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tre il servetto dopo aver acceso un po’ di carbone in un fornellino a mano apriva la cassa aiutandosi con la testa per tener sollevato il coperchio, — hai veduto qualcuno?

— Ho veduto i vecchi in piazza; essi tornano a uscire come le lucertole al sole; poi ho incontrata zia Giuseppa Fiore, che saliva di quaggiù. Abbiamo ancora tre uova, lo zucchero, il pane....

Il malato tacque; e il ragazzo, mentre preparava il caffè facendolo bollire in un pentolino di terra che serviva a molti usi, e per non perder tempo metteva l’uovo fra la cenere calda sotto il fornello, continuò a riferire le notizie del paese. Sua madre era una infornatrice di pane d’orzo e il suo mestiere le permetteva di entrare in tutte le case dei proprietari e di sapere tutti i pettegolezzi del paesetto.

— Questa notte scorsa è stata a infornare in casa di zia Martina Appeddu, quella che fa le medicine e le magie, sapete; e parlavano di voi e dicevano che vi siete ammalato perchè il nuovo fidanzato di Columba, quella che era la vostra sposa, sapete, vi ha «legato», cioè vi ha fatto una malìa. Lui è un proprietario di Tibi, e dicono che ci ha la barba lunga, ed è vedovo, ma è un riccone, che una palla gli trapassi il cappuccio, ha tre «tancas» in fila, col fiume in mezzo, e duecento pecore e cinquanta vacche e un cane che costa quaranta scudi. Quello deve mordere, sì! Dicono che quando Columba si sposerà, lo sposo verrà con tutti i parenti, tutti a cavallo, e che zio Remundu, il nonno di Columba, sapete, che una palla gli sfiori i baffi (anche quello ne ha soldi!) farà ammazzare tre vacche e venti capre, per il pranzo.... Ma, dicevo, là da zia Martina le donne che facevano il pane affermavano che questo sposo vi ha «legato», per farvi ammalare e restar impotente finchè lui