<dc:title> Come andò a finire il Pulcino </dc:title><dc:creator opt:role="aut">Ida Baccini</dc:creator><dc:date>1918</dc:date><dc:subject></dc:subject><dc:rights>CC BY-SA 3.0</dc:rights><dc:rights>GFDL</dc:rights><dc:relation>Indice:Baccini - Memorie di un pulcino, Bemporad & Figlio, Firenze, 1918.djvu</dc:relation><dc:identifier>//it.wikisource.org/w/index.php?title=Come_and%C3%B2_a_finire_il_Pulcino/La_morte_di_Coc%C3%B2&oldid=-</dc:identifier><dc:revisiondatestamp>20180304173907</dc:revisiondatestamp>//it.wikisource.org/w/index.php?title=Come_and%C3%B2_a_finire_il_Pulcino/La_morte_di_Coc%C3%B2&oldid=-20180304173907
Come andò a finire il Pulcino - La morte di Cocò Ida BacciniBaccini - Memorie di un pulcino, Bemporad & Figlio, Firenze, 1918.djvu
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Aspettiamo e speriamo. La vita de’ polli,
come quella degli uomini, è tutta in queste
due parole.
(Qui finisce il manoscritto del « Pulcino » e la
narrazione è ripresa dalla persona che ha scritto
V introduzione di questo libro).
XIV.
La morte di Cocò.
La signora Baccini giunta alla fine della
pietosa narrazione détte in uno scoppio di
pianto.
— Oli ! ben volentieri — esclamò — farò
pago il tuo desiderio, povero « Pulcino » che
ho tanto amato e per cui mi sorride al pensiero il ricòrdo di giorni tanto più belli di
questi! Anch’io come te, amico, ho perduto il
padre e la madre : anch’ io ho avuto dispiaceri che, se non rassomigliano perfettamente
ai tuoi, non se ne discostano poi troppo !
Ma ora — aggiunse vestendosi per uscire —
bo bisogno di tornare a vederti, Ooc [p. 241modifica]ò per
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raccontarti l’impressione ricevuta dal tuo pietoso racconto.... —
In quel mentre fu bussato alla porta.
— Avanti ! — fece la signora.
Era la cameriera che le presentava una
lettera.
— L’ha portata in questo momento un giovane — disse la donna. E uscì.
La, signora Ida s’affrettò a dissuggellarla,
e il suo sguardo corse alla firma : Carolina Gen-
narelli.
« Gentile signora, — scriveva la mamma
di Masino. — Una circostanza imprevi [p. 242modifica]sta ci
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obbliga ad anticipare la nostra partenza per
il Mugello. Non potrò avere il tempo di venire a presentarle i miei ossequi prima di partire; ma nonostante mi prendo la libertà di
rivolgerle una preghiera a nome di tre famiglie riunite: della mia, di quella di Alberto e,
se ne ricorda?, di quella della Marietta. Tutti
desidererebbero di averla per qualche giorno
a Vespignano. Venga, cara signora, a veder la
patria del suo “ Pulcino. ” Egli stesso parte
con noi stasera. Accolga gli omaggi di Masino,
e mi abbia sempre per sua
« devotissima, ecc. »
Quella simpatica gita avrebbe molto sorriso alla fantasia della signora Baccini: ma
da quando in qua, bambini miei, in questo
mondo benedetto, si può far sempre quel che
si desidera ?
La signora era sovraccarica di occupazioni,
e non poteva in alcun modo aderire al grazioso invito. Quindi scrisse subito alla famiglia Gennarelli per scusarsi, e pochi giorni
dopo ricevè la seguente lettera di Masino : let— 243 — [p. 243modifica]tera importante, poiché con essa hanno fine le
Memorie d’un Pulcino.
« Gentile signora,
« Come già ebbe a scriverle la mamma,
partimmo per Vespignano ai primi della decorsa settimana ; e con noi venne, naturalmente
il povero Oocò. Per un favore speciale ottenuto
dal Capostazione potemmo tenerlo nella nostra stessa carrozza. D’altra parte, accomodato
coni’ era in una soffice panierina, non dava noia
a nessuno.
« Poverino ! Pareva che capisse qual mèta
aveva il viaggio, giacché di tanto in tanto allungava l’esile collo e diceva al cielo, agli
alberi e a’ pali telegrafici che gli sfilavano rapidamente davanti: chicchirichì! oh! chicchirichì !...
« Quando dopo essere scesi dal treno prendemmo la diligenza che doveva condurci proprio alla villa, la sua allegrezza si manifestò in
mille modi : ora prendendo dalle mie labbra le
midolline di pane che via via gli porgevo, ora
alzandosi diritto e sporgendosi a dirit [p. 244modifica]tura con
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tutta la persona fuori della carrozza: tal’altra
agitando le ali alla vista d’un caseggiato rustico, d’una chioccia circondata dai suoi pulcini.
« Pochi minuti di strada ci separavano ancora dalla nostra villetta, quando udimmo un
coro di voci festose e la nostra vettura fu letteralmente circondata da un nuvolo di amici:
Alberto e suo padre, la signora Clotilde, Giampaolo, Geppone, la Tonia e la Marietta, una
bellissima ragazza di diciotto o vent’ anni, che
porse a mia madre un grosso mazzo di fiori.
Era già prevenuta del ritorno di Cocò: quindi
se lo prese fra le braccia senza mostrare gran
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sorpresa ma non senza una grande tenerezza.
Quel povero galletto spelacchiato le riconduceva al pensiero i lieti giorni della sua infanzia, quando si divertiva ad annodargli un
nastrino color di rosa al collo e a farlo guardare alla spera
« Dopo una settimana del mio arrivo.
« Signora mia, debbo darle la triste notizia
che Oocò è morto. Dapprima, nel rivedere
il suo paesetto, il podere nativo e l’antico pollaio, era parso come ringiovanito e mai più
giocondi chicchirichì gli erano usciti dal gracile collo. Ma cessata a poco a poco quella
specie di esaltazione è caduto in una certa
sonnolenza da cui nou sono bastati a riscoterlo
nè le cure amorose della Marietta nè certe
gocce di certosino che essa gli ha voluto in
tutti i modi versare nella gola. •
« È morto serenamente, senza scosse, senza
lamenti, nel luogo stesso ove sua madre, molti
anni prima gli aveva detto addio per l’ultima
volta. Allora l’ambizioso “Pulcino” partiva,
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tutto baldanza per la città tumultuosa, dalla quale si riprometteva Dio sa che piaceri e che trionfi. Ora se n’è andato per sempre in un luogo di silenzio, ove è da credersi che anche le povere bestie che molto hanno amato e sofferto quaggiù, troveranno quel che invano hanno chiesto agli uomini e alla vita: la pace. »