Ciuffettino/Capitolo XXVII

Nel quale Ciuffettino prende un mezzo gelato di crema e sente ancora la voce della Fata dei bambini

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Nel quale Ciuffettino prende un mezzo gelato di crema e sente ancora la voce della Fata dei bambini
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XXVII.

Nel quale Ciuffettino prende un mezzo gelato dì crema e sente ancora la voce della Fata dei bambini.

Entrando nella camera che gli avevano destinata, nel palazzo del grande monarca di Sbadigliopolis, Ciuffettino fece una smorfia di malcontento e disse, senza tanti complimenti, al maggiordomo che lo accompagnava:

— Non ci avete niente di meglio, in questa casa? A dire la verità, l’idea di dover dormire in questo canile mi sorride poco... [p. 226 modifica]

Il maggiordomo spalancò gli occhi, aprì la bocca, e fece atto di parlare: ma non ci riuscì: la commozione era stata troppo forte. Si limitò a fare una lunga serie di versacci, e a ballettare per la stanza, come se avesse avuto il fuoco sotto i piedi. Ciuffettino lo guardava, ridendo.

— O coteste, che mosse sarebbero?

— E’ l’orrore... che hanno provocato in me... le tue forsennate parole - bisbigliò il maggiordomo, seguitando a ballettare.

— Ma che cosa ho detto?

— Non hai trovato... di tuo gusto... questa stanza magnifica...

— Senti, senti!

— Hai osato di chiamarla... canile!

— Sicuro, gua’! gli è un canile.

— La migliore stanza della reggia!

— Allora, mi dispiace per il tuo signore e padrone, ma si sta meglio nella casa del mi’ babbo, a Cocciapelata. Almeno, c’è più pulizia...

— Che dici? Che c’entra questa Cocciapelata? Che roba è, Cocciapelata?

— Roba da mangiare! - disse Ciuffettino, buttandosi a male dalle risa - Volevo dire che a casa mia non si cammina sul sudiciume...

— Oh! buon Dio!... che esagerazione... un po’ di polvere per terra...

— Si vede che qui non non ispazzano mai...

— Una volta il mese, caro Ciuffettino: più spesso sarebbe troppa fatica...

— E il letto, ogni quando lo rifanno?

— Oh! che c’è bisogno di rifarlo? Il letto si rifà da sè. Unap volta l’anno, naturalmente, si cambia la biancheria... [p. 227 modifica]

— Ma che ti pare! troppo spesso, anzi...

— Se mai, potresti lamentarti perchè non hanno aperto la finestra... C’è un po’ di puzzo di rinchiuso...

— Un po’! Chiamalo un po’, bello mio! Qui si affoga!

— Colpa dei camerieri... benedetto Iddio, hanno sempre sonno, poverini... Che cosa vorresti farci?

— Io? nulla. Nulla! Ma dimmi, maggiordomo dell’anima mia: anche il re dei Fannulloni è trattato a questo modo?

— Sfido io!...

— E se ne contenta?

— Che domanda!...

— Bah! allora, beato lui!... Addio, cosino caro. Per ora vedrò di schiacciare un sonnellino, e poi...

Il ragazzo interruppe il suo dire con uno sbadiglio sguaiato, e il maggiordomo, ancora molto indispettito, si ritirò in fretta, per andare a fare una dormitina anche lui. Aveva tanto lavorato, quel giorno! Aveva fatto finta di leggere un giornale, aveva scritto due lettere e firmato due cartoline illustrate per il re, e si era ricucito un bottone su la manica della giacca. Roba da sbalordire!... Ma era anche estenuato, proprio. Certe fatiche non si sostengono impunemente!

Ciuffettino, dopo essersi chiuso nella stanza, aprì le finestre, perchè entrasse un po’ d’aria buona, diede una ravviatina al letto, e rovesciò la brocca dell’acqua su l’impiantito, per lavarlo. Poi si buttò sul letto di sfascio... e andò a battere la schiena in terra. Le tavole, ròse e marcite, a quella scossa brusca, si erano spezzate, e il letto si era piegato in due, come un libro. Così l’illustre Ciuffettino, il grande imperatore dei pappagalli, il glorioso vincitore dei macacchi... dovette dormire in terra. [p. 228 modifica]

Quando si svegliò, imbruniva. Dalla finestra aperta venivano gli ultimi riflessi del giorno, e le strida delle rondini che turbinavano nel cielo. Ciuffettino si alzò, andò ad aprir l’uscio, e suonò il campanello. Ma il campanello non funzionava, perchè da cinquanta anni si erano rotti tutti i fili, e nessuno aveva avuto il tempo o la forza di accomodarli. Allora Ciuffettino si pose a urlare a squarciagola:

— Camerieri! lacchè!... servitori! sguatteri...! facchini! ohe!...

Nessuno rispondeva.

— Dormiranno - pensò il nostro eroe - Per altro, a dire la verità... questo sistema di dormir sempre sarà bello... anzi, gli è bello di certo... ma ci ha i suoi bravi difetti... Non far nulla, sta bene: ma così, è meno di nulla!

Si mosse per la reggia, girando per i corridoi e traversando le grandi sale deserte e buie come tante caverne. Finalmente trovò un servo che stava a [p. 229 modifica]guardare, alla luce di un lumicino che parea spento, due gatti che, oh!... miracolo! non facevano niente.

— Senti, oh, - disse il ragazzo, scotendo il servo - io sono Ciuffettino...

— Che cosa desidera, illustrissimo? - bisbigliò quell’altro, riuscendo a prezzo di fatiche inaudite, a mettersi in piedi - sono ai suoi ordini...

— Non si mangia mai, qui?

— L’illustrissimo signor Ciuffettino desidera di fare colezione?

— Ma se è notte!... Desidero di cenare. Anzi, a dirti la verità, vorrei che la cena fosse piuttosto abbondante... Mi raccomando al cuoco...

— Va bene, ci penso io...

Il servo uscì dalla stanza lentamente e Ciuffettino rimase a guardare i gatti.

Di lì ad un paio d’ore, mentre il bambino smaniava, ricomparve il solito servo, mogio mogio, come se avesse ricevuto un carico di bastonate sul groppone.

— Dunque!? - chiese, furibondo, Ciuffettino.

— Illustrissimo... il cuoco... sul più bello... mentre preparava anche la cena di Sua Maestà... si è addormentato improvvisamente...

— Per baccolina! o perchè non l’avete svegliato subito...?

— Non si può, illustrissimo: il cuoco se ne avrebbe a male. E’ tanto puntiglioso! E poi, oramai, si erano bruciate tutte le pietanze...

— E allora?

— Che vuole, illustrissimo? Di caldo, stasera, non c’è nulla... Siamo tutti mortificati...

— Figurati come seno mortificato io! Almeno, via... portami un po’ di frutta... quella ci sarà...

— L’hanno bella e finita... [p. 230 modifica]

— Una mezza pagnottella...

— Pane non c’è n’è più...

— Allora, che cosa mi dai?

— Le posso dare... l’indirizzo di una trattoria qui accanto.

Ciuffettino si tirò il ciuffo per la gran stizza.

— Per andare alla trattoria ci vorrebbero dei soldi... e io sono un disperato di prima forza.

— Se l’illustrissimo signor Ciuffettino - continuò il servo, timidamente - si volesse contentare di qualche cosina di freddo...

Gli occhi del nostro ragazzo brillarono di gioia improvvisa.

— Ma sicuro, toh! è un’ora che te lo dico... Che cosa ci hai, di freddo?

— Un mezzo gelato di crema...

E per quel giorno il povero figliuolo si rassegnò a prendere, in luogo del pranzo e della cena, un mezzo gelato di crema, nella quale, per isbadataggine degli sguatteri, era stato messo il sale invece dello zucchero...

Ciuffettino tornò in camera sua con un diavolo per capello. Si sdraiò alla meglio su di una coperta distesa in terra, e cercò di ripigliare sonno. Ma si voltava, si rivoltava, e nulla.

— Auf! se non ci fosse la comodità di poter sempre tenere le mani alla cintola e di non dover mai leggere dei libri... si starebbe di molto male, nel regno dei Fannulloni! - sospirò, a un certo punto, il grande Ciuffettino, stringendosi il cintolino dei calzoni, per veder di restringere anche lo stomaco... vuoto.

Una vocina sottile sottile sussurrò all’orecchio del fanciullo:

— Chi non lavora, non mangia!... [p. 231 modifica]

Ciuffettino, maravigliato, disse:

— Questa voce, io l’ho sentita un’altra volta...

E la vocina riprese:

— Chi non laverà, si annoia!

— Tutte storie! - ribattè Ciuffettino, sbadigliando disperatamente - io non mi annoio... ho sonno, ecco... questo si...

— Sei un grullo!...

— Grazie del complimento! eppure questa voce, io l’ho sentita un’altra volta....

— Chi non lavora, non dorme - finì la vocina.

E difatti, quella notte, Ciuffettino non dormì.