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50 | canto iv. |
De la virtude a tollerar s’avvezzi
La stirpe vostra, e quel che pregia e cole
65Il vergognoso tempo, abborra e sprezzi;
Cresca a la patria, e gli alti gesti, e quanto
A gli avi suoi deggia la terra impari.
Qual de’ vetusti eroi
Tra le memorie e ’l grido
70Crescean di Sparta i figli al greco nome;
Fin che la sposa giovanetta il fido
Brando cingeva al caro lato, e poi
Spandea le negre chiome
Sul corpo esangue e nudo
75Quando e’ reddia nel conservato scudo.
Virginia, a te la molle
Gota molcea con le celesti dita
Beltade onnipossente, e de gli alteri
Disdegni tuoi si sconsolava il folle
80Signor di Roma. Eri pur vaga, ed eri
Ne la stagion ch’a i dolci sogni invita,
Quando il rozzo paterno acciar ti ruppe
Il bianchissimo petto,
E a l’Erebo scendesti
85Volonterosa. A me disfiori e scioglia
Vecchiezza i membri, o padre; a me s’appresti,