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XXXIII

Ah ch’io deliro! Tu non hai pupilla,
     L’onda non è tranquilla, e lungi è il lido.
     Aglauro i’ grido; non tardar il mio Sole,
     Sul Tebro splender suole amica Stella.
     Aglauro bella, io mi disfaccio in pianto:
     Se indugi tanto, io moro in quest’orrore.
Così la Stella fugherà l’orrore,
     E la pupilla darà fine al pianto,
     E godrò il Sol più lieto in questo lido.


ABBATE C. I. FRUGONI.


Invitando Aglauro a venire a Venezia, ne descrive il viaggio.


Chè non vieni, Aglauro bella,
     Valorosa Pastorella
     3All’Adriaca Città,
Chè del Mare nata in seno
     Di sè posto ha l’aureo freno
     6Nelle man di Libertà?
Piano è il calle, agevol, breve:
     Sù via giungi al carro lieve
     9Quattro fervidi destrier.
Chè più tardi? Ecco gli Amori
     Gire innanzi, e di bei fiori
     12Seminarti ogni sentier.
L’almo suolo, ove or tu sei,
     Omai lascia, che gli Dei
     15Degnar troppo a tanto ben.
Nè ritenga il tuo bel piede
     La Città, che in riva siede
     18Del famoso picciol Ren.
Sebben chiara eccelsa madre
     Sia d’ingegni, e di leggiadre
     21Alme accese di valor: