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158 ANNA MORANDI


inspirare il vago volto di lei, la vollero ornata di qualche altra bella virtù. Elessero essi lo studio del disegno, come quello che indispensabilmente induce a tanti altri, qualora non vogliasi materialmente adoperare la matita; e pel quale avendo la giovine Anna ogni migliore disposizione, riesci ben presto in tal guisa valente da farsi padrona del modellare di scoltura.

Giovanni Manzolini la bramò e l’ottenne in isposa: distinguevasi questi assai nel ritrarre in cera le parti anatomiche e patologiche dei corpi animali; arte allora allora comparsa, e festeggiata dagli applausi che si tributano alle utili scoperte artistiche. Era quest’uomo di carattere melanconico: spesso malcontento di sè; ognora dei compagni d’arte, che sospettava invidiosi, e di malafede; talchè, quantunque si foss’egli posto nell’impegno di la vorare in unione del rinomatissimo Ercole Lelli, nelle grandiose preparazioni in cera, che per ordine del Pontefice Benedetto XIV dovevano adornare l’Istituto di Bologna, pure ad onta di ciò il Manzolini, dopo alcun tempo sembrandogli che il suo merito non abbastanza si distinguesse, volle dividersi dal compagno, prendendo a compiere la sua parte in propria casa.

Marito di tempra sì strana, avrebbe sfiduciata la donna che ristretta la mente nelle domestiche mire, crede di non poter opporre alla sua immensa sventura che la rassegnazione. Non cosi Anna: essa amava suo marito, e compativa la stravaganza di quel debole spirito; eranle cari oltre ogni dire i figli avuti da lui; voleva di quest’uomo sostenere l’onore. Ecco dunque che attenta si pose ad in vigilare s’egli al lavoro suo attendesse; e pur troppo si avvide che disanimato, e quasi dimentico del preso impegao, perdeva i giorni in vani lamenti. Si decise allora di