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(III)

principii ricevuti ne’ paesi, dove è autorizzato il corso delle monete straniere, le quali non si ricevono se non pel valore del metallo fino che contengono, e la lega, e le spese di coniazione non si valutano, nè si tiene alcun conto delle tolleranze.

Ci avete quindi esposto quanto le vostre cure vi han portato a conoscere intorno al nostro sistema monetario, e quanto a riformarlo, migliorarlo, e perfezionarlo prudentemente vi avvisate di operare sulle seguenti massime.

1.º Che si diminuiscano i diritti di coniazione, che ora le nostre Zecche sottraggono dal valore del metallo fino per l’oro alla ragione di baj. 72. e 4/100 per ogni cento scudi di valore, e per l’argento in ragione di scudi 2. e 5/8 per ogni cento, riducendoli per l’argento al 2. per %, e per l’oro al mezzo per cento.
2.º Che fermo il principio che ogni moneta deve contenere tant’oro od argento fino, quanto corrisponda al valore che deve avere, siccome all’oro ed all’argento da coniarsi si aggiunge la lega, la quale non influisce al valore della moneta, ma pur molto interessa regolarne la proporzione colla materia fina per la facilità della coniazione, per impedire la fusione delle monete, e per evitare talvolta il lavoro dell’affinare, così, seguendo l’esempio delle più rinomate Zecche di Europa, si stabilisca che la pasta di oro e di argento si formi da nove parti di fino, ed una di lega.
3.º Che siccome la lega non ha prezzo nella moneta, ed è intieramente perduta, dipendendo il valore dal solo argento ed oro fino che vi entra defalcata la lega, così nel coniar l’oro si adotti in genere quella di rame usata più comunemente.
4.º Che ad esprimere il peso si usino le divisioni decimali generalmente ricevute, aggiungendo nella Tariffa, per adattarsi alla intelligenza anche degl’idioti, il peso duodecimale corrispondente; e che l’unità decimale sia quindi il Kilogramma; la duodecimale la libbra romana.
5.º Che riuscendo impossibile di evitare nelle monete le differenze minime nella bontà e nel peso; ma essendo necessario di porre un rigoroso limite alla tolleranza di siffatte differenze, onde non siavi arbitrio in cosa sì gelosa e delicata, si stabilisca per norma inalterabile, che la tolleranza sul titolo, ossia bontà dell’oro possa consistere tutto al più in due millesimi in vantaggio o in discapito, cioè che non possa essere nè inferiore di due millesimi, nè superiore egualmente di due millesimi; e che nell’argento sia ristretta a tre millesimi in più o in meno, come sopra: che la tolleranza

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