Chè non vieni, Aglauro bella
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ABBATE C. I. FRUGONI.
Invitando Aglauro a venire a Venezia, ne descrive il viaggio.
Chè non vieni, Aglauro bella,
Valorosa Pastorella
3All’Adriaca Città,
Chè del Mare nata in seno
Di sè posto ha l’aureo freno
6Nelle man di Libertà?
Piano è il calle, agevol, breve:
Sù via giungi al carro lieve
9Quattro fervidi destrier.
Chè più tardi? Ecco gli Amori
Gire innanzi, e di bei fiori
12Seminarti ogni sentier.
L’almo suolo, ove or tu sei,
Omai lascia, che gli Dei
15Degnar troppo a tanto ben.
Nè ritenga il tuo bel piede
La Città, che in riva siede
18Del famoso picciol Ren.
Sebben chiara eccelsa madre
Sia d’ingegni, e di leggiadre
21Alme accese di valor:
Sebben pronta in vari modi
A vestir l’alte tue lodi
24Di poetico valor:
Dritto vanne ver l’antica
Tanto a Febo ancor amica
27Gran Città, che bagna il Pò:
Dove al suon d’amori e d’armi
Divin Cigno co’ suoi carmi
30L’aure e l’acque innamorò.
Ivi sol ti posa tanto,
Ch’ei ti vegga d’un bel pianto
33Il suo cenere onorar:
E l’avello, onde ancor mille
Movon delfiche faville,
36D’un gentil verso segnar.
Ma non tinger di bell’ira
Il sembiante, su cui spira
39Vezzo e grazia anco il furor.
Di Torquato il nobil tetto
Pur là sorge, nè disdetto
42Per me vienti il fargli onor.
Quelle mura fortunate,
Se fian sol da te baciate
45Che bramar potran di più?
Delle cose, che hanno vita,
E d’Amor senton ferita,
48A tal ben qual scelta fu?
Pur gl’indugi rompi e togli,
Nè soverchio a star t’invogli
51Il piacer che inganna il dì.
L’uno e l’altro Cigno altero
Ferrea legge di severo
54Sordo Fato a noi rapì.
Già ti chiama su le chete
Placid’onde agile abete,
57Ove Amor nocchier sarà;
E saranvi le tre belle
Grazie seco, e in un con elle
60Allegrìa, che con lor sta.
Vedrai piani, vedrai sparte
Ville, e case a parte a parte
63Lungo il margine apparir:
E del calle ogn’aspro affanno
Per temprarti elle sapranno
66Il lor nome a te ridir.
E sapranti ancora elette
D’Amor vaghe canzonette
69Su la cetra accompagnar:
E i bei versi, onde Savona
Tanto grido ha in Elicona,
72Ed i tuoi forse cantar.
Ma nel Pò non tener fiso
Deh soverchio il vago viso,
75Onde tanti Amor ferì:
Splendon troppo i tuoi bei lumi:
Arser anco i freddi Fiumi
78Per minor bellezza un dì.
Ben è ver, che l’unto pino
Tosto il Veneto marino
81Pigro stagno solcherà:
Ed oh quale il Mar farassi,
Sù lui quando alto vedrassi
84Sfavillare tua beltà!
Le Nereidi in quel giorno
Al bel Legno liete intorno
87Sorgeranno a carolar:
E a suonar le torte conche
I Tritoni, e le spelonche
90Del mar tutte rallegrar.
Piagge, e lidi, ed acque e venti
Tanto allor lieti e ridenti
93Si mostraro, e forse più,
Quando l’alma Dea di Gnido
Fender l’onde, e al caro lido
96Approdar veduta fu.
Onestà non era seco,
Qual vedrassi venir teco
99Di candor cosparsa il vel:
E dirà: Quest’Alma bella
Tra noi scese dalla Stella,
102Che più pura splende in Ciel.
Ben a Teti fia, che incresca
Il confronto, e che non esca
105Del stuo lucid’antro fuor:
Sebben quando esce dal Mare
Tra suoi Numi assisa appare
108Su gemmata conca d’or.
Ma dell’una e l’altra nera
Tua pupilla messaggiera
111Qualche Ninfa a lei n’andrà:
Molto a lei dell’agil fianco,
Del crin bruno, e del sen bianco,
114Ma non tutto dir saprà.
In fin quella veder dei
Gran Città, che gli alti Dei
117Sopra l’acque collocar:
E in lei cento eccelse moli
Di Teatri al Mondo soli,
120E di Templi torreggiar.
Qual più brami in Mare, e in Terra
Al tuo sguardo si diserra
123Doppio comodo sentier:
Ma tu tienti, a quel, che snella
Fender vedi Navicella
126Di sagace Gondolier.
Fra lietissimi pensieri,
Sopra i morbidi origlieri
129Posa il fianco, e in giro va:
E Palagi vedrai starsi
Sopra l’onde, e quelle farsi
132Terso specchio a lor beltà.
Che fia poi qualor velato
Vedrai d’ostro il gran Senato
135L’ampia Sala riempir:
E la prisca di Quirino
Gloria in esso, e il bel Latino
138Chiaro Genio rifiorir?
Ma già lieta ecco s’appresta
A condur qui gioia, e festa
141La stagione del Piacer.
Giovinetta, che di rose
Flagel siringe, e le noiose
144Cure fuga, e i rei pensier.
Mascheretta a lei non manca,
Ch’arte industre in sottil bianca
147Cera involse, e figurò:
Pronte ha quante adorne e belle
Di vestir fogge novelle
150Francia altera a noi mandò.
Calzan già gli aurei coturni
Lieti Drammi nè notturni
153Ozi usati a risuonar:
Già gli amanti, come vuole
Liberta, che seco ir suole,
156Riconsigliansi d’amar.
Deh quai candidi ed onesti
Piacer preganti, che a questi
159Dolci lidi volga il piè!
Bei contenti, e bei diporti
Della vita son conforti:
162Senza lor bella non è.
Vieni, Aglauro, e qui disvela
Que’ due lumi, ove si cela
165Amor quale in Ciel si sta.
Vieni, e godi: fuggon l’ore,
E nemica empia d’Amore
168Ratto vien la curva età.