Ciuffettino/Capitolo XXIII
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XXIII.
Beccolungo e Beccocorto conficcarono le loro unghie negli abiti di Ciuffettino, e spiccarono il volo. Il ragazzo, in un attimo, si trovò ad una altezza vertiginosa, ed ebbe una gran paura di fare un capitombolo.
— Tenetemi forte, almeno! - balbettò, diventando bianco come un cencio lavato.
I pappagalli risposero con una risatina rispettosa, ma sardonica.
— Vostra Maestà non dubiti!... - disse Beccolungo.
— ... non dubiti! - ripetè Beccocorto.
Il tragitto aereo si compì in pochi minuti.
Ecco Ciuffettino seduto in un bel nido fatto di rami intrecciati maestevolmente e imbottito di superbe piume azzurre, rosse, gialle, verdi e color dell’oro. E quel nido maraviglioso era piantato su la biforcatura di un alto albero, nel bel mezzo della foresta.
Intorno a Ciuffettino, su i rami degli alberi stavano appollaiati, a gruppi di due, di tre, di quattro, dei graziosi perrocchetti, dei maestosi kakatoa, dei superbi pappagalli cinerini, verdi e rossi, delle are colossali, dai colori mirabili. Alcuni di quei pappagalli, forse per la vecchiaia, portavano gli occhiali; altri tenevano sotto l’ala dei grossi scartafacci; altri, ancora, erano decrepiti e malconci, però si coprivano le membra spennacchiate, con delle piume di altri uccelli, attaccate a furia di gomma e di colla di pesce.
Il più vecchio dell’assemblea - un decrepito kakatoa che aveva perduto la cresta rossa, e portava piume finte e gli occhiali - dopo aver confabulato a lungo con Beccolungo e Beccotorto, esclamò, rivolto al nostro eroe:
— Tu sei il successore di Ciuffettino XXXIV, il nostro grande imperatore morto per aver mangiato del prezzemolo con le patate. Tu sei colui che attendevamo. Ricordati però, che se tu sei l’Imperatore, io sono il tuo primo ministro, e sono anche perciò presidente del Consiglio. Tu avrai nelle tue mani le nostre ricchezze e le nostre sostanze. Però non potrai disporne in nessuna maniera, senza il nostro consenso, che non ti accorderemo mai. Ti serviremo tutti Il banchetto dei macacchi. fedelmente; ora tu devi giurare di sottometterti alle leggi che regolano il nostro impero...
— Mi sottometto! giuro! - proruppe Ciuffettino.
In un momento presso il ragazzo si affollarono pappagalli di tutte le dimensioni, di tutte le forme e di tutte le specie, i quali, fra il verde delle piante, alla bella luce dorata del sole che metteva fiamme e scintillii nelle loro piume multicolori, formavano un quadro degno di ispirare anche quel famoso pittore di pappagalli che si chiamava... oh! il nome lasciamolo lì.
Il vecchio pappagallo con gli occhiali, arrampicandosi a fatica su di un ramo posto al disopra di Ciuffettino, mostrò agli adunati la corona imperiale e, la lasciò cadere proprio su la zucca del fanciullo. Allora tutti i pappagalli, ad un tempo solo, intonanarono l’inno dei Rampicanti, inno scritto dall’imperatore Ciuffettino XIV. Le stonature di quei cantori non potete figurarvele; basti dirvi che Ciuffettino, il quale, in fondo, non conosceva che la musica suonata dall’unico organetto sfiatato di Cocciapelata, dovette tapparsi le orecchie!... Appena l’inno cessò, i pappagalli presero a strillare:
— Viva il nostro imperatore! viva Ciuffettino XXXV!...
E incominciarono la festa. Allora Ciuffettino disse, in confidenza, a Beccolungo e a Beccocorto:
— Sentite: non per offendervi: vi son grato delle vostre dimostrazioni di affetto e dei vostri inni: ma vi sarei anche più grato se voleste offrirmi qualcosina da buttar giù, nello stomaco...
— C’è tempo! - disse, con una riverenza, Beccolungo.
— ... tempo! - ripetè Beccocorto.
— Ma io ho fame! - strillò Ciuffettino, col pianto alla gola.
— Vergogna! Un imperatore non deve mai aver fame - ribattè Beccolungo.
— ... mai fame! - ripetè Beccocorto.
— Fino a stasera non si mangia - sentenziò Beccolungo.
— Pazienza! - sospirò l’imperatore dei pappagalli vuol dire che, per ammazzare il tempo, schiaccieró un sonnellino.
E incominciava ad appisolarsi davvero, quando grida orribili risuonarono nella foresta.
— Che cosa succede? - borbottò Ciuffettino, stropicciandosi gli occhi - chi è quel maleducato..
— Il nemico! il nemico! - si udiva gridare da ogni parte.
— Il nemico! - ripeterono in coro Beccolungo e Beccocorto che non abbandonavano mai il loro signore.
— Il nemico? quale nemico? - chiese Ciuffettino, trasognato.
— I macacchi! i macacchi!... - esclamavano i pappagalli della foresta, correndo di qua, di là, intimoriti.
Eccoti il vecchio kakatoa con gli occhiali che arriva nel nido del nostro amico, ciangottando:
— Il popolo ti chiede, eccelso imperatore!...
— Ma io, veramente, ho sonno! - bofonchiò Ciuffettino.
— Non c’è sonno che tenga: i macacchi, gli eterni nostri nemici, gli abitatori delle isole vicine, stanno per dare un nuovo e terribile assalto alla nostra terra!... Difendici! Guidaci alla vittoria!...
— Ho fame! - sospirò l’imperatore, sbadigliando.
— Dopo la battaglia, mangerai - ammonì severamente Beccolungo.
— ... mangerai - ripetè Beccocorto.
— Bah! - fece Ciuffettino, prendendo la cosa con filosofìa - andiamo pure alla battaglia, purchè dopo ci sia un buon pranzetto. Vi avverto che le mandorle mi piacciono infinitamente... Oh! ma dico: non ci sarà pericolo di nulla, in questa battaglia?
— Un imperatore non deve mai aver paura - sentenziò ancora Beccolungo.
— ... mai paura! - aggiunse Beccocorto.
— Eh, lo so, non deve: ma io, all’idea di doverne buscare, mi sento venir freddo...
— Certo, sublime imperatore, tu dovrai dimostrare una grande sagacia ed un grande coraggio contro un nemico così numeroso e così forte: ma io credo che con l’aiuto dei tuoi sudditi, finirai col vincere... come vinse il grande Ciuffettino XXIV.
— Anche lui ebbe da fare con quei noiosi di macacchi?
— Ciuffettino XXIV riuscì a vincere..! Uccise in singolar tenzone il re dei macacchi e lo spellò sotto gli sguardi dei pappagalli festanti... La pelle del nemico si trova nel Museo storico... Perchè non dovresti tu fare altrettanto?
— Ma io non le so spellare, le scimmie...
— Vergogna! Quella pelle è un trofeo di gloria!...
— Davvero? se non è intignata, me ne farò una pelliccia per questo inverno... Ma io ti domando ancora: e se perdo?
— Se perdi, i Giudici superiori ti condanneranno ad aver le orecchie strappate...
— Eh!...
— E ti lasceranno due mesi senza mangiare.
— Allora bisogna vincere per forza!
— Decidi tu, eccelso imperatore! - concluse Beccolungo.
— ... tu! - aggiunse Beccocorto, che aveva una gran voglia di ridere, ma faceva finta di nulla.
— Ho bell’e deciso: andiamo contro i macacchi! Alti dignitari, seguitemi!
E Ciuffettino scivolò lungo il tronco dell’albero, e si avviò per la foresta, seguito dal valoroso principe Beccolungo e dall’integerrimo duca Beccocorto.