Compendio della dottrina cristiana/Catechismo maggiore/Parte quarta/Capo VI

Catechismo maggiore - Parte quarta - Capo VI

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Capo VI.
Della Penitenza.

§ 1. - Della Penitenza in generale.

D. Che cosa è il sacramento della Penitenza?

R. La Penitenza detta anche Confessione, è il sacramento istituito da Gesù Cristo per rimettere i peccati commessi dopo il Battesimo.

D. Perchè a questo sacramento si dà il nome di Penitenza?

R. A questo sacramento si dà il nome di Penitenza, perchè ad ottenere il perdono dei peccati è necessario detestarli con pentimento, e perchè chi ha commesso una colpa, deve sottoporsi alla pena che il sacerdote impone.

D. Perchè questo sacramento si chiama anche Confessione?

R. Questo sacramento si chiama anche Confessione, perchè ad ottenere il perdono dei peccati non basta detestarli, ma è necessario accusarli al sacerdote, cioè farne la confessione.

D. Quando Gesù Cristo ha istituito il sacramento della Penitenza?

R. Gesù Cristo ha istituito il sacramento della Penitenza il giorno della sua risurrezione, quando entrato nel cenacolo solennemente diede ai suoi Apostoli la facoltà di rimettere i peccati.

D. Come Gesù Cristo diede ai suoi Apostoli la facoltà di rimettere i peccati?

R. Gesù Cristo diede ai suoi Apostoli la [p. 220 modifica]facoltà di rimettere i peccati, soffiando sopra di loro, e dicendo: Ricevete lo Spirito Santo: i peccati di coloro ai quali voi li rimetterete, saranno rimessi; ed i peccati di coloro ai quali voi li riterrete, saranno ritenuti.

D. Qual’è la materia del sacramento della Penitenza?

R. La materia del sacramento della Penitenza si distingue in remota e prossima. La materia remota è costituita dai peccati commessi dal penitente dopo il Battesimo, e la materia prossima sono gli atti del penitente stesso, cioè la contrizione, l’accusa e la soddisfazione.

D. Qual’è la forma del sacramento della Penitenza?

R. La forma del sacramento della Penitenza è questa: Io ti assolvo dai tuoi peccati.

D. Chi è il ministro del sacramento della Penitenza?

R. Il ministro del sacramento della Penitenza è il sacerdote approvato dal Vescovo per ascoltare le confessioni.

D. Perchè avete detto che il sacerdote deve essere approvato dal Vescovo?

R. Il sacerdote deve essere approvato dal Vescovo ad ascoltare le confessioni, perchè ad amministrare validamente questo sacramento non basta la potestà dell’ordine, ma è necessaria anche la potestà di giurisdizione, cioè la facoltà di giudicare, che deve essere data dal Vescovo. [p. 221 modifica]

D. Quante sono le parti del sacramento della Penitenza?

R. Le parti del sacramento della Penitenza sono: la contrizione, la confessione e la soddisfazione del penitente, e l’assoluzione del sacerdote.

D. Che cosa è la contrizione, ossia il dolore dei peccati?

R. La contrizione ossia il dolore dei peccati, è un dispiacere dell’animo, pel quale si detestano i peccati commessi e si propone di non farne più in avvenire.

D. Che cosa vuol dire questa parola contrizione?

R. La parola contrizione, vuol dire rottura o spezzamento, come quando una pietra è pestata e ridotta in polvere.

D. Perchè si dà il nome di contrizione al dolore dei peccati?

R. Si dà il nome di contrizione al dolore dei peccati, per significare che il cuor duro del peccatore in certo modo si spezza per dolore di avere offeso Dio.

D. In che consiste la confessione dei peccati?

R. La confessione consiste in un’accusa distinta dei nostri peccati fatta al confessore per averne l’assoluzione e la penitenza.

D. Perchè la confessione si chiama accusa?

R. La confessione si chiama accusa, perchè non dev’essere un indifferente racconto, ma una vera e dolorosa manifestazione de’ propri peccati. [p. 222 modifica]

D. Che cosa è la soddisfazione o penitenza?

R. La soddisfazione o penitenza è quella preghiera o altra opera buona, che il confessore ingiunge al penitente in espiazione de’ suoi peccati.

D. Che cosa è l’assoluzione?

R. L’assoluzione è la sentenza, che il sacerdote pronunzia in nome di Gesù Cristo, per rimettere i peccati al penitente.

D. Delle parti del sacramento della Penitenza qual è la più necessaria?

R. Delle parti del sacramento della Penitenza la più necessaria è la contrizione, perchè senza di essa non si può mai ottenere il perdono dei peccati, e con essa sola, quando sia perfetta, si può ottenere il perdono, purchè sia congiunta col desiderio, almeno implicito, di confessarsi.

§ 2. - Degli effetti e della necessità del sacramento della Penitenza e delle disposizioni per ben riceverlo.

D. Quanti sono gli effetti del sacramento della Penitenza?

R. Il sacramento della Penitenza conferisce la grazia santificante con la quale sono rimessi i peccati mortali e anche i veniali che si sono confessati e dei quali si ha dolore; commuta la pena eterna nella temporale, della quale pure vien rimesso più o meno secondo le disposizioni; restituisce i meriti delle buone opere fatte prima di commettere il peccato mortale; dà al[p. 223 modifica]l’anima aiuti opportuni per non ricadere nella colpa, e ridona la pace alla coscienza.

D. Il sacramento della Penitenza è necessario a tutti per salvarsi?

R. Il sacramento della Penitenza è necessario per salvarsi a tutti quelli che dopo il Battesimo hanno commesso qualche peccato mortale.

D. È cosa buona confessarsi spesso?

R. Il confessarsi spesso è cosa ottima, perchè il sacramento della Penitenza, oltre al cancellare i peccati dà le grazie opportune per evitarli in avvenire.

D. Il sacramento della Penitenza ha virtù di rimettere tutti i peccati per molti e grandi che siano?

R. Il sacramento della Penitenza ha virtù di rimettere tutti i peccati per molti e grandi che siano, purchè si riceva con le dovute disposizioni.

D. Quante cose si richiedono per fare una buona confessione?

R. Per fare una buona confessione si richiedono cinque cose: 1.º esame di coscienza; 2.º dolore di avere offeso Iddio; 3.º proponimento di non più peccare, 4.º accusa dei propri peccati; 5.º soddisfazione o penitenza.

D. Che cosa dobbiamo noi fare prima di tutto per confessarci bene?

R. Per confessarci bene dobbiamo prima di tutto pregare di cuore il Signore a darci lume per conoscere tutti i nostri peccati e forza per detestarli. [p. 224 modifica]

§ 3. - Dell’esame.

D. Che cos’è l’esame di coscienza?

R. L’esame di coscienza è una diligente ricerca dei peccati che si sono commessi, dopo l’ultima confessione ben fatta.

D. Come si fa l’esame di coscienza?

R. L’esame di coscienza si fa col richiamare diligentemente alla memoria, innanzi a Dio, tutti i peccati commessi, non mai confessati, in pensieri, parole, opere ed omissioni, contro i comandamenti di Dio e della Chiesa, e gli obblighi del proprio stato.

D. Sopra quali altre cose dobbiamo esaminarci?

R. Dobbiamo esaminarci ancora sopra le abitudini cattive e sopra le occasioni del peccato.

D. Nell’esame dobbiamo ricercare anche il numero dei peccati?

R. Nell’esame dobbiamo ricercare anche il numero dei peccati mortali.

D. Che cosa si richiede perchè un peccato sia mortale?

R. Perchè un peccato sia mortale si richiedono tre cose: materia grave, piena avvertenza, e perfetto consenso della volontà.

D. Quand’è che vi ha materia grave?

R. Vi ha materia grave quando si tratta di una cosa notabilmente contraria alla legge di Dio e della Chiesa. [p. 225 modifica]

D. Quand’è che vi ha piena conoscenza nel peccare?

R. Vi ha piena conoscenza nel peccare, quando si conosca perfettamente di fare un grave male.

D. Quand’è che, nel peccato, si ha il perfetto consenso della volontà?

R. Si ha, nel peccato, il perfetto consenso della volontà, quando si vuol fare deliberatamente una cosa, sebbene si conosca peccaminosa.

D. Qual diligenza si deve usare nell’esame di coscienza?

R. Nell’esame di coscienza si deve usare quella diligenza che si userebbe in un affare di grande importanza.

D. Quanto tempo si deve impiegare nell’esame?

R. Si deve impiegare nell’esame di coscienza più o meno tempo, secondo il bisogno, cioè secondo il numero e la qualità dei peccati che aggravano la coscienza e secondo il tempo scorso dalla ultima confessione ben fatta.

D. Come si può facilitare l’esame per la confessione?

R. Si facilita l’esame per la confessione con fare ogni sera l’esame di coscienza sulle azioni della giornata. [p. 226 modifica]

§ 4. - Del dolore.

D. Che cosa è il dolore dei peccati?

R. Il dolore dei peccati consiste in un dispiacere ed in una sincera detestazione dell’offesa fatta a Dio.

D. Di quante sorta è il dolore?

R. Il dolore è di due sorta: perfetto, ossia di contrizione; imperfetto, ossia di attrizione.

D. Qual è il dolore perfetto, o di contrizione?

R. Il dolore perfetto è il dispiacere di avere offeso Dio, perchè infinitamente buono e degno per se stesso di essere amato.

D. Perchè chiamate voi perfetto il dolore di contrizione?

R. Chiamo perfetto il dolore di contrizione per due ragioni: 1.º perchè riguarda esclusivamente la bontà di Dio, e non il nostro vantaggio o danno; 2.º perchè ci fa subito ottenere il perdono dei peccati, restandoci però l’obbligo di confessarci.

D. Dunque il dolore perfetto ci ottiene il perdono dei peccati indipendentemente dalla confessione?

R. Il dolore perfetto non ci ottiene il perdono dei peccati indipendentemente dalla confessione, perchè sempre include la volontà di confessarsi.

D. Perchè il dolore perfetto, o contrizione, produce questo effetto di rimetterci in grazia di Dio?

R. Il dolore perfetto, o contrizione produce [p. 227 modifica]questo effetto, perchè nasce dalla carità la quale non può trovarsi nell’anima insieme col peccato mortale.

D. Qual’è il dolore imperfetto o di attrizione?

R. Il dolore imperfetto o di attrizione e quello per cui ci pentiamo di avere offeso Dio, come sommo Giudice, cioè per timore dei castighi meritati in questa o nell’altra vita o per la stessa bruttezza del peccato.

D. Quali condizioni deve avere il dolore, per essere buono?

R. Il dolore per essere buono, deve avere quattro condizioni: deve essere interno, soprannaturale, sommo e universale.

D. Che cosa vuol dire che il dolore deve essere interno?

R. Vuol dire che deve essere nel cuore e nella volontà e non nelle sole parole.

D. Perchè il dolore dev’essere interno?

R. Il dolore deve essere interno, perchè la volontà che si è allontanata da Dio col peccato, deve ritornare a Dio detestando il peccato commesso.

D. Che cosa vuol dire che il dolore deve essere soprannaturale?

R. Vuol dire che deve essere eccitato in noi dalla grazia del Signore e concepito per motivi di fede.

D. Perchè il dolore dev’essere soprannaturale?

R. Il dolore deve essere soprannaturale, per[p. 228 modifica]chè è soprannaturale il fine a cui si dirige, cioè il perdono di Dio, l’acquisto della grazia santificante ed il diritto alla gloria eterna.

D. Spiegate meglio la differenza tra il dolore soprannaturale e il naturale?

R. Chi si pente per avere offeso Dio infinitamente buono e degno per se stesso di essere amato, per aver perduto il paradiso e meritato l’inferno, ovvero per la malizia intrinseca del peccato, ha un dolore soprannaturale perchè questi sono motivi di fede: chi invece si pentisse solo pel disonore, o castigo che gli viene dagli uomini, o per qualche danno puramente temporale, avrebbe un dolore naturale, perchè si pentirebbe solo per motivi umani.

D. Perchè il dolore deve essere sommo?

R. Il dolore deve essere sommo, perchè dobbiamo riguardare e odiare il peccato come sommo di tutti i mali, essendo offesa di Dio sommo Bene.

D. Pel dolore dei peccati è forse necessario piangere, come alle volte si piange per le disgrazie di questa vita?

R. Non è necessario che materialmente si pianga pel dolore dei peccati; ma basta che nel cuore si faccia più gran caso di avere offeso Dio, che di qualunque altra disgrazia.

D. Che vuol dire che il dolore deve essere universale?

R. Vuol dire che deve estendersi a tutti i peccati mortali commessi. [p. 229 modifica]

D. Perchè il dolore deve estendersi a tutti i peccati mortali commessi?

R. Perchè chi non si pente anche di un solo peccato mortale, rimane nemico di Dio.

D. Che cosa dobbiamo fare per avere il dolore dei nostri peccati?

R. Per avere il dolore dei nostri peccati dobbiamo dimandarlo di cuore a Dio, ed eccitarlo in noi con la considerazione del gran male che abbiamo fatto peccando.

D. Come farete per eccitarvi a detestare i peccati?

R. Per eccitarmi a detestare i peccati: 1.º considererò il rigore della infinita giustizia di Dio e la deformità del peccato che ha deturpato l’anima mia e mi ha reso meritevole delle pene eterne dell’inferno; 2.º considererò che ho perduta la grazia, l’amicizia, la figliuolanza di Dio e l’eredità del paradiso; 3.º che ho offeso il mio Redentore che è morto per me, e che i miei peccati sono stati la cagione della sua morte; 4.º che ho disprezzato il mio Creatore, il mio Dio; che ho voltato le spalle a lui, mio sommo bene degno di essere amato sopra ogni cosa e servito fedelmente.

D. Dobbiamo noi essere grandemente solleciti, quando andiamo a confessarci, d’avere un vero dolore de’ nostri peccati?

R. Quando noi andiamo a confessarci, dobbiamo essere certamente molto solleciti di avere un vero dolore de’ nostri peccati, perchè questa [p. 230 modifica]è la cosa più importante di tutte: e se manca il dolore, la confessione non vale.

D. Chi si confessa di soli peccati veniali deve avere il dolore di tutti?

R. Chi si confessa di soli peccati veniali, per confessarsi validamente basta che sia pentito di alcuno di essi; ma per ottenere il perdono di tutti è necessario che si penta di tutti quelli che riconosce di aver commesso.

D. Chi si confessa di soli peccati veniali, e non è pentito neppure di un solo, fa una buona confessione?

R. Chi si confessa di soli peccati veniali e non è pentito neppure di un solo, fa una confessione di nessun valore; la quale è inoltre sacrilega, se la mancanza del dolore è avvertita.

D. Che cosa convien fare per rendere più sicura la confessione di soli peccati veniali?

R. Per rendere più sicura la confessione di soli peccati veniali, è cosa prudente accusare, con vero dolore, anche qualche peccato più grave della vita passata, benchè già confessato altre volte.

D. È cosa buona fare spesso l’atto di contrizione?

R: È cosa buona ed utilissima il fare spesso l’atto di contrizione, massime prima di andare a dormire, e quando uno si accorge o dubita di essere caduto in peccato mortale, per rimettersi più presto in grazia di Dio; e giova sopratutto per ottenere più facilmente da Dio la [p. 231 modifica]grazia di fare simile atto nel maggior bisogno, cioè nel pericolo di morte.

§ 5. - Del proponimento.

D. In che consiste il proponimento?

R. Il proponimento consiste in una volontà risoluta di non commettere mai più il peccato e di usare tutti i mezzi necessari per fuggirlo.

D. Quali condizioni deve avere il proponimento per essere buono?

R. Il proponimento, affinchè sia buono, deve avere principalmente tre condizioni: deve essere assoluto, universale ed efficace.

D. Che cosa vuol dire: proponimento assoluto?

R. Vuol dire che il proponimento deve essere senza alcuna condizione di tempo, di luogo, o di persona.

D. Che cosa vuol dire: il proponimento deve essere universale?

R. Il proponimento deve essere universale, vuol dire che dobbiamo voler fuggire tutti i peccati mortali, tanto quelli già altre volte commessi, quanto altri che potremmo commettere.

D. Che cosa vuol dire: il proponimento deve essere efficace?

R. Il proponimento deve essere efficace, vuol dire che bisogna avere una volontà risoluta di perdere prima ogni cosa che commettere un nuovo peccato, di fuggire le occasioni pericolose di peccare, di distruggere gli abiti cattivi, e di [p. 232 modifica]adempiere gli obblighi contratti in conseguenza dei nostri peccati.

D. Che s’intende per abito cattivo?

R. Per abito cattivo s’intende la disposizione acquistata a cadere con facilità in quei peccati ai quali ci siamo assuefatti.

D. Che cosa si deve fare per correggere gli abiti cattivi?

R. Per correggere gli abiti cattivi dobbiamo stare vigilanti sopra di noi, fare molta orazione, frequentare la confessione, avere un buon direttore stabile, e mettere in pratica i consigli e i rimedi che egli ci propone.

D. Che cosa s’intende per occasioni pericolose di peccare?

R. Per occasioni pericolose di tendono tutte quelle circostanze di tempo, di luogo, di persone, o di cose che per propria natura, o per la nostra fragilità ci inducono a commettere il peccato.

D. Siamo noi gravemente obbligati a schivare tutte le occasioni pericolose?

R. Noi siamo gravemente obbligati a schivare quelle occasioni pericolose che d’ordinario ci inducono a commettere peccato mortale, le quali si chiamano le occasioni prossime del peccato.

D. Che cosa deve fare chi non può fuggire qualche occasione di peccato?

R. Chi non può fuggire qualche occasione di peccato, lo dica al confessore e stia ai consigli di lui. [p. 233 modifica]

D. Quali considerazioni servono per fare il proponimento?

R. Per fare il proponimento servono le stesse considerazioni, che valgono ad eccitare il dolore; cioè la considerazione dei motivi che abbiamo di temere la giustizia di Dio e di amare la sua infinità bontà.

§ 6. - Dell’accusa dei peccati al confessore.

D. Dopo di esservi ben disposto alla confessione con l’esame, col dolore e col proponimento, che cosa farete?

R. Dopo di essermi ben disposto coll’esame, col dolore e col proponimento, andrò a fare al confessore l’accusa de’ miei peccati per averne l’assoluzione.

D. Di quali peccati siamo obbligati a confessarci?

R. Siamo obbligati a confessarci di tutti i peccati mortali; è bene però confessare anche i veniali.

D. Quali sono le condizioni che deve avere l’accusa dei peccati o confessione?

R. Le condizioni principali che deve avere l’accusa dei peccati sono cinque: deve essere umile, intiera, sincera, prudente e breve.

D. Che vuol dire: l’accusa deve esser umile?

R. L’accusa deve esser umile, vuol dire che il penitente deve accusarsi dinanzi al suo confessore, senza alterigia di animo o di parole, [p. 234 modifica]ma coi sentimenti di un reo, che riconosce la sua colpa e comparisce davanti al giudice.

D. Che vuol dire: l’accusa dev’essere intiera?

R. L’accusa dev’essere intiera, vuol dire che si debbono manifestare con le loro circostanze e nel loro numero tutti i peccati mortali commessi dopo l’ultima confessione ben fatta e dei quali si ha coscienza.

D. Quali circostanze si devono manifestare, perchè l’accusa sia intiera?

R. Perchè l’accusa sia intiera, si devono manifestare le circostanze che mutano la specie del peccato.

D. Quali sono le circostanze che mutano la specie del peccato?

R. Le circostanze che mutano la specie del peccato, sono: 1.º quelle per le quali un’azione peccaminosa da veniale diventa mortale; 2.º quelle per le quali un’azione peccaminosa contiene la malizia di due o più peccati mortali.

D. Datemi l’esempio di una circostanza che faccia diventar mortale un peccato veniale?

R. Chi per iscusarsi dicesse una bugia dalla quale venisse grave danno al prossimo, dovrebbe manifestare questa circostanza che cambia la bugia da officiosa in gravemente dannosa.

D. Datemi ora l’esempio di una circostanza per la quale una stessa azione peccaminosa contiene la malizia di due o più peccati.

R. Chi avesse rubato una cosa sacra do[p. 235 modifica]vrebbe accusare questa circostanza che aggiunge al furto la malizia del sacrilegio.

D. Se taluno non fosse certo di aver commesso un peccato, deve confessarsene?

R. Se taluno non fosse certo di aver commesso un peccato, non è obbligato a confessarsene; se però volesse accusarlo, dovrà aggiungere che non è certo di averlo commesso.

D. Chi non ricorda precisamente il numero de’ suoi peccati, che cosa deve fare?

R. Chi non ricorda precisamente il numero dei suoi peccati, deve accusarne il numero approssimativo.

D. Chi ha taciuto per pura dimenticanza un peccato mortale, o una circostanza necessaria, ha fatto una buona confessione?

R. Chi ha taciuto per pura dimenticanza un peccato mortale, o una circostanza necessaria, ha fatto una buona confessione purchè abbia usata la debita diligenza per ricordarsene.

D. Se un peccato mortale dimenticato nella confessione torna poi in mente, siamo obbligati ad accusarcene in un’altra confessione?

R. Se un peccato mortale dimenticato nella confessione torna poi in mente, siamo obbligati senza dubbio ad accusarlo la prima volta che di nuovo ci confessiamo.

D. Chi per vergogna, o per qualche altro motivo tace colpevolmente nella confessione qualche peccato mortale, che cosa commette?

R. Colui che per vergogna o per qualche [p. 236 modifica]altro motivo tace colpevolmente qualche peccato mortale in confessione, profana il sacramento e perciò si fa reo di un gravissimo sacrilegio.

D. Chi ha taciuto colpevolmente qualche peccato mortale nella confessione, come deve provvedere alla propria coscienza?

R. Chi ha taciuto colpevolmente qualche peccato mortale nella confessione, deve esporre al confessore il peccato taciuto, dire in quante confessioni l’abbia taciuto e rifare tutte le confessioni dall’ultima ben fatta.

D. Che cosa deve considerare chi fosse tentato a tacere qualche peccato in confessione?

R. Chi fosse tentato a tacere un peccato grave in confessione deve considerare:

1.º che non ha avuto rossore di peccare alla presenza di Dio, che tutto vede;
2.º che è meglio manifestare i propri peccati al confessore in segreto, che vivere in quieto nel peccato, fare una morte infelice ed essere perciò svergognato nel dì del giudizio universale in faccia a tutto il mondo;
3.º che il confessore è obbligato al sigillo sacramentale sotto gravissimo peccato e con la minaccia di severissime pene temporali ed eterne.

D. Che cosa vuol dire: l’accusa deve essere sincera?

R. L’accusa deve essere sincera, vuol dire che bisogna dichiarare i propri peccati quali sono, senza scusarli, diminuirli o accrescerli. [p. 237 modifica]

D. Che vuol dire: la confessione deve essere prudente?

R. La confessione deve essere prudente, vuol dire che nel confessare i peccati dobbiamo servirci dei termini più modesti, e che dobbiamo guardarci dallo scoprire i peccati degli altri.

D. Che cosa significa: la confessione deve essere breve?

R. La confessione deve essere breve, significa che non dobbiamo dire niente d’inutile al confessore.

D. Non è egli gravoso il dover confessare ad un altro i propri peccati, massimamente se sono assai vergognosi?

R. Sebbene il confessare ad un altro i propri peccati possa essere gravoso, bisogna farlo, perchè è di precetto divino e altrimenti non si può ottenere il perdono dei peccati commessi, e inoltre perchè la difficoltà di confessarsi è compensata da molti vantaggi e da grandi consolazioni.

§ 7. - Del modo di confessarsi.

D. Come vi presenterete al confessore?

R. Mi inginocchierò ai piedi del confessore e dirò: beneditemi, padre, perchè ho peccato.

D. Che cosa farete mentre il confessore vi darà la benedizione?

R. Mi inchinerò umilmente a ricevere la benedizione, e farò il segno della Croce.

D. Fatto il segno della Croce, che cosa deve dirsi?

R. Fatto il segno della Croce, si deve dire: [p. 238 modifica]mi confesso a Dio onnipotente, alla beata Vergine Maria, a tutti i Santi, ed a voi, padre mio spirituale, perchè ho peccato.

D. E poi che cosa bisogna dire?

R. Poi bisogna dire: mi sono confessato nel tal tempo; per grazia di Dio ho ricevuto l’assoluzione, ho fatto la penitenza, e sono andato alla Comunione. Quindi si fa l’accusa dei peccati.

D. Finita l’accusa dei peccati che cosa farete?

R. Finita l’accusa dei peccati dirò: mi accuso ancora di tutti i peccati della vita passata, specialmente contro la tale, o tale virtù – p. es. contro la purità, contro il quarto comandamento, ecc.

D. Dopo questa accusa che cosa si deve dire?

R. Si deve dire: di tutti questi peccati e di quelli che non ricordo, domando perdono a Dio con tutto il cuore; ed a voi, mio padre spirituale, domando la penitenza e l’assoluzione.

D. Compita così l’accusa dei peccati che cosa resta a farsi?

R. Compita l’accusa dei peccati, bisogna ascoltare con rispetto quello che dirà il confessore; accettare la penitenza con sincera volontà di farla; e mentre egli darà l’assoluzione, rinnovare di cuore l’atto di contrizione.

D. Ricevuta l’assoluzione, che resta a fare?

R. Ricevuta l’assoluzione, bisogna ringraziare il Signore; fare al più presto la penitenza; e mettere in pratica gli avvisi del confessore. [p. 239 modifica]

§ 8. - Dell’assoluzione.

D. Debbono i confessori dar sempre l’assoluzione a quelli che si confessano?

R. I confessori debbono dare l’assoluzione solamente a quelli che essi giudicano ben disposti a riceverla.

D. Possono i confessori differire o negare qualche volta l’assoluzione?

R. I confessori non solamente possono, nè debbono differire o negare l’assoluzione in certi casi, per non profanare il sacramento.

D. Quali sono i penitenti che debbono ritenersi mal disposti, e ai quali si deve d’ordinario negare o differire l’assoluzione?

R. I penitenti che debbono ritenersi mal disposti sono questi principalmente:

1.º coloro che non sanno i misteri principali della fede o trascurano d’imparare le altre cose della Dottrina cristiana, che sono obbligati a sapere secondo il loro stato;
2.º coloro che sono gravemente negligenti nel fare l’esame di coscienza o non dànno segni di dolore e di pentimento;
3.º coloro che non vogliono restituire, potendo, la roba altrui, o la riputazione tolta;
4.º coloro che non perdonano di cuore ai loro nemici.
5.º coloro che non vogliono praticare i mezzi necessari per emendarsi dei loro abiti cattivi;
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6.º coloro che non vogliono lasciare le occasioni prossime del peccato.

D. Non è egli troppo rigoroso il confessore che differisce l’assoluzione al penitente, perchè non lo crede ancora ben disposto?

R. Il confessore che differisce l’assoluzione al penitente, perchè non lo crede ancora ben disposto, non è troppo rigoroso, ma anzi molto caritatevole, regolandosi come un buon medico, che tenta tutti i rimedi, anche disgustosi e dolorosi, per salvare la vita all’ammalato.

D. Il peccatore al quale si differisce o si nega l’assoluzione, dovrà disperarsi, o affatto ritirarsi dalla confessione?

R. Il peccatore, al quale si differisce, o si nega l’assoluzione, non deve disperarsi, o ritirarsi affatto dalla confessione; ma deve umiliarsi, riconoscere il suo deplorabile stato, profittare dei buoni consigli che il confessore gli dà, e così mettersi al più presto possibile in istato di meritare l’assoluzione.

D. Che cosa deve fare il penitente, quanto alla scelta del confessore?

R. Il vero penitente deve raccomandarsi molto a Dio per la scelta di un confessore pio, dotto e prudente, poi mettersi nelle sue mani, e sottomettersi a lui, come a suo giudice e medico.

§ 9. - Della soddisfazione ossia penitenza.

D. Che cosa è la soddisfazione?

R. La soddisfazione, che chiamasi anche pe[p. 241 modifica]nitenza sacramentale, è uno degli atti del penitente, col quale egli dà un qualche risarcimento alla giustizia di Dio per i peccati commessi, eseguendo quelle opere che il confessore gli impone.

D. Il penitente è obbligato ad accettare la penitenza ingiuntagli dal confessore?

R. Il penitente è obbligato ad accettare la penitenza ingiuntagli dal confessore, se può farla; e se non può farla, deve dirlo umilmente al confessore stesso, e domandarne un’altra.

D. Quando si deve fare la penitenza?

R. Se il confessore non ha prescritto verun tempo, la penitenza si deve fare al più presto, e procurare di farla in istato di grazia.

D. Come si deve fare la penitenza?

R. La penitenza si deve fare intiera e con divozione.

D. Perchè nella confessione s’ingiunge la penitenza?

R. La penitenza s’ingiunge perchè d’ordinario, dopo l’assoluzione sacramentale che rimette la colpa e la pena eterna, resta una pena temporale da scontarsi in questo mondo o nel purgatorio.

D. Per qual ragione ha voluto il Signore nel sacramento del Battesimo rimettere tutta la pena dovuta ai peccati e non nel sacramento della Penitenza?

R. Il Signore ha voluto nel sacramento del Battesimo rimettere tutta la pena dovuta ai peccati, e non nel sacramento della Penitenza, [p. 242 modifica]perchè i peccati dopo il Battesimo sono assai più gravi, essendo commessi con maggior cognizione e ingratitudine ai beneficî di Dio, e anche perchè l’obbligo di soddisfarli sia freno a non ricadere nel peccato.

D. Possiamo noi soddisfare da noi stessi a Dio?

R. Noi, da noi stessi, non possiamo soddisfare a Dio; ma ben lo possiamo con l’unirci a Gesù Cristo, che col merito della sua passione e morte dà valore alle nostre azioni.

D. La penitenza che dà il confessore basta essa sempre a cancellare la pena che rimane dovuta ai peccati?

R. La penitenza che dà il confessore d’ordinario non basta per scontare la pena che rimane dovuta ai peccati; perciò bisogna procurare di supplire con altre penitenze volontarie.

D. Quali sono le opere di penitenza?

R. Le opere di penitenza si possono ridurre a tre specie: alla preghiera, al digiuno, alla limosina.

D. Che cosa intendete per preghiera?

R. Per la preghiera s’intende ogni sorta di esercizi di pietà.

D. Che cosa s’intende per digiuno?

R. Per digiuno s’intende ogni sorta di mortificazione.

D. Che s’intende per limosina?

R. Per limosina s’intende qualunque opera di misericordia spirituale e corporale. [p. 243 modifica]

D. Quale penitenza è più meritoria, quella che dà il confessore, o quella che facciamo di nostra elezione?

R. La penitenza che ci dà il confessore è la più meritoria, perchè, essendo parte del sacramento, riceve maggior virtù dai meriti della passione di Gesù Cristo.

D. Quelli che muoiono dopo d’avere ricevuta l’assoluzione, ma prima d’avere pienamente soddisfatto alla giustizia di Dio, vanno subito in paradiso?

R. No; vanno in purgatorio per ivi soddisfare alla giustizia di Dio, e purificarsi interamente.

D. Le anime che sono nel purgatorio possono essere da noi sollevate nelle loro pene?

R. Sì, le anime, che sono nel purgatorio, possono essere sollevate con le preghiere, con le limosine, con tutte le altre buone opere e con le indulgenze, ma sopratutto col santo sacrificio della Messa.

D. Oltre la penitenza, che altro deve fare il penitente dopo la confessione?

R. Il penitente, dopo la confessione, oltre la penitenza, se ha danneggiato ingiustamente il prossimo nella roba o nell’onore, o se gli ha dato scandalo, deve per quanto gli è possibile al più presto restituirgli la roba, ripararne l’onore e rimediare allo scandalo.

D. Come si può rimediare allo scandalo che si è cagionato?

R. Si può rimediare allo scandalo che si è [p. 244 modifica]cagionato, facendone cessare l’occasione, ed edificando con le parole e col buon esempio quelli che abbiamo scandalizzati.

D. In qual maniera si dovrà soddisfare al prossimo, quando è stato da noi offeso?

R. Si dovrà soddisfare al prossimo, quando è stato da noi offeso, con domandargli perdono o con dargli qualche altra conveniente riparazione.

D. Quali frutti produce in noi una buona confessione?

R. Una buona confessione: 1.º ci rimette i peccati commessi, e ci dà la grazia di Dio; 2.º ci restituisce la pace e la quiete della coscienza; 3.º ci riapre le porte del paradiso, e cambia la pena eterna dell’inferno in pena temporale; 4.º ci preserva dalle ricadute e ci rende capaci del tesoro delle indulgenze.

§ 10. - Delle indulgenze.

D. Che cosa è l’indulgenza?

R. L’indulgenza è la remissione della pena temporale dovuta per i nostri peccati, già rimessi quanto alla colpa; remissione che la Chiesa accorda fuori del sacramento della Penitenza.

D. Da chi ha ricevuto la Chiesa la facoltà di dare le indulgenze?

R. La Chiesa ha ricevuto la facoltà di dare le indulgenze da Gesù Cristo.

D. In qual modo la Chiesa ci rimette la pena temporale per mezzo delle indulgenze?

R. La Chiesa ci rimette la pena temporale [p. 245 modifica]per mezzo delle indulgenze, applicandoci le soddisfazioni sovrabbondanti di Gesù Cristo, di Maria SSm̃a, e dei Santi, le quali formano ciò che dicesi il tesoro della Chiesa.

D. Chi ha il potere di concedere le indulgenze?

R. Il potere di concedere le indulgenze lo ha solo il Papa in tutta la Chiesa, e il Vescovo nella sua diocesi, secondo la facoltà concessagli dal Papa.

D. Di quante specie sono le indulgenze?

R. Le indulgenze sono di due specie: l’indulgenza plenaria e l’indulgenza parziale.

D. Qual’è l’indulgenza plenaria?

R. L’indulgenza plenaria è quella con cui ci viene rimessa tutta la pena temporale dovuta per i nostri peccati. Perciò se taluno morisse dopo aver ricevuto tale Indulgenza, andrebbe subito in Paradiso, esente affatto dalle pene del purgatorio.

D. Qual’è l’indulgenza parziale?

R. L’indulgenza parziale è quella con la quale ci viene rimessa soltanto una parte della pena temporale dovuta per i nostri peccati.

D. Che cosa intende di fare la Chiesa nel concedere le indulgenze?

R. Nel concedere le indulgenze la Chiesa intende venire in aiuto alla nostra incapacità di espiare in questo mondo tutta la pena temporale, facendoci conseguire per mezzo di opere di pietà e di carità cristiana quello che nei primi [p. 246 modifica]secoli procurava che si ottenesse col rigore dei canoni penitenziali.

D. Che cosa s’intende per indulgenza di quaranta o cento giorni, ovvero di sette anni, e simili?

R. Per indulgenza di quaranta o cento giorni ovvero di sette anni e simili, s’intende la remissione di tanta pena temporale, quanta se ne sconterebbe con quaranta o cento giorni ovvero sette anni della penitenza anticamente stabilita dalla Chiesa.

D. Che conto dobbiamo fare delle indulgenze?

R. Delle indulgenze dobbiamo fare grandissimo conto, perchè con esse si soddisfa alla giustizia di Dio e più presto e più facilmente si ottiene il possesso del cielo.

D. Che cosa si ricerca per acquistare le indulgenze?

R. Per acquistare le indulgenze si ricerca: 1.º lo stato di grazia (almeno nell’ultima opera che si compie) e la mondezza anche da quelle colpe veniali, di cui vuolsi cancellare la pena; 2.º l’adempimento delle opere che la Chiesa prescrive per acquistare l’indulgenza; 3.º l’intenzione di acquistarla.

D. Le indulgenze possono applicarsi anche alle anime del purgatorio?

R. Sì, le indulgenze possono applicarsi anche alle anime del purgatorio, quando chi le accorda dichiari che si possono ad esse applicare.

D. Che cosa è il Giubileo?

R. Il Giubileo, che ordinariamente si concede [p. 247 modifica]ogni venticinque anni, è un’indulgenza plenaria a cui sono annessi molti privilegi e particolari concessioni, come di poter ottenere l’assoluzione di alcuni peccati riservati e delle censure, e la commutazione di alcuni voti.