Colombi e sparvieri/Parte I/II
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II.
Subito dopo arrivò il servetto.
Giorgio si asciugò gli occhi per non farsi scorgere a piangere, ma anche perchè ogni volta che entrava nella stamberga quel bel ragazzetto sano ed agile i cui occhioni neri scintillanti erano come illuminati da una gioia inesauribile, i cui capelli riccioluti e polverosi ricordavano il vello degli agnellini di primavera, egli provava un senso di sollievo. Il servetto vestito con un costumo di orbace nero e di saja giallognola gli ricordava la sua infanzia, i luoghi più amati, la salute perduta; inoltre gli era necessario, era l’unica persona di cui egli si fidava ancora e da cui si sentiva amato.
— Pretu, — gli disse, mentre il ragazzo versava l’acqua dalla brocca e insaponava uno straccio, — prima di lavarmi pulisci un po’ intorno, perchè deve venire qualcuno.
Sorpreso, il ragazzo si sollevò col catino dell’acqua tremolante fra le mani.
— Ma se ho detto a tutti che voi non volete veder nessuno?
— Eppure qualcuno verrà.
— Be’ cacciatelo via! — consigliò Pretu aggrottando la fronte; — tanto tutti parlano male di voi e dicono che Dio vi castiga perchè siete un miscredente, e che la vostra è una malattia che attacca.... Anche a mia madre han detto: perché lo lasci andare, tuo figlio? Gl’insegnerà le cose contro Dio e gli attaccherà la malattia.... Ma mia madre non crede; però dice: e perchè Jorgeddu non chiama il prete per confessarsi?
— Va bene, pulisci: il prete verrà....
— Il prete verrà? E chi vi ha detto che verrà?
— L’ho sognato....
— Ah, anch’io ho sognato che avevo un «sonette»1, e suonavo, qui sulla porta, ed era caldo.... Ecco, se il prete viene vi porterà qualche cosa, perchè lui fa regali a tutti, e voi ditegli: no, regalatemi un piffero per il mio piccolo servo, così egli suonerà e staremo tutti e due allegri!...
Intanto aveva preso un fascetto di scope legato con un giunco e puliva il pavimento, curvandosi e facendo forza con ambe le mani. Ogni tanto si sollevava, scuotendo i capelli che gli piovevano sul viso olivastro e guardava verso il cortile.
— Verrà stamattina, forse? Adesso accenderò il fuoco e farò il caffè. Lo devo fare anche per lui? Ma.... e la chicchera? Ci vorrebbe una bella chicchera e noi non ne abbiamo. Posso domandarla in prestito.... Ma egli ha buon caffè e buone chicchere a casa sua! — disse poi, ripensandoci bene, — egli è ricco e non ha bisogno del nostro caffè. Dalla finestra aperta si vedono i cadregoni rossi, in camera sua. Ma chissà se egli verrà presto. Mia madre oggi deve andare a infornare il pane in casa di Franzisca Bellu, ed io devo spicciarmi presto perchè devo badare al mio fratellino piccolo. Intanto vi farò cuocere un uovo e vi metterò tutto sul tavolo....
— Pretu, — domandò sottovoce il malato mentre il servetto dopo aver acceso un po’ di carbone in un fornellino a mano apriva la cassa aiutandosi con la testa per tener sollevato il coperchio, — hai veduto qualcuno?
— Ho veduto i vecchi in piazza; essi tornano a uscire come le lucertole al sole; poi ho incontrata zia Giuseppa Fiore, che saliva di quaggiù. Abbiamo ancora tre uova, lo zucchero, il pane....
Il malato tacque; e il ragazzo, mentre preparava il caffè facendolo bollire in un pentolino di terra che serviva a molti usi, e per non perder tempo metteva l’uovo fra la cenere calda sotto il fornello, continuò a riferire le notizie del paese. Sua madre era una infornatrice di pane d’orzo e il suo mestiere le permetteva di entrare in tutte le case dei proprietari e di sapere tutti i pettegolezzi del paesetto.
— Questa notte scorsa è stata a infornare in casa di zia Martina Appeddu, quella che fa le medicine e le magie, sapete; e parlavano di voi e dicevano che vi siete ammalato perchè il nuovo fidanzato di Columba, quella che era la vostra sposa, sapete, vi ha «legato», cioè vi ha fatto una malìa. Lui è un proprietario di Tibi, e dicono che ci ha la barba lunga, ed è vedovo, ma è un riccone, che una palla gli trapassi il cappuccio, ha tre «tancas» in fila, col fiume in mezzo, e duecento pecore e cinquanta vacche e un cane che costa quaranta scudi. Quello deve mordere, sì! Dicono che quando Columba si sposerà, lo sposo verrà con tutti i parenti, tutti a cavallo, e che zio Remundu, il nonno di Columba, sapete, che una palla gli sfiori i baffi (anche quello ne ha soldi!) farà ammazzare tre vacche e venti capre, per il pranzo.... Ma, dicevo, là da zia Martina le donne che facevano il pane affermavano che questo sposo vi ha «legato», per farvi ammalare e restar impotente finchè lui non si porta via Columba: altrimenti ha paura che essa faccia ancora all’amore con voi.... Oh, ecco, grazie a Dio, il caffè è fatto e l’uovo cotto. Adesso preparo tutto qui, e poi guardiamo se viene il prete....
Per quanto si sforzasse a parer tranquillo, il malato tremava. Cento domande gli salivano alle labbra, ma si frenava e taceva perchè desiderava che il servetto lo credesse indifferente a tutto, e come tale lo descrivesse a chi domandava notizie di lui.
Malamente, sollevando appena la testa, poichè se si alzava a sedere orribili vertigini lo coglievano, sorbì l’uovo dal guscio e il caffè dalla rozza scodella dove Pretu l’aveva versato, indi si passò uno straccio bagnato sul viso e sulle mani e cominciò a pulirsi le unghie. Quest’ultima operazione faceva ogni volta sorridere il servetto, che per conto suo non ricordava di aversi mai tagliato le unghie anche perchè esse non crescevano mai: egli però compativa il suo padrone che aveva tempo da perdere ed era un po’ stravagante.
Con una forza ed un’agilità straordinarie spostò alcune pietre che ingombravano un angolo della stamberga, finì di ripulire, si caricò sull’omero la brocca più grossa di lui e andò a riempirla alla fontana; e alle donne che cominciarono a interrogarlo disse che il prete doveva visitare il malato. In un attimo la notizia si sparse per il paese e vi destò grande sorpresa.
Quando Pretu rientrò, il parroco non era ancora arrivato; Giorgio però sembrava più tranquillo e leggeva un libriccino nero che teneva sempre sotto il guanciale.
— Ho guardato per tutte le strade, — disse il ragazzo deponendo la brocca, — ma il prete non si vede. Io tornerò a mezzogiorno, e se lui viene ditegli che se non ha il piffero ci regali almeno un libro di canzoni sarde, ma con la rima e allegre, non serie come quelle del vostro libriccino. Voi me le leggerete ed io le imparerò a memoria. Ecco che cosa ho comprato.... son due rognoni di maiale; guardateli, sembrano due fichi, e così saranno dolci....
Li sollevava e li pesava umidi e violacei sulle sue manine sporche, mentre il malato li guardava sorridendo quasi felice.
— Ma il dottore non vuole, io devo prendere solo latte e uova.
— Egli non lo saprà, che vi importa?
Uscito il ragazzo, Giorgio riprese a leggere il suo libriccino di «canzoni serie». Fuori il vento mugolava fra i dirupi dietro la casupola, ma il raggio di luce che penetrava dallo sportello diventava sempre più vivo, d’un azzurro dorato, e arrivava al viso diafano di Giorgio circondandolo come d’un’aureola. Ed egli continuava la lettura dei Salmi e il piccolo Cristo dalla parete scura pareva curvasse la testa sanguinante per guardare anche lui le Sacre Scritture.
«Signore, come mai si sono moltiplicati quelli che mi perseguitano? molti insorgono contro di me. Molti dicono all’anima mia: Salute per lui non è nel suo Dio. Da’ udienza, Signore, alle mie parole; pon mente alle mie grida. Dappoichè a te indirizzerò le mie preghiere; al mattino, o Signore, tu esaudirai la mia voce, perocchè tu non sei un Dio che ami l’iniquità.
«Nè starà presso di te il maligno; nè gl’ingiusti potran durarla innanzi agli occhi tuoi.
«Tu disperderai tutti quelli che parlano menzogna, e l’uomo sanguinario e fraudolente sarà in abbominio al Signore.
«Signore, conducimi nella tua Giustizia; per, riguardo ai miei nemici fa’ tu diritta innanzi a te la mia via».
- ↑ Un piffero.