Che cosa è l'arte?/XVIII
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Capitolo XVIII.
Che cosa dovrà essere l’arte dell’avvenire.
Si parla volentieri dell’arte dell’avvenire, e s’intende rappresentare con queste parole un’arte nuova, eminentemente raffinata, e derivante dall’arte attuale delle classi superiori della nostra società. Ma una siffatta arte dell’avvenire non nascerà mai, nè potrebbe nascere. L’arte delle nostre classi superiori è fin d’ora giunta a una stretta insuperabile. Sulla via per cui s’è messa non le riuscirà dì fare un passo di più. Quest’arte, dal giorno in cui s’è separata dal fondamento principale dell’arte vera, dal giorno in cui ha cessato d’ispirarsi alla coscienza religiosa, è diventata sempre più speciale, sempre più pervertita; ed ora eccola ridotta al nulla. Perciò l’arte dell’avvenire — la vera, quella che vivrà veramente nell’avvenire — non sarà il prolungamento della nostra arte presente, ma scaturirà da principii affatto diversi, e non aventi nulla in comune con quelli a cui ora s’ispira l’arte delle nostre classi superiori.
L’arte dell’avvenire, destinata a diffondersi tra tutti gli uomini, non avrà più il fine di esprimere dei sentimenti accessibili solo ad alcuni ricchi; avrà il fine di manifestare la più alta coscienza religiosa delle generazioni future. Nel futuro non si considererà come arte se non quella che esprimerà dei sentimenti che spingano gli uomini all’unione fraterna, o anche dei sentimenti così universale da poter essere provati dalla massa degli uomini. Solo quest’arte sarà segnalata fra il resto, ammessa, incoraggiata, diffusa. E tutto il resto dell’arte, tutto ciò che non è accessibile che ad alcuni, sarà considerato come cosa senza importanza e lasciato da parte. E l’arte non sarà più pregiata, come oggidì, solo da una piccola classe di persone ricche; sarà stimata dalla massa degli uomini.
E gli artisti, nell’avvenire, non saranno più, come ora, presi esclusivamente in una piccola classe della nazione; saranno artisti tutti coloro che a qualunque classe appartengano, si mostreranno capaci di creazione artistica. Allora tutti potranno diventare artisti; perchè, in primo luogo, non s’esigerà più dall’arte una tecnica complicata e artificiosa, che richiede per essere imparata una perdita infinita di tempo; non le si domanderà altro che la chiarezza, la semplicità e la sobrietà; tutte cose che non s’acquistano con una preparazione meccanica, ma coll’educazione del gusto. In secondo luogo tutti potranno diventare artisti, perchè invece delle nostre scuole professionali, accessibili solamente a pochi, tutti potranno imparare la musica e il disegno fin dalla scuola primaria, insieme colle altre nozioni elementari, talchè ogni persona che si sentirà una disposizione per un’arte, potrà esercitarla ed esprimere con essa i suoi sentimenti personali.
Mi si obbietterà che colla soppressione delle scuole artistiche speciali, la tecnica dell’arte sarà indebolita. Sì, certamente, sarà indebolita, se s’intende per tecnica l’insieme dei vani artifizi che oggi si designano con questo nome; ma se per tecnica s’intende soltanto; la chiarezza, la semplicità e la sobrietà, non solo quella tecnica non ne sarà tocca, come lo prova abbastanza tutta l’arte popolare, ma si troverà invece innalzata a un grado superiore. Poichè tutti gli artisti di genio finora nascosti tra il popolo potranno partecipare all’arte e fornire dei modelli di perfezione che saranno la migliore scuola di tecnica per gli artisti del loro tempo e dei tempi a venire. Anche oggidì non è nella scuola che s’istruisce il vero artista, è nella vita, studiando l’esempio dei grandi maestri; ma allora, quando parteciperanno all’arte gli uomini di maggior ingegno del popolo intiero, il numero dei modelli da studiare sarà più grande, e questi modelli saranno più accessibili; e la mancanza d’un insegnamento professionale sarà cento volte compensata, per il vero artista, dal giusto concetto che si farà del fine e dei metodi dell’arte.
Questa sarà una delle differenze dell’arte futura dalla nostra arte presente. Un’altra differenza sarà che l’arte dell’avvenire non verrà più esercitata da artisti professionali pagati per l’arte loro, e occupati solo in essa. L’arte dell’avvenire sarà esercitata da tutti gli uomini che ne sentiranno il desiderio, e anche questi non se n’occuperanno che nel momento in cui ne sentiranno il desiderio.
Si crede facilmente, nella nostra società, che l’artista lavora tanto meglio e più efficacemente, quanto più assicurata è la sua condizione materiale. Questa opinione basterebbe a provare una volta di più, se fosse necessario, che ciò che oggidì si prende per arte, non ne è che la contraffazione. Infatti è vero che per produrre delle scarpe o del pane la divisione del lavoro offre grandi vantaggi; il calzolaio o il fornaio che non è costretto a cucinarsi il suo pasto o a spaccarsi la legna, può fare una maggior quantità di scarpe o di pagnotte. Ma l’arte non è un mestiere; è la trasmissione che si fa agli altri d’un sentimento provato dall’artista. E questo sentimento non può nascere in un uomo se non quando esso viva intieramente della vita naturale e vera degli uomini. Pertanto, assicurare all’artista la soddisfazione di tutti i suoi bisogni materiali, è nuocere alla sua capacità di produrre l’arte, poichè liberando l’artista dalle condizioni — comuni a tutti gli uomini — della lotta contro la natura per la conservazione della propria vita e di quella degli altri, lo si priva dell’occasione e della possibilità d’imparare a conoscere i sentimenti più importanti e più naturali degli uomini. Non c’è condizione più detestabile per la facoltà creatrice d’un artista che quella sicurezza assoluta e quel lusso, che oggi sono ritenuti la condizione indispensabile perchè l’arte funzioni bene.
L’artista dell’avvenire vivrà della vita ordinaria degli uomini, guadagnandosi il pane con un mestiere qualunque. Ed essendo così educato a conoscere il lato serio della vita si sforzerà di trasmettere al più gran numero possibile d’uomini il dono superiore che la natura gli avrà accordato; tale trasmissione sarà la sua gioia e la sua ricompensa.
Fintantochè non si saranno cacciati i mercatanti dal tempio, il tempio dell’arte non sarà un tempio. Ma la prima cura dell’arte dell’avvenire sarà quella di cacciarneli.
Finalmente il contenuto dell’arte dell’avvenire, come io me la raffiguro, differirà totalmente da quello della nostra arte presente. Consisterà nell’espressione di sentimenti non già esclusivi, come l’ambizione, il pessimismo, il disgusto, e la sensualità, ma di sentimenti provati dall’uomo che vive della vita comune di tutti gli uomini, e fondati sulla coscienza religiosa del nostro tempo, di sentimenti accessibili a tutti gli uomini senza eccezione.
Ecco, si dirà, un contenuto molto scarso! Che cosa si può esprimere di nuovo nel terreno dei sentimenti cristiani d’amor del prossimo? E che ci può essere di più mediocre e di più monotono che dei sentimenti accessibili a tutti gli uomini?
Eppure non è meno certo che i soli sentimenti nuovi che oggidì possano esser provati, sono dei sentimenti religiosi, cristiani, e dei sentimenti accessibili a tutti. I sentimenti che provengono dalla coscienza religiosa del nostro tempo sono infinitamente nuovi e varii; ma non consistono solo, come talora si crede, a rappresentare Cristo nei diversi episodi del Vangelo, o a ripetere sotto nuova forma le verità cristiane dell’unione, della fratellanza, dell’uguaglianza e dell’amore. I sentimenti cristiani sono nuovi e varii all’infinito, perchè, quando l’uomo considera le cose sotto il punto di vista cristiano, i soggetti più vecchi, più comuni, quelli che si ritengono più logori, destano in lui i sentimenti più nuovi, più impreveduti, più patetici. Che cosa ci può essere di più vecchio dei rapporti tra il marito e la moglie, tra i figli e i genitori, tra uomini dì paesi diversi? Ora, basta che alcuno consideri questi rapporti dal punto di vista cristiano perchè tosto nascano in lui dei sentimenti infinitamente varii, dei sentimenti nuovi, profondi, patetici.
Il vero è che il contenuto dell’arte dell’avvenire non sarà punto immiserito, ma allargato, quando quest’arte avrà per oggetto di trasmettere i sentimenti vitali, i più generali fra tutti, i più semplici, i più universali. Nella nostra arte d’ora non si considerano come degni d’essere espressi dall’arte che i sentimenti particolari d’uomini in una certa situazione eccezionale, e si esige per giunta che siano espressi in un modo raffinatissimo, inaccessibile alla maggioranza degli uomini. E si ritiene indegno di fornir materia all’arte tutto l’immenso dominio dell’arte popolare e infantile: i proverbi, le canzoni, i giuochi, le imitazioni, ecc. Ma l’artista dell’avvenire capirà che produrre una favola, una canzone, purchè commovano, produrre una farsa, purchè diverta, disegnare una figura che rallegri delle migliaia di bambini e di adulti, che tutto ciò è molto più fecondo e più importante che produrre un romanzo, o una sinfonia, o un quadro, che divertiranno per qualche tempo un piccolo numero di ricchi, e poi si sprofonderanno per sempre nella dimenticanza. Ora il territorio di questa arte dei sentimenti semplici, accessibili a tutti, è immenso, e si può dire non sia mai stato toccato.
Così l’arte dell’avvenire non sarà più povera della nostra, ma all’opposto infinitamente più ricca. E la forma dell’arte dell’avvenire, anch’essa non sarà inferiore alla forma presente dell’arte, ma le sarà incomparabilmente superiore, e ciò non nel senso d’una tecnica raffinata e artificiosa, ma nel senso d’una espressione breve, semplice, chiara, libera di ogni sopraccarico inutile.
Mi ricordo che una volta, dopo d’aver inteso da un astronomo eminente una conferenza pubblica intorno all’analisi spettrale delle stelle della via lattea, domandai a quell’astronomo se non avrebbe acconsentito a tenerci semplicemente una conferenza sul movimento della terra, attesochè tra i suoi uditori c’era senza dubbio un bel numero di persone che non sapevano con precisione che cosa producesse il giorno e la notte, l’estate e l’inverno. E l’astronomo mi rispose sorridendo: “Sì, sarebbe un bell’argomento, ma troppo difficile. Mi riesce infinitamente più facile parlare dell’analisi spettrale della via lattea„.
Avviene lo stesso dell’arte. Scrivere un poema sopra un soggetto dei tempi di Cleopatra, dipingere Nerone che appicca il fuoco a Roma, comporre una sinfonia nella maniera di Brahms e di Riccardo Strauss, o un’opera come quelle di Wagner, è infinitamente più facile che raccontare una semplice storia senza nulla d’eccezionale, beninteso raccontandola in modo che trasmetta il sentimento di chi la racconta, o anche disegnare col lapis un’imagine che commuova o che rallegri chi la vede, o scrivere quattro battute d’una melodia senza accompagnamento, ma tale da tradurre un certo stato dell’anima.
— Ma colla nostra civiltà, ci riesce impossibile ritornare alle forme primitive! — diranno gli artisti. Ci è impossibile di scrivere oggi dei racconti come la storia di Giuseppe, o come l’Odissea, di comporre della musica come quella delle canzoni popolari!
Ciò è realmente impossibile agli artisti del nostro tempo; ma non lo sarà all’artista dell’avvenire, che non avrà più la testa ingombra d’un arsenale di formule tecniche, e che non essendo più un professionista dell’arte, non essendo più pagato per i suoi prodotti, non produrrà dell’arte se non quando ci si sentirà trascinato da un irresistibile bisogno interiore.
Pertanto la differenza sarà completa, sotto il rispetto sì della forma che della sostanza, tra l’arte dell’avvenire, e ciò che oggigiorno riteniamo per arte. Il fondo dell’arte dell’avvenire sarà costituito da sentimenti incoraggianti gli uomini a unirsi, o tali da unirli effettivamente; la forma di siffatta arte sarà tale da poter essere accessibile alla massa degli uomini. Perciò l’ideale della perfezione, nel futuro, non sarà più il grado di particolarità dei sentimenti, ma al contrario il loro grado di generalità. L’artista non cercherà più come ora, d’essere oscuro, complicato ed enfatico, ma al contrario di essere breve, chiaro, e semplice. E solo quando l’arte avrà assunto questo carattere, essa non servirà più unicamente a distrarre e a divertire una classe d’oziosi, come fa ora, ma comincierà a compiere il suo vero ufficio, vale a dire a trasportare un concetto religioso dal dominio della ragione nel dominio del sentimento, a guidare così gli uomini verso la felicità, verso la vita, verso quell’unione e quella perfezione che loro raccomanda la loro coscienza religiosa.