Breve dissertazione contra gli errori de moderni increduli/Parte Seconda/Capitolo 4

Capitolo 4

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CAP. IV.

Si prova l’Immortalità dell’Anima.


L
A prima prova della Immortalità dell’Anima è il consentimento comune in ciò di tutti gli Uomini. Il comun consenso, scrisse Cicerone (lib. i. qu. Tusc.) è come una [p. 90 modifica]legge della Natura; Onde poi disse che il più grande argomento a provare l’Immortalità dell’Anima era il sentimento che di ciò hanno avuto sempre, ed universalmente tutte le Genti: Omni autem in re consensio omnium Gentium lex Naturae putanda est. Atque haec ita sentimus, Natura duce, nulla ratione, nullaque doctrina, maximum vero argumentum est, Naturam ipsam de immortalitate animorum tacitam judicare. E prima già l’avea detto Platone (in Mem.) Quicumque Poëtarum divini sunt homines, tradunt Animam esse Immortalem.

Per secondo si prova questa Immortalità, dal vedere che ciascun Uomo ha desiderio di eternarsi nella memoria de’ Posteri o colla penna, o colle azioni gloriose. Essendo dunque comune questo sentimento agli Uomini, è segno (come abbiam veduto di sopra) ch’è della Natura; e se è della Natura, egli deve tenersi per veridico, perchè la Natura non opera in vano, ne ingerisce sentimenti falsi. [p. 91 modifica]Per terzo ovata’gìà i’cfif’rcnza di un Dio perfettiflimo, d’infinita Bontà, e d’infinita Giufiìzia come provam. mo nella Pane Primd al €0.111.), .fe n’infcvifce chiaramente ’cbe l’Animc fono Immonaii. Noi vediamo in quefio Mondo tanti Giufii umiliati e tribulati, ed aH’incomro tanti Iniqui efaltati; dunque {e Dio è giufio, vi ha da efiere un’altra vita,. nella quale abbiano ad efiere premiati i Giufli, e cafli’gati gl’Iniqai . Dimanda Geremia al’Signore (Cap. IZ" v. 1.): «fuflm’quidem tu e: Domùze,.quan m’a impiorum profpcratur Evifponde, che Dio toilm’a .quefì’ empirici]: prefenre vita,. ma conforme i capretti-poni nella rete fi’. rifir-bano al macello, così Ein rifèrba- gli fceilemì ai cafiigoeterno metratura. vita, comevistime della fu‘a infinita Giuflizia . B zciò non è foia. Rime dogma dellaRel/igion-Crifiiana, ma femimenuo comune anche degl’antichi Gentili . Cosl- de’ Greci venne Omero, Efioda, Pinagom,-Zcrwne, [p. 92 modifica]e Platone con Mofeo, ed Orfeo: e de’ Latini Virgilio, Orazio, Properzio, Seneca, e Cicerone, il quale (nelle Quest. Tuscul. ) riferisce che Socrate avendo in mano il vaso del veleno, di cui fu condannato a morire, disse: Qui‘jè bumanùmitii: tomaminaflèm, In" deviumquoddam in» efl’e ficlufitm a‘Canci’Iiis Dammi; flùi’etìam fungicicafipfque fervajfenr, ln’s ad filo: redifum. fucilèipatere .. N‘è Vale il dire, che. il piacete che posta fisco-’12. flefîa .virtù’, e. la pena che. parta-il vizio,..fon0 il premio. de’Bùoni,.e,’l eafiigo de’ Malvaggi,-. poichè il Pqu mio e -’l cafiigo riguardanorla Gialli: flia .di Dio,, che domanda. leuviuù,.e proibifce’ i: vizj;.4onde’ la m’erce’de,» e, la ipe-na‘fono ellcixifeche alla v-irnùx, ed al ‘vizio;, e ’perciò-, non; da noilflefiì, ma dal medefimo- DÎO’dCbeDO’fl noiè difpenfarfi .r Oltrechè ancora n’e’BnonÌ; le pena. di quella v— ita»,.come’fono il: nimor .della colpa,» l’incertezza delll crema falyte,«_le. avverfità., che [p. 93 modifica]giornalmente affliggono, fon tante che di gran lunga fuperano i piaceri che reca la virtù; rond’efii, fe non vi foffe ila vita eterna, refiarebbero fenza ricompenfa . Nè all’incontro a’Cattivi farebbe fufficience cafligo il rimorfo che provano de’lorO-peccati; Tanto più che ne’Cattivi, quanto più {i avvanzano le iniquità, itanto manca il rimorl‘o; . Dunque, fe non vi folle la pena riferbatanloro nell’altra vita,quei che più peccanofarebbeio imeno cafiigati.

Per quarto, fon certe apprefi’o tutti i Filofofi quelle due Maflìme: la prima‘, che"l defiderio della propria è piena felicità è in‘fito in tutti gli Uomini dalla fiefl’a Natura -: la fecon-v da {che la Natura m’ln’l agi: fra/1m . Pollo - ciò, fe‘l’Uomo non pate-[Te giungere a confeguinîla {un piena felicità, la Natura in vano glie ne avrebbedato iil .defiderio . Noi vediamo all’imcontro che niuno in quella Terra, può‘ efi’er pienamente felice. Dunque, fe. .non vogliamo accufarJa Natura d’ [p. 94 modifica]ingìufiizia e d’inganno,dobbiamo Creta dcrc efi’ervi Certamente un’alt-m vita, c quefia .etcma( altrimenti la felicità non farebbe compita, anzi farebbe ella fiefTa tormentofa,col penfiero c’hc ha da finire), dove 17U0m0 ottenga 11 (nouch mo fine di quefia perfetta beatitudine.

Per quinto la ragione fofianziau le, che l’Anima fin Immortale, è perché cfl’endo clìar fpinimaîe, e fenza mawrìa’, non ha. parti capaci di divifione e corruzione, c perciò è Immortale: Cìm’fimplex ( vieni“: Cicerone de ‘Senefi. tap. ZI. ) îanimi numm eflèt-, mqm balzare: in fe quam admixtum, non pofl’e eam dividi .’ quòd fi ‘non poflit. ‘, mm. .ìntfiîife . Eiîcn-do dunque lÎAmìma (pinituakepu [un natura, dev’clîcrc anche mail farinmente immorxal‘e, perchè nonha principio di corruzione che la dxfirrugn ga . Non fi nega che D10 colla fua OnnipotenZa ben patrebbc dliìruggcrla, ed annîchilarh; ma allora opera rebbe da Sovrano, non già come [p. 95 modifica]Autore della Natura, mentre come Autore Egli non lascia di conservare ciò che di sua natura è immortale.

Ma sovra tutto a noi Cristianì basta la Fede, la quale c’insegna a credere che l'Anima è Immortale . Così c‘insegnano le Divine Scritture: Ne' Maccabei ( lib. 2.c. 12. v. 46. ) abbiamo che Giuda Maccabeo fece offerir sacrificj per le Anime de’ Defunti in un conflitto. In S. Matteo (10.28.) si dice: Nolite timere eos qui occidunt corpus, animam autem uccidere non possunt; sed timete eum qui potestatem habet mittendi animam in Gehennam ignis. E nello Hallo S. Matteol( al up. 18. ) abbiamo che ful Monte Tabor-re apparve Mosè ed Elia a vifia di. Pietro, Giacomo, e Giovanni- .

Così’ ancora infegnano i Concili, come il Sinodo VI. A51. a8. e ’l Si... nodo VII. A67. LE pìù’fpecificamen. te il Concilio Lateranenfe fotto Leone X. dove {i dille: Damnamus omnes afl’erente:, y43536434 imdlefliwm [p. 96 modifica]mortalem eflè, (9‘ ba: in dubium 0mm“; tùm r'lla, non folùm per [e, ('9' efl'm- ' tialiter exifmt, verùm C'Wej'r Immartalix.

Nè ofia' il Teflo dell: Ecclefiaflze ( 0117.3. 'v. 19.) dove fi dice: Idtirco mm: interim: eft bominis, @‘jummtorum , 0’ equa utriufque canditio . Dunque potrà' dire. alcuno:.Ecco che la fiefl'a condizione ch’è- delle .befiic, è ìnchc dell’Uomo 5 le le befiìe fono mortali, anche l" Uomo è morta-le . Ma} avertafi, che il Savio apprefib {piega , come intende efl’cr la .fiell’a la condizione delle befiie, che de’ll’Uomo: Sicut moritur boma, fi: (9’ illa mariantu’r . Vuol dunque ìn cìò folamente dire, che cònforlnc muoiono le bel‘tie, così anche muore l’Uomo; marnon dice, .che muore l’Anima dell’Uomo;

Più difficile fembra il Tefio feguente al verfo 2.1. .dove Salamone fcrifi’e co. sì: ‘qu’s novit, fpiritus filiorum Adam afiendat furfum? (’9’ fi fpirìtm’jumentarum defiendat dcorfum? cioè a corg romperfi nella terra? Quellq passo [p. 97 modifica]altri Interpetri lo spiegano, ponendo queste parole in bocca agli empj. Altri, come Calmet, dicono che quì il Savio muove il dubbio, se l’Anima dell’Uomo sia immortale, o mortale come quella delle bestie, e poi lo risolve al cap. 12. Sia come si voglia, è certo che Salamone dichiara nel detto cap. 12 vers. 7. che nella morte il corpo dell’Uomo ritorna ad esser terra, ma lo spirito ritorna a Dio che l’ha creato: Et revertatur pulvis in terram suam, & spiritus redeat ad Deum qui dedit illum; col che spiega chiaramente, che lo spirito non muore.

Oppongono a ciò gl’Increduli, che le bestie anche hanno la cognizione di più cose particolari, e specialmente la memoria de’ benefizj, e de’ maltrattamenti dagli altri ricevuti; onde si vede che abbiano un principio immateriale: e pure le bestie son mortali. A questo da alcuni si risponde, ch’elleno son pure machine materiali senza spirito. Da altri, che son composte di sostanza sanguigna ripiena di [p. 98 modifica]spiriti, ma che quelli. fpiriti Rm materiali.., Da altri (5c gaeflo’fovfe oggidl .è il smania. iìtabbra’ccia’io )‘, che gu’an-‘ù ti:on le effie abbiano un principio immateriale,, benchè molto imperfqta mi ulladimcnoî in tanto, l’on momli; in quanto. IMO l’ha Acxzcate in [eia vigio- chil‘ Uomo,, c fan-la ufo di [30. glorie-; 3c perciò) non,eflcndo elle caw paci di premio o. di m, àl-lorchù compifcom,ilr 1m u cio, Dio laici: di coda-mule, c così. refiano manichilata. Aill” incomml’Usato, amandocream per rla Gloria dÎun Dio eterno, ed ellendo da. Lui domo di ragione, c- per configuri“. dggno di merim a v demerito, che non Nedth rimane.-rato , o cafiigm a. hafianza: imqunfit vita: nomfolo per l’.aum’ricà...delle fa. cm Scritture, ma anéhc: per una.- l’a-.nz filofofi’a - ’l’o. .dob‘biamncnedcre imp montale . 0h; la. gran. fapìcnza de’fpin’th Fom’, ch’offendo immortali, van gliqn. farli mortali,,fimili alla befiic, er’Vi)!an da befiic: lenza: legge, ci enu ragione! [p. 99 modifica]CAP. V.

Dell'Eternità del Premio, e della Pena della vita futura.

A ragione questa Terra fi chiami A Valle di lagrime, mentreciafcun Domò‘ vi. fin poflo a patire: Hnmo una! ( dific Giobbe. 1.4. .x.) brevi m’un: templare, rapletur multi: miferiù. ’E’ vero che. i Malvaggifoao i pìù‘ìn. felici fu qucfia Tura, poichè 011ml:};ch eficrne della vita umana gv hanno}1E. tomate imch delta ’cofcìcnza; ed’efiendo..privì. della Divina Grazia,{un pr’wì ancora d’ogni interno {ola lino ‘. Dove all’incontro i Buoni, quantunque nell’efiemo fieno afflitti, nulladimeno ncll‘ interno- fon vconfòlaaidalla Grazia Divina che godono "a M: non per, tanto ben fon tribulatì da tante. pafioni e timori, che le pe. ne molto avvanzano la Pace che go. dono . E dall’altra parte 1 Viziofi 13’011 fono Ain quefia vita puniti come