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— Ma che ti pare! troppo spesso, anzi...

— Se mai, potresti lamentarti perchè non hanno aperto la finestra... C’è un po’ di puzzo di rinchiuso...

— Un po’! Chiamalo un po’, bello mio! Qui si affoga!

— Colpa dei camerieri... benedetto Iddio, hanno sempre sonno, poverini... Che cosa vorresti farci?

— Io? nulla. Nulla! Ma dimmi, maggiordomo dell’anima mia: anche il re dei Fannulloni è trattato a questo modo?

— Sfido io!...

— E se ne contenta?

— Che domanda!...

— Bah! allora, beato lui!... Addio, cosino caro. Per ora vedrò di schiacciare un sonnellino, e poi...

Il ragazzo interruppe il suo dire con uno sbadiglio sguaiato, e il maggiordomo, ancora molto indispettito, si ritirò in fretta, per andare a fare una dormitina anche lui. Aveva tanto lavorato, quel giorno! Aveva fatto finta di leggere un giornale, aveva scritto due lettere e firmato due cartoline illustrate per il re, e si era ricucito un bottone su la manica della giacca. Roba da sbalordire!... Ma era anche estenuato, proprio. Certe fatiche non si sostengono impunemente!

Ciuffettino, dopo essersi chiuso nella stanza, aprì le finestre, perchè entrasse un po’ d’aria buona, diede una ravviatina al letto, e rovesciò la brocca dell’acqua su l’impiantito, per lavarlo. Poi si buttò sul letto di sfascio... e andò a battere la schiena in terra. Le tavole, ròse e marcite, a quella scossa brusca, si erano spezzate, e il letto si era piegato in due, come un libro. Così l’illustre Ciuffettino, il grande imperatore dei pappagalli, il glorioso vincitore dei macacchi... dovette dormire in terra.