Codice cavalleresco italiano/Libro I/Capitolo VIII
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VIII.
Sostituzione dei rappresentanti o dei giudici.
Facoltà a questi di ritirarsi.
Il mandante che non è soddisfatto dell’operato dei proprî fiduciari in un giurì, o dei rappresentanti o testimoni, può ritirare loro il mandato in qualunque momento e ai rappresentanti anche sul terreno (della stessa opinione sono anche: Bellini, cap. III, I; Angelini, cap. IX, 3°; e anche C. d’O. di Livorno, agosto 1921, appellante Maveri, e di Bari, appellante avv. De Liso, presid. J. Gelli, 5 maggio 1922; Firenze, C. d’O. permanente, 3 gennaio 1923).
I fiduciari, i rappresentanti, o i testimoni, hanno la facoltà di ritirarsi; però, se questi ultimi vorranno declinare il mandato prima che avvenga lo scontro, dovranno giustificare la loro condotta, adducendo un plausibile, legittimo e personale motivo, perchè non ne resti offeso il rappresentato (opinione sostenuta anche da Bellini, cap. III, 3°, e cap. VI, 6°; Angelini, cap. IX, 4°).
Il mandante che si avvalesse dell’art. 69, e i rappresentanti che si avvalessero dell’art. 70, devono darne immediato avviso alla controparte, o al presidente del giurì.
Dal momento in cui gli avversari vennero a cognizione della revoca del mandato, o delle dimissioni da rappresentante o da testimone di uno o di ambedue i padrini della parte contraria, oppure da fiduciario nel giurì, sono concesse a questa ventiquattr’ore, affinchè si possa provvedere di altri rappresentanti, testimoni, o fiduciario. Se trascorso questo tempo la controparte non sostituì i rappresentanti o il fiduciario, la parte avversaria può ritenere chiusa la vertenza, poichè codesto mezzo di dimissioni e sostituzioni è spesso un trucco usato per mandare in lungo una vertenza per scopi non sempre onesti (così opinò anche l’Angelini, cap. X, 9°).
Accettato il mandato, i nuovi rappresentanti o testimoni, si recheranno da quelli della parte avversaria, e il fiduciario dal presidente del giurì, non più tardi di ventiquattr’ore dall’accettazione della nomina.
Spirato questo lasso di tempo, senza aver dato contezza di loro al presidente del giurì, o ai rappresentanti della controparte, verrà redatto un verbale, nel quale si farà chiaramente risaltare, che ciò avvenne probabilmente per impedire il duello, che non avrà più luogo, a meno che il ritardo fosse stato provocato da cause di forza maggiore (art. 62).
Copia di questo verbale deve essere rilasciata alla controparte non assente.
Colui che accetta di sostituire un rappresentante, un testimone, o un giudice in una giuria d’onore, non può pretendere alcuna modificazione a tutto quello che precedentemente è stato convenuto e accettato dalle parti contendenti, conforme giustizia e verità, e le trattative saranno riprese dal punto nel quale furono lasciate dal predecessore, a meno che resultassero abusi od errori sui quali richiamerà l’esame del giurì, o dei colleghi in rappresentanza. Altrimenti, non accetterà la missione affidatagli. Le parti, però, di comune accordo possono autorizzare i loro fiduciari a modificare in parte o in tutto quanto fu stabilito precedentemente, e ad esaminare ex novo la vertenza.
Nota. — Corte d’onore di Firenze, agosto 1889; e il Giurì d’onore, appellante Gelli, maggio 1893, Milano. — Della stessa opinione furono anche: Bellini, Cap. VI, VII; Angelini, Cap. IX, 8°. Accade sovente che uno o ambedue i fiduciari nel giurì, o i rappresentanti d’una parte rassegnino il mandato ricevuto per discrepanze sorte con gli avversari sulla questione d’onore da trattarsi. È naturale che coloro i quali accettano di sostituirli, debbano riprendere la questione ove fu troncata e, persistendo le divergenze, appellarsi ad altro giurì, perchè decida sui punti controversi a meno che si decida, coll’assenso delle parti, di esaminare nuovamente tutta la vertenza.
Il mandante che non fosse soddisfatto dell’operato dei suoi fiduciari nel giurì o dei propri rappresentanti, o che per motivi molto gravi reputasse necessario di farsi rappresentare da altri, è in facoltà di ringraziarli di quanto hanno fatto in favore suo, pregandoli di ritirarsi, poichè ogni deliberazione presa col loro concorso sarebbe nulla (Bellini, cap. III, 1°; Angelini, cap. IX, 3°).
In tal caso il mandante deve notificare la deliberazione presa al Presidente del giurì ed ai rappresentanti avversari, direttamente o a mezzo del rappresentante restato in carica, poichè qualunque deliberazione del giurì o dei rappresentanti presa con l’intervento del revocato sarebbe nulla (così opina anche l’Angelini, cap. IX, 5° e decisero le Corti d’onore di Milano, 3-6-1909; Bari, 3-5-1922; Livorno, 21-8-1921; Firenze permanente, 3-1-1923).
Incaricherà quindi altro, o due altri fiduciari, di rappresentarlo nel giurì o nelle trattative della vertenza, o di assisterlo, in qualità di testimoni, nello scontro.
I nuovi eletti dovranno subito presentarsi al Presidente del giurì o ai rappresentanti della controparte e si regoleranno, in massima, su quanto è detto all’art. 65 e successivi e 73.
La facoltà di ritirarsi è pure riconosciuta ai fiduciari nel giurì e ai rappresentanti di una delle parti, tutte le volte che non stimino opportuno di assistere il loro cliente in una determinata situazione, o che si trovino in contraddizione con la volontà espressa dal loro cliente (così opina anche l’Angelini, cap. IX, 4°).
Le stesse norme stabilite per la revoca, le dimissioni e sostituzioni dei rappresentanti, valgono per le dimissioni e sostituzione dei giudici nella formazione e funzionamento del giurì d’onore (dello stesso parere furono il giurì d’onore, appellante Gelli, Milano, maggio 1893 e Livorno, agosto 1921, appellante Maveri; Bari, maggio 1922, appellante avv. De Liso).