Canti della guerra latina/Preghiere dell'avvento/Per i morti del mare
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I
PER I MORTI DEL MARE
[XI DECEMBRE MCMXV]
Mare di Dio, che sceveri le sorti
dei combattenti nella sacra guerra,
io ti prego: non rendere i tuoi morti,
Mare, alla terra;
5non rendere i cadaveri che il sale
macera, né l’ossame che tra flutto
e flutto imbianca, al lido, o Sepolcrale,
e al nostro lutto;
ma sì, nel gorgo acerbo come il pianto
10fùnebre, tieni le profonde some
perché noi più t’amiamo e a noi più santo
duri il tuo nome;
ma sì tieni le spoglie nell’intorto
abisso pari al nostro amor rapace,
15perché non sia rifugio in te né porto
in te né pace
in te né tregua né salute a noi
alcuna se la servitù non cessi
e in te Roma non chiami i glauchi eroi
20al Resurressi.
Miseri eroi, non caddero sul ponte
della nave, gioiosi di battaglia,
in un sangue perenne come fonte
che non s’accaglia;
25non udirono, sotto la bufera
del fuoco, nel rossore che non stagna,
stridere contro l’asta la bandiera
quasi grifagna,
non lassù, dalla ferrea rembata
30che folgora, la scorsero con gli arsi
cigli come Vittoria catenata
lassù squassarsi;
né s’accosciaron presso i tubi, quando
nel capo chiuso dentro la sonora
35cuffia d’un tratto rombano comando
e morte, a prora;
né, travaglio dell’orrido beccaio
che pesta e insacca, furon carne trita
da rempiere la gola del mortaio
40ammutolita;
né, dato in brocca il fulmine coperto
contro il nemico enorme, solitaria
vider l’elice folle in cima all’erto
scafo nell’aria
45e irsuta l’onda, delle mille braccia
invan tese da un sol terrore urlante,
prima d’inabissarsi senza traccia
presso il gigante.
Ma l’insidia li colse, ma l’agguato
50li pigliò, nell’immensa albàsia eguale:
ruppe il fianco, la piaga nel costato
aprì, mortale;
di sùbito colcò pel sonno eterno
la bella nave, dandole carena
55come a racconcio, sotto il lungo scherno
della sirena;
e l’acciaio temprato a gran martello
fu cosa ignuda come vil tritume,
sopra l’acque di Dio men che fuscello,
60men che le spume.
Or repente un miracolo divino
percote l’acque. Il sol rompe la nube?
fa d’ogni flutto un branco leonino
di rosse giube?
65Chi squarcia la foschìa dell’imminente
morte? Si leva un giorno di beata
porpora? Esulta tutto l’oriente,
e un’ora è nata?
Né fulvo branco di leoni balza,
70né s’inarca fulgore di sovrana
porpora. Sola su la morte s’alza
l’anima umana.
Sola alla morte l’anima sovrasta
congiunta ancóra al carcere dell’ossa
75come fuoco si radica in catasta
a prender possa.
Uomini vivi, saldi sul tallone,
non in coperta ma lungh’esso il bordo
dileguante con l’ultimo cannone
80nel succhio sordo,
diritti come se facesser ala
ad ammiraglio in nave pavesata,
diritti come sotto la gran gala
schiera ordinata,
85gittano al cielo un grido così forte
che ferisce le cime dell’ardore,
e sforzano a sorridere la Morte
che mai non muore.
O Vittoria, alta vergine severa,
90or quando vinci se non vinci in questa
fine? Dove più sfolgori, o guerriera?
in quale gesta?
E qual madre, qual dolce madre o suora,
che tu le renda le profonde salme
95osa pregarti, o Mare dell’aurora,
giunte le palme?
Chi lungo i lidi tuoi, Mare dei prodi,
erra con entro il cor l’esangue vólto,
sperando che nel cor l’ombra gli approdi
100dell’insepolto?
Mare di Dio, le vittime che celi
tu non rendi, né odi le querele
dei sùpplici; ma duri ai tuoi fedeli
tomba fedele,
105ma conservi le spoglie nell’intorto
abisso pari al nostro amor rapace,
perché non sia rifugio in te né porto
in te né pace
in te né tregua né salute a noi
110alcuna se la servitù non cessi
e in te Roma non chiami i glauchi eroi
al Resurressi.