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vuol dire che, per ammazzare il tempo, schiaccieró un sonnellino.

E incominciava ad appisolarsi davvero, quando grida orribili risuonarono nella foresta.

— Che cosa succede? - borbottò Ciuffettino, stropicciandosi gli occhi - chi è quel maleducato..

— Il nemico! il nemico! - si udiva gridare da ogni parte.

— Il nemico! - ripeterono in coro Beccolungo e Beccocorto che non abbandonavano mai il loro signore.

— Il nemico? quale nemico? - chiese Ciuffettino, trasognato.

— I macacchi! i macacchi!... - esclamavano i pappagalli della foresta, correndo di qua, di là, intimoriti.

Eccoti il vecchio kakatoa con gli occhiali che arriva nel nido del nostro amico, ciangottando:

— Il popolo ti chiede, eccelso imperatore!...

— Ma io, veramente, ho sonno! - bofonchiò Ciuffettino.

— Non c’è sonno che tenga: i macacchi, gli eterni nostri nemici, gli abitatori delle isole vicine, stanno per dare un nuovo e terribile assalto alla nostra terra!... Difendici! Guidaci alla vittoria!...

— Ho fame! - sospirò l’imperatore, sbadigliando.

— Dopo la battaglia, mangerai - ammonì severamente Beccolungo.

— ... mangerai - ripetè Beccocorto.

— Bah! - fece Ciuffettino, prendendo la cosa con filosofìa - andiamo pure alla battaglia, purchè dopo ci sia un buon pranzetto. Vi avverto che le mandorle mi piacciono infinitamente... Oh! ma dico: non ci sarà pericolo di nulla, in questa battaglia?

— Un imperatore non deve mai aver paura - sentenziò ancora Beccolungo.