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dare, alla luce di un lumicino che parea spento, due gatti che, oh!... miracolo! non facevano niente.

— Senti, oh, - disse il ragazzo, scotendo il servo - io sono Ciuffettino...

— Che cosa desidera, illustrissimo? - bisbigliò quell’altro, riuscendo a prezzo di fatiche inaudite, a mettersi in piedi - sono ai suoi ordini...

— Non si mangia mai, qui?

— L’illustrissimo signor Ciuffettino desidera di fare colezione?

— Ma se è notte!... Desidero di cenare. Anzi, a dirti la verità, vorrei che la cena fosse piuttosto abbondante... Mi raccomando al cuoco...

— Va bene, ci penso io...

Il servo uscì dalla stanza lentamente e Ciuffettino rimase a guardare i gatti.

Di lì ad un paio d’ore, mentre il bambino smaniava, ricomparve il solito servo, mogio mogio, come se avesse ricevuto un carico di bastonate sul groppone.

— Dunque!? - chiese, furibondo, Ciuffettino.

— Illustrissimo... il cuoco... sul più bello... mentre preparava anche la cena di Sua Maestà... si è addormentato improvvisamente...

— Per baccolina! o perchè non l’avete svegliato subito...?

— Non si può, illustrissimo: il cuoco se ne avrebbe a male. E’ tanto puntiglioso! E poi, oramai, si erano bruciate tutte le pietanze...

— E allora?

— Che vuole, illustrissimo? Di caldo, stasera, non c’è nulla... Siamo tutti mortificati...

— Figurati come seno mortificato io! Almeno, via... portami un po’ di frutta... quella ci sarà...

— L’hanno bella e finita...