Libeccio

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Un po' a tutti La moglie
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LIBECCIO.

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Da tre giorni un libeccio furioso sbatteva il mare selvaggio contro la terra nuda: la piccola rada circondata di capanne pareva deserta come lo era tutto l’anno e solo le voci del vento e delle onde urlavano nello spazio.

I due amanti si vedevano tuttavia all’aperto, fra gli scogli. Il primo a scendere fu l’uomo. Cauto, agile, stendendo di tanto in tanto il braccio come per assicurarsi che non c’era nulla di pericoloso intorno, andò a buttarsi sulla sabbia nera, all’ombra. Di là vedeva alla sua destra i monti lividi, sul vicino orizzonte, sotto le nuvole correnti: la luna nuova gettava ombre dorate su tutto quel caos violaceo di pietre che dal versante ripido scendeva poi al mare e terminava in una lunga fila di scogli, a sinistra. Gli scogli bevevano le onde balzanti e le vomitavano come mostri sazi.

L’uomo guardava verso le capanne silenziose, e gli pareva di sentir gemere, fra il rombo del vento e del mare. Forse era qualche malato, — perchè i bagnanti eran quasi tutti paesani infermi venuti dall’interno, da lontano sui carri, sui cavalli pazienti, per tentare di curarsi. Forse era lo stesso marito di lei, piagato e impotente come un lebbroso, che si lamentava [p. 272 modifica] tormentato dal tempo. Ecco perchè ella tardava.

Ma l’uomo non era impaziente per questo. Tardasse o no, ella doveva arrivare; ed egli pensava all’altra, a quella che egli non aspettava e che non sarebbe mai arrivata, sebbene fosse lì, a due passi, più vicina dell’amante.

Si volse bocconi col viso fra le braccia e masticò la sabbia salata. E di nuovo mentre il rombo del mare e l’ansito del suo cuore si fondevano in una vibrazione sola, in un rumore che pareva sotterraneo, il gemito, come condotto appunto dalla terra, giunse fino a lui.

Egli balzò ascoltando: ma nell’aria solo il mare e il vento urlavano fra loro.

La luna scendeva lenta, fra la cenere delle nuvole, a momenti rossa come una ferita, a momenti azzurra come un occhio di bambino: spariva, si riaccendeva, pareva avesse paura a toccare l’abisso agitato, ma le onde si slanciavano verso di lei con ira, con desiderio, e poi le si spianavano sotto tremule di sangue e di lagrime.

L’uomo si buttò ancora giù e sentì di nuovo il gemito: allora si alzò e andò a guardare. Una donna stava seduta sulla sabbia, con le braccia intorno alle ginocchia, la testa avvolta in un drappo sbattuto dal vento, e guardava il mare. Egli la riconobbe e sentì subito che quella notte doveva sciogliersi il nodo del suo destino. [p. 273 modifica]

*

Si buttò sulla sabbia accanto a lei e gli sembrò che tutto intorno, il mare e il cielo, tutto fosse mosso dalle ali nere del drappo che le si sbatteva sul capo. Il naso duro di lei, le labbra sporgenti, si disegnavano sul vuoto livido come il profilo d’una medaglia sul bronzo.

— Come sta tuo cognato? — domandò l’uomo.

— Tu dovresti saperlo più di me!

— Come più di te? Perchè più di te?

— Perchè con mia sorella tu vai d’accordo più che essa non vada con me! Così!

Il vento le portava via di bocca le parole aspre. L’uomo le si accostò di più, quasi con la testa sotto i piedi di lei e la guardò di sotto in su.

— Che cosa è successo, Agata? Perchè sei così stanotte? Perchè sei qui, sola? Non hai, come dicesti tante volte, paura di tuo marito? Dov’è, lui?

— Come sei curioso, Diego! Egli, sì, anche stasera mi disse che se mi vede con te mi uccide: uccide me, sai, non te. Non aver paura, dunque.

Egli le balzò inginocchiato davanti, tremante e feroce. Gli sembrava di affondare nella sabbia, davanti a lei, e ch’ella dovesse [p. 274 modifica] calcare i piedi sopra di lui per sprofondarlo meglio.

— Agata! Che è accaduto? Lo voglio sapere! Ti ho sentito gemere, sai: tu stai lì, adesso, come sempre, fredda come una statua, ma il cuore mi dice tutto. Tutto! Parla, Agata, o stanotte succede qualche cosa.

— Ma nulla, ti dico! Abbiamo un po’ questionato, con lui, perchè è andato là, da mia sorella, con la scusa che mio cognato sta male. Io non volevo. Sai che siamo in lite, con mia sorella, lo sai: sai tutte le cose da lei. Allora dissi a mio marito: sì, tu va pure, veglia pure quel buon uomo e lasciami sola. Farò venir Diego a tenermi compagnia! Com’è diventato! Come quel mare, livido, nero. — Fa pure, — mi disse, — se ti vedo con lui ti uccido. Lui lo lascio in vita perchè continui a divertirsi con le donne maritate.

L’uomo abbrancava pugni di sabbia che poi sbatteva davanti a sè. No, non era questo soltanto. Sentiva che la donna mentiva e voleva saper tutto. Tornò a buttarsi giù, cercò di calmarsi.

— E tu sei venuta fuori, ti sei messa lì, al vento, mentre nelle sere belle non ti si vede mai. Perchè?

— Per sfogar la rabbia! Non lo vedi?

— E se tuo marito adesso ritorna e ti vede con me?

— Mi uccide.

— E tu sei contenta?

— Molto, Diego. Che cosa faccio, viva, io? [p. 275 modifica] Nessuno mi vuol bene. Tu mi conosci, da piccola. Siamo vicini di casa, laggiù! Io ero fidanzata con un uomo ricco e lei, mia sorella, me lo ha preso. Buon prò le faccia, però, quell’uomo: le si è marcito fra le mani come il frutto troppo maturo! Poi ho sposato un uomo che non mi vuol bene: tenermi sotto i piedi, sì, ma volermi bene, no. Tu lo sai, Diego, lo sai da mia sorella. Tutti andate da lei come dall’ostessa che ha il vino forte.

— Zitta, Agata! Se andiamo da tua sorella è perchè ti rassomiglia: si beve il vino cattivo solo perchè rassomiglia al vino buono.

— Zitto tu! Tutti voi uomini parlate così ma non tutte le donne vi credono.

Egli sospirò ansando, mordendo di nuovo la sabbia ai piedi di lei.

— Agata, se tu volessi! Agata, se tu non fossi una donna di legno! Io per te.... non so cosa farei.... non so! Qualche cosa che nessuno ha fatto.

Ma Agata s’era alzata e spiava con le vesti buttate in là dal vento. Passarono alcuni momenti. L’uomo aveva l’impressione che Agata dovesse volar via, portata dal vento: se non la prendeva in quel momento non l’avrebbe avuta più: eppure non osava toccarla. Ella tornò ad accovacciarsi.

— Credevo fosse lui.

— Ma hai paura davvero?

— No, ti dico. Se avessi paura non sarei qui. E starò qui finchè lui torna: voglio morire.... voglio morire.... [p. 276 modifica]

— Agata! Tu piangi? Agata? Agata?

E anche lui si accovacciò accanto a lei, e formarono un solo dolore, un solo tormento nella notte tormentata, uniti congiunti in mezzo a tutto quel dolore notturno come il doppio seme entro il nocciolo di un frutto.

Agata piangeva sulla spalla di lui e gli raccontava la sua pena.

— Io non volevo venire, qui, sai? Tu sai tutti i nostri affari; siamo vicini di casa! Ma il dottore disse: è debole, portatela al mare. Allora mio marito volle venir qui, perchè venivano anche loro, mia sorella col marito. Io dicevo: andiamo in un altro posto; ma dovetti ubbidire. Egli voleva costrurre la capanna accanto alle loro, ma poi pensò ch’era meglio farla lontana perchè io non vedessi.... E così anche tu sei venuto, Diego, ma non per me.

Lo respinse a un tratto, mettendogli le mani sul petto, ma egli la riafferrò, silenzioso, la serrò a sè, silenzioso. Tremava tutto, a occhi chiusi. Vedeva tutto lagrime e sangue, come là dentro il mare.

— Così, se egli mi uccide son contenta. Così morrà anche mio cognato e loro due potranno sposarsi. E tu sarai contento con loro!

Tornò a staccarsi e rise, col viso al cielo, ebbra di dolore. Egli la costrinse a rimettere il viso sulla sua spalla e tacque. Taceva e tremava, morsicandosi le labbra ancora salate di sabbia.

Il vento si aggirava intorno a loro come una belva saltellante; ma non riusciva che a [p. 277 modifica] mordere le loro vesti, i loro capelli: l’anima rimaneva immobile, sprofondata nell’orrore del turbine come lo scoglio lì accanto.

Finalmente l’uomo parve calmarsi: riaprì gli occhi e aggiustò il drappo intorno alla testa di Agata.

— Senti, vedrai che tutto finirà. Abbi fede in me. Ritornerà tutto come prima, quando eravamo ragazzi, ricordi? Io venivo al muro, fra il vostro orto e il nostro, e tu sfregavi fra le tue mani il girasole per coglierne i semi. Ti rammenti, Agata? Ma voi eravate ricchi e noi poveri, e tu non mi hai voluto. Volevi il vecchio ricco! Dio paga questi peccati; Agata! Ma adesso hai espiato abbastanza. Adesso tu vai là, dentro la mia capanna, e non ti muovi più. Hai capito? Devi ubbidire anche a me, almeno una volta! Questa volta sola!

Con sorpresa vide ch’ella ubbidiva. La condusse alla capanna e la chiuse dentro. Egli tornò al punto dond’era partito: si buttò di nuovo sulla sabbia e di nuovo il rombo del mare e del vento si confuse con l’ansito del suo cuore.

*

L’amante tardò ad arrivare, quella notte. Aveva la stessa figura della sorella, lo stesso drappo in testa, ma più chiuso, in modo che si intravedeva appena il luccichio degli occhi, come su una maschera nera. [p. 278 modifica]

Accorgendosi che l’uomo tremava convulso gli baciò la mano.

— Sei in collera perchè ho tardato? Ma lui sta male: anzi bisogna che torni subito. Ho paura....

— Di chi, paura? Di lui? O dell’altro?

— Diego! Perchè parli così? Che cosa ti hanno raccontato?

— Vieni nella mia capanna e te lo dirò. Ubbidisci....

E anche lei ubbidì. Andavano verso la capanna, spinti dal vento. Il marito d’Agata, intanto, era tornato e non trovando la moglie la cercava, armato. Vide i due, da lontano, e li aspettò. Quando furon vicini mirò sulla donna, e il lampo rosso della fucilata, mentre lo scoppio si perdeva nel rumore del turbine, illuminò la sua figura alta e scura, il viso di bronzo, gli occhi lividi, e il viso bianco e dolce e gli occhi dorati e spauriti della vittima che cadeva in avanti a braccia aperte. L’amante la sollevò, poi la lasciò ricadere, ed ella rimase così, sulla sabbia, come una croce nera.