioni e litigi fra le dette Comunità, adducendo alcune che quell’importante affare era troppo frettolosamente stato ultimato, per cui pretendevano che il comparto non poteva essere che parziale; ma la stabilita divisione fu però sempre stata approvata dai successivi diversi Governi, sotto i quali di agitò più volte tal affare.
Il paese di Calanca, che sin allora veniva così chiamato, non formava che una sola Valle colla Mesolcina, ma all’occasione dei sopraccennati comparti, essa prese il nome di Valle separata, incominciando da Nader che chiamossi Porta, facendo però nel politico un sol corpo unito colla Mesolcina, la quale d’allora in poi si chiamò anche Valpiana.
- ↑ Monte Spluga, anche oggigiorno si chiama Conca d’Oro.
- ↑ Ora San Bernardino.
- ↑ Indi Gregorio, e presentemente Pontghergheri.
- ↑ Castione, o Caggione, piccol villaggio nel Cantone Ticino.