Chirografo di papa Gregorio XVI sul sistema monetario/Chirografo
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MONSIG. ANTONIO TOSTI
NOSTRO
TESORIERE GENERALE
Avete inoltre, rappresentato che sentita su questo articolo la Congregazione de’ Reverendissimi Cardinali, la quale a Noi è piaciuto di consultare ne’ più gravi affari dello Stato, ed avendo alla medesima esposto il risultamento degli esami, e delle discussioni delle persone perite da voi chiamate a quest’uopo essa è stata di avviso di portare il valore delle sopra enunciate monete a quanto corrisponde all’intrinseco che vi si trova in oro ed in argento rispettivamente, fissando il giusto peso che debbono avere su quello che presenta la maggior parte di tali antiche monete, e lasciandole così in corso, salvo il farle passare gradatamente dalle pubbliche Casse nelle nostre Zecche per trarne la pasta di oro e di argento, e batterne moneta dello Stato.
Ci avete esposto altresì che su tutte le altre monete, che trovansi enunciate nella Tariffa del 23 Giugno 1797, e nella successiva impressa li 25 Marzo 1818, avendo fatti eseguire gli opportuni saggi e confronti, avete conosciuto, che diverse son quelle, le quali trovansi apprezzate per un valore non corrispondente al metallo fino che contengono; che alcune monete antiquate, divenute rare, e le quali non trovansi che eccessivamente logore fa d’uopo toglierle dalla Tariffa; e che quindi è indispensabile il pubblicare una Tariffa nuova nella quale potrebbero correggersi altri errori, o difetti, includendo nel valore dell’oro l’aggio del 2 per % generalmente stabilito, e che forma parte del valore intrinseco del metallo; aggiungendo al valore dell’oro e dell’argento quello che può diminuirsi ne’ diritti di coniazione, e portando così il prezzo di zecca di questi metalli più vicino che sia possibile a quello che hanno nelle più riņomate Zecche di Europa, e nel commercio; indicando il titolo, ossia bontà dell’oro e dell’argento che in ciascuna moneta secondo gli ultimi e più accurati esperimenti si è rinvenuta; determinando il peso che ciascuna moneta di vecchia e nuova coniazione deve ora avere in correspettività del valore attribuitole, e ciò tanto coi pesi duodecimali, quanto coi decimali, o metrici generalmente in uso; e togliendo le frazioni minime sì incommode nel calcolo, e nel commercio, e di niuna importanza per se medesime.
Ci avete fatto conoscere di avere a questo proposito consultata la sullodata Congregazione di Reverendissimi Cardinali tanto sulle antiche monete di Francia, come già sopra si è detto, e sulle altre monete antiquate rare e logore da togliersi dal corso; quanto sul valore da attribuirsi alle monete estere, proponendo a risolvere, se le dette monete debbano mettersi in Tariffa pel solo valore della materia fina, senza calcolare i diritti di coniazione che siansi valutati nelle rispettive Zecche, e senza neppur calcolare questi diritti colle norme delle Zecche dello Stato, salvo il fare qualche eccezione per quelle monete le quali pel credito universale che godono, e sull’esempio di ciò che generalmente si accorda sul valore di esse, meritano alcuna discreta condiscendenza. Sulle quali proposizioni il voto della Congregazione è stato affermativo e conforme ai principii ricevuti ne’ paesi, dove è autorizzato il corso delle monete straniere, le quali non si ricevono se non pel valore del metallo fino che contengono, e la lega, e le spese di coniazione non si valutano, nè si tiene alcun conto delle tolleranze.
Ci avete quindi esposto quanto le vostre cure vi han portato a conoscere intorno al nostro sistema monetario, e quanto a riformarlo, migliorarlo, e perfezionarlo prudentemente vi avvisate di operare sulle seguenti massime.
Per lo scudo, e mezzo scudo tre millesimi in più o in meno:
Per le Monete da tre, e due paoli quattro millesimi in più o in meno:
Pel Paolo, e pel Grosso cinque millesimi in più o in meno.
Queste tolleranze sono le minime adottate dalle Zecche più accreditate.
Che le nuove monete di oro sieno
Che i baiocchi, mezzi baiocchi, e quattrini sieno in rame.
In tal modo la nuova moneta sarà tutta decimale, ed escluderà le frazioni tanto incomode ne’ calcoli.
Persuasi dopo le più mature riflessioni che le cose di sopra esposteci, e le enunciate massime adottate col parere dei Direttori delle nostre Zecche di Roma, e di Bologna, e di altre persone di siffatte materie intendenti da voi all’uopo consultate, nonchè ad unanimità approvate dalla sullodata Congregazione di Reverendissimi Cardinali, riscuoteranno il plauso generale:
Veduti non meno i vostri rapporti già impressi colla stampa, che i rispettivi allegati, e le altre stampe e carte relative:
Veduta ed esaminata la Tariffa generale delle monete da voi fatta compilare sugli enunciati principii, e cogli opportuni ed analoghi notamenti, quale vogliamo che sia allegata, e si abbia come se fosse qui di parola in parola trascritta.
Col presente Chirografo, nel quale vogliamo che abbiasi per espressa qualunque cosa quanto si voglia necessaria di esprimersi, di nostro moto-proprio, certa scienza, e colla pienezza della nostra apostolica e sovrana autorità, ordiniamo ed ingiungiamo a voi, che in nostro nome diate tutti gli ordini e disposizioni necessarie ed opportune, affinchè abbandonata la coniazione delle altre monete eseguiscasi quella delle nuove colle norme, e ne’ modi e forme espresse nelle massime sopra indicate, quali vogliamo che abbiansi come qui di parola in parola ripetute tanto pei diritti di coniazione, quanto pel titolo, lega, peso, tolleranze, unità monetaria, divisione, e forma delle monete medesime.
Nella coniazione poi delle nuove monete non solo adopererete le paste di oro e di argento che esistono nelle nostre Zecche, e che vi saranno portate; ma all’opportunità farete fondere le monete di antica coniazione, specialmente le estere, e più che le altre quelle che sieno altrove fuori di corso, le quali andran colando nelle pubbliche casse, ponendo peraltro a stretta responsabilità de’ rispettivi Cassieri il non riceverle che del peso indicato nella suddetta e qui sotto esposta Tariffa, potendo le più logore e consunte riceversi soltanto come pasta di oro e di argento nelle due Zecche di Roma e di Bologna. Si avrà in tal modo bastante materia per la coniazione e moltiplicazione delle nuove monete dello Stato, e per far che queste preponderino nel corso all’estere.
Vogliamo inoltre che gradatamente da voi si provveda alla rinnovazione degli antichi spezzati dello scudo, ormai troppo logori e consunti; e perciò fissata una discreta annua somma da prendersi dai lucri che possano esibire le stesse Zecche, ed in mancanza dal pubblico Erario, si fonda ogni anno una quantità degli spezzati più logori, calcolando in guisa che la perdita da incontrarsi corrisponda alla somma destinata per farvi fronte, e provvedendo così senza incomodi ed inconvenienti alla rinnovazione della moneta.
Vi prescriviamo anche che guardiate a far sì che la moneta di rame in corso non ecceda lo stretto bisogno del cambio per li piccoli valori; ma nello stesso tempo che non manchi in guisa che la scarsezza eccessiva divenga incomoda al commercio. Procurerete pertanto che la detta specie di moneta sia al di sotto della quantità di un paolo per ogni testa, e calcolando approssimativamente la quantità in corso farete in modo che non se ne emetta al di là del bisogno, e che colla minima proporzionata coniazione si supplisca annualmente a quella, che ne va a mancare pel naturale consumo e deperimento.
Incarichiamo Monsignor Presidente della Zecca, e gli altri ai quali spetta riconoscere le monete prima di farne la estrazione dalle Zecche per metterle in corso, di vedere che le nuove monete abbiano tutte le qualità prescritte, nè contengano alcun difetto, di modo che non ne siegua la estrazione senza che siensi praticate le necessarie ed opportune verificazioni, ed i saggi più esatti e sicuri.
Approvando finalmente la nuova Tariffa generale delle monete in corso co’ suoi notamenti, ed in ispecie pel prezzo dell’oro fino fissato a scudi 637. 70. 86. il Kilogramma, che corrisponde a scudi 216. 22. 90. la libbra; e dell’argento fino a scudi 40. 52. 23. il Kilogramma, ossia scudi 13. 73. 99. la libbra, avuto riguardo all’aumento che l’oro già avea col nome di aggio fisso del due per cento ora incorporato nel detto prezzo, non meno che alla diminuzione de’ diritti di coniazione sopra ambedue i metalli; v’ingiungiamo di ordinare alle nostre Zecche, ed a tutti i Cassieri, ed altri ai quali spetta di raccogliere il denaro appartenente alla Camera Apostolica, e da versarsi nel nostro Erario, che ad essa strettamente si attengano, e giammai dalla medesima non si allontanino; quale Tariffa sarà resa anche di pubblico diritto con apposita Notificazione del Reverendissimo Nostro Card. Camerlengo, in cui verrà dichiarato, che oltre le monete portate in Tariffa niun’altra avrà corso; che delle sole monete d’oro avranno corso li duplicati e moltiplicati pel valore proporzionato alle monete semplici notate in Tariffa; che sono per modo di regola esclusi gli spezzati delle monete estere, eccettuato il solo mezzo scudo di Spagna; che in conseguenza restano proscritte tutte le monete non comprese in Tariffa, e cessa affatto il loro corso legale; che su i pesi espressi in Tariffa non si ammette tolleranza, in guisa che le monete che avessero un peso minore non potranno essere ricevute che come pasta di oro e di argento; che le monete bucate, o tosate si reputano fuori del corso legale, e ricevibili soltanto nel modo indicato di sopra; e che finalmente essendo compreso nel prezzo anche l’aggio fisso che prima davasi alle monete di oro, i valori espressi nella più volte nominata Tariffa non possono ricevere alcun’aumento nel corso legale delle monete.
Volendo, e decretando che il presente nostro Chirografo benchè non ammesso, nè registrato in Camera vaglia e debba aver sempre il suo pieno effetto, esecuzione, e vigore, colla nostra semplice sottoscrizione, ancorchè non vi sia stato chiamato, citato, nè sentito Monsig. Commissario della nostra Camera, ed altri che vi avessero, o pretendessero di avervi interesse, non ostante la bolla di Pio IV. nostro Predecessore de registrandis etc., le Costituzioni di Paolo II., Paolo IV., e del ricordato Pio IV. de rebus Ecclesiae et Camerae non alienandis, la Regola della nostra Cancelleria de Jure quaesito non tollendo, e quali siansi altre Costituzioni, ed Ordinazioni Apostoliche, nostre, e de’ nostri predecessori, leggi, statuti, riforme, usi, stili, consuetudini, ed ogni altra cosa che facesse, o potesse fare in contrario; alle quali tutte e singole, avendone il tenore qui per espresso e di parola in parola inserito, questa volta, ed all’effetto predetto specialmente ed espressamente deroghiamo.
Dato dal nostro palazzo Apostolico al Vaticano questo dì 10 Gennajo 1835.
GREGORIUS PP. XVI. |