Canti (1831)/Nelle nozze della sorella Paolina

IV. Nelle nozze della sorella Paolina

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IV. Nelle nozze della sorella Paolina
Ad Angelo Mai A un vincitore nel pallone

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Poi che del patrio nido
I silenzi lasciando, e le beate
Larve e l’antico error, celeste dono,
Ch’abbella a gli occhi tuoi quest’ermo lido,
5Te ne la polve de la vita e ’l suono
Tragge il destin; l’obbrobriosa etate
Che ’l duro cielo a noi prescrisse impara,
Sorella mia, che in gravi
E luttuosi tempi
10L’infelice famiglia a l’infelice
Italia accrescerai. Di forti esempi
Al tuo sangue provvedi. Aure soavi
L’empio fato interdice
A l’umana virtude,
15Nè pura in gracil petto alma si chiude.

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     O miseri o codardi
Figliuoli avrai. Miseri eleggi. Immenso
Tra fortuna e valor dissidio pose
Il corrotto costume. Ahi troppo tardi,
20E ne la sera de l’umane cose,
Acquista oggi chi nasce il moto e ’l senso.
Al ciel ne caglia: a te nel petto sieda
Questa sovr’ogni cura,
Che di fortuna amici
25Non crescano i tuoi figli, e non di vile
Timor gioco o di speme: onde felici
Sarete detti ne l’età futura:
Poichè (nefando stile,
Di schiatta ignava e finta)
30Virtù viva spregiam, lodiamo estinta.

     Donne, da voi non poco
La patria aspetta, e non in danno e scorno
De l’umana progenie al dolce raggio
De le pupille vostre il ferro e ’l foco
35Domar fu dato. A senno vostro il saggio
E ’l forte adopra e pensa; e quanto il giorno
Col divo carro accerchia, a voi s’inchina.
Ragion di nostra etate
Io chieggo a voi. La santa

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40Fiamma di gioventù dunque si spegne
Per vostra mano? attenuata e franta
Da voi nostra natura? e le assonnate
Menti, e le voglie indegne,
E di nervi e di polpe
45Scemo il valor natio son vostre colpe?

     A gli atti egregi è sprone
Amor, chi ben l’estima, e d’alto affetto
Maestra è la beltà. D’amor digiuna
Siede l’alma di quello a cui nel petto
50Non brilla, amando, il cor quando a tenzone
Scendono i venti, e quando nembi aduna
L’olimpo, e fiede le montagne il rombo
De la procella. O spose,
O verginette, a voi
55Chi de’ perigli è schivo, e quei che indegno
È de la patria e che sue brame e suoi
Volgari affetti in basso loco pose,
Odio mova e disdegno;
Se nel femmineo core
60D’uomini ardea non di fanciulle amore.

     Madri d’imbelle prole
V’incresca esser nomate. I danni e ’l pianto

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De la virtude a tollerar s’avvezzi
La stirpe vostra, e quel che pregia e cole
65Il vergognoso tempo, abborra e sprezzi;
Cresca a la patria, e gli alti gesti, e quanto
A gli avi suoi deggia la terra impari.
Qual de’ vetusti eroi
Tra le memorie e ’l grido
70Crescean di Sparta i figli al greco nome;
Fin che la sposa giovanetta il fido
Brando cingeva al caro lato, e poi
Spandea le negre chiome
Sul corpo esangue e nudo
75Quando e’ reddia nel conservato scudo.

     Virginia, a te la molle
Gota molcea con le celesti dita
Beltade onnipossente, e de gli alteri
Disdegni tuoi si sconsolava il folle
80Signor di Roma. Eri pur vaga, ed eri
Ne la stagion ch’a i dolci sogni invita,
Quando il rozzo paterno acciar ti ruppe
Il bianchissimo petto,
E a l’Erebo scendesti
85Volonterosa. A me disfiori e scioglia
Vecchiezza i membri, o padre; a me s’appresti,

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Dicea, la tomba anzi che l’empio letto
Del tiranno m’accoglia.
E se pur vita e lena
90Roma avrà dal mio sangue, e tu mi svena.

     O generosa, ancora
Che più bello a’ tuoi dì splendesse il sole
Ch’oggi non fa, pur consolata e paga
È quella tomba cui di pianto onora
95L’alma terra nativa. Ecco a la vaga
Tua spoglia intorno la romulea prole
Di nova ira sfavilla. Ecco di polve
Lorda il tiranno i crini,
E libertade avvampa
100Gli obbliviosi petti, e ne la doma
Terra il marte latino arduo s’accampa
Dal buio polo a i torridi confini.
Così l’eterna Roma
In duri ozi sepolta
105Femineo fato avviva un’altra volta.